Sovraffollamento, misure alternative, condizioni di salute mentale, risocializzazione sono stati tra i punti principali affronti durante l’incontro “La vita, dentro” organizzato alla Pinetina Alessia dai Giovani democratici e dal Pd di Novara sul tema del carcere in Italia.
È stato l’intervento del garante regionale dei detenuti Bruno Mellano ad aprire la serata moderata dalla consigliera comunale Milù Allegra. «Il sovraffollamento è ormai un’emergenza degli ultimi decenni e la riforma ha impedito ai parlamenti di agire con la leva dell’amnistia – ha detto -. Su questo il governo ha dimostrato debolezza non vedendo il problema che invece l’Europa ha visto condannando l’Italia. Nel nostro Paese ci sono 189 carceri con situazioni di sovraffollamento molto diverse: dai 1500/1700 detenuti a Torino nonostante la struttura sia nata per 600 ai 70 di Verbania nata per 53».
Mellano ha poi spiegato che «buona parte detenuti è straniera seppur in decrescita, dal 34 al 31%, a causa della difficoltà del tessuto sociale di offrire anche agli stranieri occasioni alternative. Il target è fortemente legato alla legge sulla droga: oltre 30% è dentro per reati legati al consumo o allo spaccio di stupefacenti: se queste persone potessero stare in comunità e seguire percorsi sociali di accompagnamento libererebbero spazio».
Il garante ha poi sottolineato la nuova marginalità legata al disagio mentale e psichico «crescente dopo la pandemia: i suicidi sono legati alle fasce giovanili e denotano un problema più vasto che solo strumenti e servizi possono affrontare. Con i garanti di tutta Italia abbiamo portato alla luce anche il problema dei suicidi tra gli agenti di polizia penitenziaria: 7 da inizio dell’anno che evidenziano un contesto di grave criticità».
Tra i relatori dell’incontro anche la presidente dell’Ordine dei avvocati di Novara, Giulia Ruggerone: «Le giornate in carcere non finiscono mai e le offerte non sono sempre adeguate: è inumano che una persona venga costretta dallo Stato a vivere in determinati spazi. Se non vengono proposte alternative, la punizione è fine a se stessa: lo Stato non garantisce quello che che prevede la Costituzione».
«Un detenuto ha a disposizione 3 metri quadrati in una cella compreso lo spazio che occupa il letto, ma questo non interessa a nessuno, non porta voti – ha continuato Ruggerone -. Così come il disagio mentale: un allarme ignorato e i detenuti che affrontano questo problema non ricevono la stessa attenzione di chi ha qualunque altra malattia».
Anche il consigliere regionale Domenico Rossi ha parlato di diritto alla salute: «I problemi della sanità in carcere sono gli stessi che ci sono fuori, ma amplificati e senza alternativa in condizioni spesso al limite dell’umanità. Tra i sanitari non c’è più nessuno vuole più andare a lavorare in carcere e il turn over degli infermieri avviene mediamente ogni 3/6 mesi. In consiglio regionale abbiamo consegnato una relazione augurandoci che questa legislatura possa fare passi avanti. Alternative ce ne sono in piccole e rare realtà ed è dimostrato che funziona: è più sicura una società in cui un carcere è capace di rieducare e reinserire».
Collegato in streaming il coordinatore dell’Osservatorio sulle condizioni detentive dell’associazione Antigone, Michele Miravalle. «Dobbiamo riflettere su come siamo arrivati a questo punto – ha affermato -. Quanto abbiamo il coraggio di cambiare su questi temi? Rivolte e suicidi sono due facce della stessa medaglia e sono indicatori del disagio. C’è un modo alternativo per provare a riscrivere le politiche e andare verso un contesto giuridico illuminato».