Scontro in consiglio sulle consulte di quartiere: la Lega non molla sugli stranieri

Al centro della discussione l'estensione del voto ai cittadini non italiani ma residenti. Un percorso durato due anni con lo scopo di riavvicinare i cittadini «nella crescita e nello sviluppo partecipativo della città»

La discussione sul regolamento delle consulte di quartiere doveva essere una semplice ratifica del lavoro della capigruppo e della commissione affari istituzionali. Un percorso durato due anni con lo scopo di riavvicinare i cittadini «nella crescita e nello sviluppo partecipativo della città» e funzionare da «cinghia di trasmissione tra i cittadini e l’amministrazione comunale centrale» come ha spiegato nella relazione introduttiva il sindaco Alessandro Canelli.

Doveva essere «una fase nella quale si delineano nuovi principi e valori per l’esercizio delle funzioni democratiche nella nostra comunità», invece durante il consiglio comunale di questa mattina, 20 febbraio, si è scatenata la bagarre sull’estensione dell’elettorato attivo e passivo ai cittadini stranieri residenti a Novara. Durante le fasi di studio, nessuno si era, infatti, accorto che nella versione originale del regolamento si faceva riferimento soltanto alla popolazione residente, fino a quando nell’inaugurazione del circolo di Sinistra Italiana, svoltasi sabato scorso, è stato sollevato il tema dei cittadini stranieri.

Una questione che ha generato le attenzioni della Lega che, evidentemente non accortasi del fatto che tra i residenti rientrano anche i cittadini stranieri, ha presentato in aula due emendamenti al regolamento per specificare che «l’assemblea è formata dai residenti, cittadini italiani o di uno stato membro dell’UE che abbiano compiuto i 16 anni» e che «il portavoce viene eletto tra i cittadini residenti iscritti nelle liste elettorali del comune». Una specifica che, nei fatti, restringe il campo alla partecipazione dei residenti stranieri, compresi nella formulazione originale dal momento che era richiesto solo il requisito della residenza per partecipare alle consulte.

Una richiesta che ha generato una sospensione durata più di un’ora per riunire i capigruppo e tentare la mediazione. La proposta delle minoranze riguardante l’elettorato attivo, ovvero la possibilità di votare i portavoce delle consulte, inizialmente prevedeva l’introduzione dei requisiti richiesti per l’accesso agli alloggi popolari (5 anni di residenza). Successivamente, è stata avanzata l’ipotesi di estendere il requisito a 10 anni, in linea con il periodo necessario per richiedere la cittadinanza italiana. Tuttavia, entrambe le proposte sono state respinte dai capigruppo di maggioranza. A quel punto, tornati in aula, si è scatenata la bagarre con le minoranze sugli scudi. Il primo intervento è stato quello di Nicola Fonzo (Pd): «Rischiamo di perdere il senso di quanto fatto negli ultimi due anni. Qual è la pietra dello scandalo? Che sono stranieri? Quella che voi proponete è una chiara e netta discriminazione per chi vive a Novara, paga le tasse ed è cittadino a tutti gli effetti».

A seguirlo è stato Piergiacomo Baroni che si dice «dispiaciuto perché dopo due anni di lavoro sul regolamento, avremmo dovuto decidere che chi risiede in una quartiere deve poter dire la sua indipendentemente dalle proprie origini. In dieci minuti si è deciso, per ragioni politiche, che la voce di queste persone non contano». Anche Milù Allegra ha definito quella accaduta oggi «una brutta pagina e mi spiace perché il lavoro dei capigruppo era un lavoro che andava verso un processo di integrazione vera. L’immigrazione è un processo storico che non si arresta ma che si governa e questo si può fare coinvolgendo le persone e dando loro la possibilità di poter decidere e dire la propria».

