Dopo l’accoltellamento avvenuto il 14 agosto dello scorso anno in corso 23 Marzo a Novara l’uomo era fuggito in Sicilia, per essere poi arrestato la scorsa primavera dalla Squadra Mobile con l’accusa di tentato omicidio (leggi qui). Ora è arrivato anche il conto della giustizia: L.F., 38 anni, residente in città e attualmente ai domiciliari, è stato condannato dal gup di Novara a 12 anni di carcere con giudizio abbreviato. Una pena di poco superiore a quanto chiesto dal pubblico ministero, ovvero 11 anni e 8 mesi. La difesa aveva chiesto invece l’assoluzione, dal momento che i fatti sono stati sempre negati dall’imputato.
L’episodio era avvenuto alla Bicocca, in corso 23 Marzo all’angolo con via dell’Abbadia: vittima un trentanovenne ridotto in fin di vita, accompagnato in ospedale da un amico appena uscito dal carcere. Aveva ferite inferte al fegato, allo sterno e alla testa, tanto da dover essere sottoposto a un intervento in emergenza per cercare di fermare l’emorragia.
Ai sanitari l’accompagnatore aveva riferito che l’amico era stato accoltellato senza precisare il luogo e l’eventuale autore del fatto, ma cercando di depistare facendo riferimento alla zona di viale Curtatone. Le indagini, però, ben presto erano giunte a identificare il luogo esatto del ferimento, dove c’era ancora una macchia di sangue e la lama del coltello usato per l’aggressione: un modello prodotto in un solo comune della provincia di Novara e venduto in pochi esemplari. Proprio durante il sopralluogo, fra l’altro, i poliziotti avevano incrociato lo stesso L.F., tornato sul posto sostenendo di essere stato minacciato in precedenza da tipi loschi e di essere lì perchè preoccupato per la compagna che lavorava nelle vicinanze.
Dall’attività investigativa, invece, era emerso che le motivazioni riferite non erano valide e che tra la vittima e l’aggressore era intercorsa una serie di telefonate e messaggi, oltre al fatto che i due erano venuti in contatto mentre si trovavano in carcere. Nel frattempo il sospettato, domiciliato a Novara, si era reso irreperibile. Le verifiche del caso avevano portato la Mobile a individuarlo in provincia di Messina, dove era impiegato nell’edilizia. Ancora ignote le motivazioni del tentato omicidio, probabilmente legato al passato di conoscenza fra le persone coinvolte.