«Straordinariamente novaresi». Il Sigillum a Impaloni, Tacchini e Ferrari

All'Arengo la cerimonia dei Novaresi dell'Anno, con la consegna del riconoscimento a Elia Impaloni, Paolo Tacchini e Paolo Ferrari. Il sindaco Canelli: «Figure che hanno saputo trasmettere amore per la città»

Rinnovamento, evoluzione, valori. Prendendo spunto da uno scritto di Sebastiano Vassalli sulla Novara del futuro che il grande scrittore “non avrebbe visto” si è rinnovata nel pomeriggio di ieri, giovedì 18 gennaio, la cerimonia dei Novaresi dell’Anno. La manifestazione, che ha preso il via nel 1983, segna ormai da sempre uno dei “riti” legati alla Patronale che prenderà il via domani in Basilica con l’apertura dello Scurolo. Cerimonia dei Novaresi che quest’anno, anche nel segno di un’alternanza divenuta pure questa tradizionale, è tornata nella location del salone dell’Arengo al Broletto, ma che non è venuta meno al significato più profondo. Quello di tributare un giusto riconoscimento a tre concittadini distintisi in particolari ambiti. Tre persone, ha detto il sindaco Alessandro Canelli, «che hanno dimostrato tanto anche negli anni precedenti e che attraverso il loro lavoro, la dedizione, lo spirito di sacrificio, sono riusciti a trasmettere anche amore per la città».


Il Sigillum è stato consegnato nell’ordine alla presidente dell’associazione Liberazione e Speranza Elia Impaloni, a quello di Mets Percorsi d’arte Paolo Tacchini e all’imprenditore Paolo Ferrari, ad di Comoli Ferrari: «Tre figure che abbiamo voluto definire straordinariamente novaresi, per l’amore riposto nella loro attività – ha aggiunto il primo cittadino – In un momento storico come questo, caratterizzato da profondi mutamenti sociali e situazioni allarmanti, fortunatamente ci sono esempi come questi nella nostra comunità».


Elia Impaloni, decisamente la più emozionata dei tre premiati, ha voluto prima di tutto ringraziare tutti quelli che la affiancano quotidianamente nel lavoro presso l’organizzazione che offre aiuto e assistenza nei confronti di donne vittime di violenza: «Quanto è avvenuto finora non è dovuto al caso». E ancora, citando papa Francesco: «Per essere felici bisogna avere coraggio», ricordando anche Mariella Enoc sul fatto «che bisogna prendersi cura delle vulnerabilità, perché il bene bisogna farlo bene».


Paolo Tacchini, nella vita di tutti i giorni avvocato, ha saputo trasformare la passione per l’arte mettendola al servizio della città nell’organizzazione di quelle che da anni vengono definite le “grandi mostre”: «A Novara sono nato e cresciuto. Quando è partita questa scommessa nel 2017 non ho avuto dubbi e attraverso questa serie di eventi ho scoperto ancora di più l’amore per la mia città. Questo premio lo condivido con la mia famiglia, i mie collaboratori di Mets e i soci dello studio, che mi consentono di dedicare molto tempo a questa attività».


Una tradizione di famiglia incarna anche Paolo Ferrari, che rappresenta la terza generazione alla guida di un’azienda conosciuta a livello nazionale e oltre. Quando raccolse otto anni fa il testimone dal padre Giampaolo (anche lui in passato Novarese dell’Anno) «mi ero dato tre anni di tempo prima di tracciare un primo bilancio. Nel mezzo abbiamo avuto anche la pandemia, ma i risultati e questo premio vogliono dire che insieme alle mie cugine abbiamo lavorato bene. Mi sento “certamente” novarese e non ho mai pensato di lasciare la mia città».

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Rinnovamento, evoluzione, valori. Prendendo spunto da uno scritto di Sebastiano Vassalli sulla Novara del futuro che il grande scrittore “non avrebbe visto” si è rinnovata nel pomeriggio di ieri, giovedì 18 gennaio, la cerimonia dei Novaresi dell'Anno. La manifestazione, che ha preso il via nel 1983, segna ormai da sempre uno dei “riti” legati alla Patronale che prenderà il via domani in Basilica con l'apertura dello Scurolo. Cerimonia dei Novaresi che quest'anno, anche nel segno di un'alternanza divenuta pure questa tradizionale, è tornata nella location del salone dell'Arengo al Broletto, ma che non è venuta meno al significato più profondo. Quello di tributare un giusto riconoscimento a tre concittadini distintisi in particolari ambiti. Tre persone, ha detto il sindaco Alessandro Canelli, «che hanno dimostrato tanto anche negli anni precedenti e che attraverso il loro lavoro, la dedizione, lo spirito di sacrificio, sono riusciti a trasmettere anche amore per la città».


Il Sigillum è stato consegnato nell'ordine alla presidente dell'associazione Liberazione e Speranza Elia Impaloni, a quello di Mets Percorsi d'arte Paolo Tacchini e all'imprenditore Paolo Ferrari, ad di Comoli Ferrari: «Tre figure che abbiamo voluto definire straordinariamente novaresi, per l'amore riposto nella loro attività – ha aggiunto il primo cittadino – In un momento storico come questo, caratterizzato da profondi mutamenti sociali e situazioni allarmanti, fortunatamente ci sono esempi come questi nella nostra comunità».


Elia Impaloni, decisamente la più emozionata dei tre premiati, ha voluto prima di tutto ringraziare tutti quelli che la affiancano quotidianamente nel lavoro presso l'organizzazione che offre aiuto e assistenza nei confronti di donne vittime di violenza: «Quanto è avvenuto finora non è dovuto al caso». E ancora, citando papa Francesco: «Per essere felici bisogna avere coraggio», ricordando anche Mariella Enoc sul fatto «che bisogna prendersi cura delle vulnerabilità, perché il bene bisogna farlo bene».


Paolo Tacchini, nella vita di tutti i giorni avvocato, ha saputo trasformare la passione per l'arte mettendola al servizio della città nell'organizzazione di quelle che da anni vengono definite le “grandi mostre”: «A Novara sono nato e cresciuto. Quando è partita questa scommessa nel 2017 non ho avuto dubbi e attraverso questa serie di eventi ho scoperto ancora di più l'amore per la mia città. Questo premio lo condivido con la mia famiglia, i mie collaboratori di Mets e i soci dello studio, che mi consentono di dedicare molto tempo a questa attività».


Una tradizione di famiglia incarna anche Paolo Ferrari, che rappresenta la terza generazione alla guida di un'azienda conosciuta a livello nazionale e oltre. Quando raccolse otto anni fa il testimone dal padre Giampaolo (anche lui in passato Novarese dell'Anno) «mi ero dato tre anni di tempo prima di tracciare un primo bilancio. Nel mezzo abbiamo avuto anche la pandemia, ma i risultati e questo premio vogliono dire che insieme alle mie cugine abbiamo lavorato bene. Mi sento “certamente” novarese e non ho mai pensato di lasciare la mia città».

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