Mario Iacopino ha dichiarato in aula che «minare il diritto di voto per i comitati non è bello, perché questo strumento doveva essere partecipativo. La diversità è una ricchezza se sfruttata nella maniera giusta e non tramite un percorso rigido come quello che voi proponete oggi». A scaldarsi, invece, è stato Rossano Pirovano che subito prima di scontrarsi con il sindaco Canelli ha dichiarato «vi invito a riflettere tutti e l’invito che faccio è quello di continuare nel rapporto di collaborazione su un tema delicato come questo. Non facciamo l’errore di dividerci su un tema importante per i cittadini. Non c’entra nulla con il voto, sono rappresentanze quasi simboliche, diamogli possibilità di decidere chi può rappresentarli».    

A tentare di ricucire i rapporti è l’intervento del sindaco che ha provato a spiegare «il grande equivoco che c’è stato durante le riunioni è quello di considerare che quando si faceva riferimento ai residenti si intendeva che potessero votare solo i residenti di quel quartiere e non di altri quartieri, ma che l’elettorato attivo e passivo seguisse le regole della Repubblica Italiana secondo l’articolo 48 della Costituzione lo davamo per scontato».

Una posizione che non è piaciuta alle minoranze, che hanno abbandonato l’aula prima della votazione del regolamento, ma anche al gruppo misto – Francesca Ricca e Maurizio Nieli – e ad alcuni componenti della lista civica Forza Novara – Tiziana Napoli e Gian Maria Prestinicola – che non hanno partecipato alla votazione sull’emendamento, neanche quando richiamati in aula dal capogruppo Andrea Crivelli. Anche Camillo Esempio (Fdi) ha espresso la sua perplessità: «Io sono nato politicamente con i quartieri, ma oggi sono in imbarazzo per questa votazione, perché gli emendamenti andavano discussi in capigruppo e non in aula. Tuttavia, sono un uomo di partito e mi adeguerò alla decisione del mio gruppo».

L’emendamento è stato licenziato con 17 voti favorevoli, mentre la mozione con 18 voti favorevoli, quindi le consulte saranno aperte soltanto ai cittadini italiani e degli stati membri dell’Unione Europea che abbiano compiuto i 16 anni.

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Luca Galuppini

24 anni, laureato con lode in Politics, Philosophy and Public Affairs presso l'Università degli Studi di Milano, lavora come addetto stampa.

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Al centro della discussione l’estensione del voto ai cittadini non italiani ma residenti. Un percorso durato due anni con lo scopo di riavvicinare i cittadini «nella crescita e nello sviluppo partecipativo della città»

La discussione sul regolamento delle consulte di quartiere doveva essere una semplice ratifica del lavoro della capigruppo e della commissione affari istituzionali. Un percorso durato due anni con lo scopo di riavvicinare i cittadini «nella crescita e nello sviluppo partecipativo della città» e funzionare da «cinghia di trasmissione tra i cittadini e l’amministrazione comunale centrale» come ha spiegato nella relazione introduttiva il sindaco Alessandro Canelli.

Doveva essere «una fase nella quale si delineano nuovi principi e valori per l’esercizio delle funzioni democratiche nella nostra comunità», invece durante il consiglio comunale di questa mattina, 20 febbraio, si è scatenata la bagarre sull’estensione dell’elettorato attivo e passivo ai cittadini stranieri residenti a Novara. Durante le fasi di studio, nessuno si era, infatti, accorto che nella versione originale del regolamento si faceva riferimento soltanto alla popolazione residente, fino a quando nell’inaugurazione del circolo di Sinistra Italiana, svoltasi sabato scorso, è stato sollevato il tema dei cittadini stranieri.

Una questione che ha generato le attenzioni della Lega che, evidentemente non accortasi del fatto che tra i residenti rientrano anche i cittadini stranieri, ha presentato in aula due emendamenti al regolamento per specificare che «l’assemblea è formata dai residenti, cittadini italiani o di uno stato membro dell’UE che abbiano compiuto i 16 anni» e che «il portavoce viene eletto tra i cittadini residenti iscritti nelle liste elettorali del comune». Una specifica che, nei fatti, restringe il campo alla partecipazione dei residenti stranieri, compresi nella formulazione originale dal momento che era richiesto solo il requisito della residenza per partecipare alle consulte.

