«Sono malata di Parkinson da quindici anni e, fin da subito, la malattia si è manifestata in modo accelerato. Nel 2014, a seguito di un intervento, sono riuscita a tornare a camminare ma l’ipotesi di stare ferma e di non poter seguire le attività che sono rese possibili dal sostegno della Fondazione, comporterebbe problemi pesanti per me così come per tutte le persone che necessitano di attività specifiche e seguite da professionisti». A parlare è Katia Bessi, tesoriera Associazione Parkinson Insubria di Novara dopo aver saputo che Fondazione Comunità Novarese continuerà a sostenere le attività dell’associazione: 19.500 euro attraverso il Fondo persone fragili un aiuto concreto con cui, da settembre 2024 fino a giugno 2025, l’associazione sarà in grado di ampliare il ventaglio di servizi, aggiungendo percorsi di idrokinesiterapia ossia laboratori di riabilitazione in acqua, in grado di favorire movimenti più dolci e ovattati e di massimizzare la capacità di controllo dei tremori e degli altri effetti della malattia e gruppi di incontro di matrice Rogersiana, gestiti da uno psicologo-psicoterapeuta “facilitatore”, che si propongono di contenere il rischio di isolamento sociale e di facilitare il superamento del disagio psicologico che può accompagnare il vissuto del malato e del caregiver.
L’Associazione Parkinson rappresenta, infatti, un sostegno fondamentale per i malati e per le loro famiglie, cui offre servizi mirati a migliorare la qualità della vita, come laboratori di ginnastica adattata, con programmi di lavoro strutturati sulle peculiarità della persona malata di Parkinson; fisioterapia a domicilio, in favore di quanti abbiano difficoltà a deambulare e supporto psicologico a beneficio dei malati e dei loro caregivers.
«Il contributo della Fondazione Comunità Novarese – commenta il presidente dell’associazione, Tommaso Vitarelli – è fondamentale per far sì che i nostri soci possano usufruire di servizi fondamentali. L’obiettivo della proposta presentata a FCN ma, in generale, di tutte le attività del consiglio è quello di riuscire a colmare quel gap temporale che, oggi, esiste tra il momento della necessità e quello in cui i servizi offerti dalla sanità pubblica possono essere realmente erogati. Basti pensare che il tempo di attesa, oggi, che un malato di Parkinson deve aspettarsi per poter usufruire delle dieci sedute all’anno di riabilitazione e fisioterapia che gli spettano, è di circa 14 mesi. Per una persona malata, un periodo di tempo così lungo di inattività è impossibile da sopportare poiché rischia di compromettere in modo serio la situazione. Il nostro obiettivo è, quindi, quello di affiancare un nostro piano terapeutico di attività da svolgere nell’anno che aiutino a non disperdere i risultati che, ciascun malato, acquisisce con fatica».