«Il bello deve ancora venire», o ancora «Il giorno del giudizio sta arrivando». Queste solo alcune delle frasi che l’uomo aveva indirizzato all’ex compagna. Non aveva preso bene la fine della relazione e, secondo quanto ha denunciato la donna, aveva iniziato a pedinarla ovunque, al lavoro, sotto casa, per strada. Un incubo durato diversi mesi fino a quando lei, all’inizio del 2018, aveva deciso di rivolgersi alle forze dell’ordine. In questura, inoltre, aveva parlato anche di un rapporto non voluto risalente all’ultimo periodo di convivenza, nel novembre 2017.
Per quella denuncia lui, A.T., 46 anni, novarese, è stato condannato a 3 anni e 6 mesi di reclusione per stalking e violenza sessuale, con sentenza resa definitiva dalla Cassazione qualche giorno fa. Gli è stato notificato l’ordine di cattura e ora è in carcere. In primo grado a Novara l’imputato era stato assolto dall’accusa più grave, l’abuso, e condannato solo per atti persecutori a 8 mesi. Poi l’Appello di Torino aveva riformato la sentenza.
La vittima, una quarantenne costituita parte civile, ha ottenuto il risarcimento dei danni: «Ho dovuto tutte le mie abitudini e sono stata costretta a chiamare la polizia perché si lui presentava dove lavoro quasi tutti i giorni». Le era arrivato un messaggio di minaccia perfino quando si trovava in questura a fare denuncia. Spesso l’uomo, così è stato raccontato, in preda alla gelosia seguiva la ex in auto e la minacciava con gesti quali imitare il taglio della gola. Il 3 gennaio 2018 lei era stata aggredita sotto casa e il compagno le aveva preso la borsa per controllarne il contenuto. Ancora, qualche giorno dopo per strada, lui le aveva tirato una testata colpendola a un occhio. Numerose anche le telefonate e i messaggi, per controllare o insultare l’ex compagna. Qualche volta rispondeva la figlia, suo malgrado coinvolta nelle discussioni: «Dì alla mamma che sta arrivando il giorno del giudizio», si era sentita dire la ragazzina il 10 gennaio.
La difesa dell’imputato aveva chiesto l’assoluzione sostenendo che la vittima fosse inaffidabile e che non si fossero riscontri alle sue dichiarazioni.