Una richiesta che ha generato una sospensione durata più di un’ora per riunire i capigruppo e tentare la mediazione. La proposta delle minoranze riguardante l’elettorato attivo, ovvero la possibilità di votare i portavoce delle consulte, inizialmente prevedeva l’introduzione dei requisiti richiesti per l’accesso agli alloggi popolari (5 anni di residenza). Successivamente, è stata avanzata l’ipotesi di estendere il requisito a 10 anni, in linea con il periodo necessario per richiedere la cittadinanza italiana. Tuttavia, entrambe le proposte sono state respinte dai capigruppo di maggioranza. A quel punto, tornati in aula, si è scatenata la bagarre con le minoranze sugli scudi. Il primo intervento è stato quello di Nicola Fonzo (Pd): «Rischiamo di perdere il senso di quanto fatto negli ultimi due anni. Qual è la pietra dello scandalo? Che sono stranieri? Quella che voi proponete è una chiara e netta discriminazione per chi vive a Novara, paga le tasse ed è cittadino a tutti gli effetti».

A seguirlo è stato Piergiacomo Baroni che si dice «dispiaciuto perché dopo due anni di lavoro sul regolamento, avremmo dovuto decidere che chi risiede in una quartiere deve poter dire la sua indipendentemente dalle proprie origini. In dieci minuti si è deciso, per ragioni politiche, che la voce di queste persone non contano». Anche Milù Allegra ha definito quella accaduta oggi «una brutta pagina e mi spiace perché il lavoro dei capigruppo era un lavoro che andava verso un processo di integrazione vera. L’immigrazione è un processo storico che non si arresta ma che si governa e questo si può fare coinvolgendo le persone e dando loro la possibilità di poter decidere e dire la propria».

Mario Iacopino ha dichiarato in aula che «minare il diritto di voto per i comitati non è bello, perché questo strumento doveva essere partecipativo. La diversità è una ricchezza se sfruttata nella maniera giusta e non tramite un percorso rigido come quello che voi proponete oggi». A scaldarsi, invece, è stato Rossano Pirovano che subito prima di scontrarsi con il sindaco Canelli ha dichiarato «vi invito a riflettere tutti e l’invito che faccio è quello di continuare nel rapporto di collaborazione su un tema delicato come questo. Non facciamo l’errore di dividerci su un tema importante per i cittadini. Non c’entra nulla con il voto, sono rappresentanze quasi simboliche, diamogli possibilità di decidere chi può rappresentarli».    

A tentare di ricucire i rapporti è l’intervento del sindaco che ha provato a spiegare «il grande equivoco che c’è stato durante le riunioni è quello di considerare che quando si faceva riferimento ai residenti si intendeva che potessero votare solo i residenti di quel quartiere e non di altri quartieri, ma che l’elettorato attivo e passivo seguisse le regole della Repubblica Italiana secondo l’articolo 48 della Costituzione lo davamo per scontato».

Una posizione che non è piaciuta alle minoranze, che hanno abbandonato l’aula prima della votazione del regolamento, ma anche al gruppo misto – Francesca Ricca e Maurizio Nieli – e ad alcuni componenti della lista civica Forza Novara – Tiziana Napoli e Gian Maria Prestinicola – che non hanno partecipato alla votazione sull’emendamento, neanche quando richiamati in aula dal capogruppo Andrea Crivelli. Anche Camillo Esempio (Fdi) ha espresso la sua perplessità: «Io sono nato politicamente con i quartieri, ma oggi sono in imbarazzo per questa votazione, perché gli emendamenti andavano discussi in capigruppo e non in aula. Tuttavia, sono un uomo di partito e mi adeguerò alla decisione del mio gruppo».

L’emendamento è stato licenziato con 17 voti favorevoli, mentre la mozione con 18 voti favorevoli, quindi le consulte saranno aperte soltanto ai cittadini italiani e degli stati membri dell’Unione Europea che abbiano compiuto i 16 anni.

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Luca Galuppini

24 anni, laureato con lode in Politics, Philosophy and Public Affairs presso l'Università degli Studi di Milano, lavora come addetto stampa.