Più di un quarto del territorio nazionale (28%) è a rischio desertificazione. La problematica riguarda le regioni del Sud ma anche quelle del Nord con la gravissima siccità di quest’anno che rappresenta solo la punta dell’iceberg di un processo che mette a rischio la disponibilità idrica nelle campagne e nelle città con l’arrivo di autobotti e dei razionamenti. E’ quanto emerge da un’analisi della Coldiretti sulla situazione del territorio nazionale in occasione della giornata mondiale dell’Onu per la lotta a desertificazione e siccità del 17 giugno, sulla base dei dati Ispra.
Il livello idrometrico del fiume Po è sceso a -3,7 metri su livelli più bassi da almeno 70 anni ed il lago Maggiore è in sofferenza con un grado di riempimento del 22,7%. Il semestre da dicembre a maggio 2022, in Piemonte, è stato il terzo più secco degli ultimi 65 anni, secondo i dati di Arpa. Il deficit dell’acqua accumulata nelle nevi è del 65%, i fiumi sono da mesi in magra e a fine maggio l’ammanco di acqua sui restanti bacini arriva fino al 70-80%. Maggio, infine, ha fatto registrare un’anomalia di 2 gradi in più in media, con massime a metà mese di 34 gradi.
Con il picco del caldo da bollino arancione in molte città e la carenza idrica, rischia di aumentare la dipendenza dall’estero da dove arriva il 64% del grano tenero che serve per pane, biscotti, dolci, il 47% del mais per l’alimentazione delle stalle, il 44% del grano duro per la pasta e il 27% dell’orzo, secondo la Coldiretti.
«In questo scenario di profonda crisi idrica è necessario agire nel breve periodo per definire le priorità di uso delle risorse idriche ad oggi disponibili – commentano il presidente di Coldiretti Novara-Vco Sara Baudo e il direttore Francesca Toscani – dando precedenza al settore agricolo per garantire la disponibilità di cibo, prevedere uno stanziamento di risorse finanziarie adeguate per indennizzare le imprese agricole per i danni subiti a causa della siccità e favorire interventi infrastrutturali di medio-lungo periodo volti ad aumentare la capacità di accumulo dell’acqua e della successiva ottimizzazione nella gestione. Siamo già ad un livello di siccità media/arancione, ma di questo passo arriveremo a breve a quello alto/rosso. A fronte di questa situazione abbiamo chiesto, nel corso del tavolo regionale per il monitoraggio del rischio di perdita del raccolto a causa della siccità, fortemente sollecitato dalla nostra organizzazione, di superare i rigidi schemi burocratici ed attivare, fin da subito, le procedure propedeutiche alla richiesta dello stato di emergenza nazionale. E’ necessario creare una rete di piccoli invasi su tutto l’arco alpino per evitare di arrivare a situazioni di crisi come quella attuale. Certo vanno coinvolti tutti i soggetti interessati, superando l’attuale frammentazione anche in termini di competenze amministrative, in modo tale che sia possibile definire un piano strategico unitario che possa rispondere alle esigenze idriche delle imprese agricole che ora, invece, si trovano a dover affrontare, oltre alle difficoltà dovute all’innalzamento dei costi delle materie prime e agli sconvolgimenti del mercato a causa della guerra ucraina, una vera e propria emergenza idrica».
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