«Non sei musulmana, non sei degna di rimanere in questa vita». Solo uno degli insulti che l’uomo aveva indirizzato alla compagna in maniera dispregiativa per una persona di religione araba. Senza dimenticare le minacce: «Ti do fuoco. Ti ammazzo». Una lunga serie di vessazioni fra le mura domestiche che sono andate avanti fino all’estate del 2020, quando lei aveva trovato il coraggio di andare via di casa e fare denuncia, incurante dei consigli della sua famiglia: «Gli uomini sono tutti così, resisti», le aveva detto la madre al telefono, l’unica parente con cui era riuscita a confidarsi.
Quella denuncia ha portato alla condanna di M.B. un settantaduenne di origine marocchina residente a Novara da decenni, e ancorato a vecchie culture e tradizioni del paese di provenienza, a 3 anni e 6 mesi di reclusione per maltrattamenti in famiglia e lesioni, come chiesto dal pubblico ministero. L’uomo è stato assolto dall’accusa di violenza sessuale, che la vittima non ha confermato in tribunale. La difesa aveva chiesto l’assoluzione sostenendo che il clima di vessazioni e controllo descritto dalla moglie dell’imputato fosse incompatibile con altre affermazioni da lei fatte, quali: «Passava tutte le giornate fuori, al bar».
Ma nella sua testimonianza in aula la donna ha parlato non solo del clima di violenze casalinghe, ma anche dello stato di povertà in cui lui la lasciava: «Pretendeva tutti i soldi che guadagnavo col lavoro. Non potevo avere una vita sociale, solo casa e lavoro». Vittima di insulti e epiteti dispregiativi anche la figlia della coppia, che ogni tanto interveniva ad aiutare la madre: «Figlia del peccato, ti diseredo». Il 26 agosto 2020, dopo un litigio in cui l’uomo aveva alzato le mani, nell’abitazione di famiglia erano intervenuti i carabinieri. E lei aveva ripercorso diversi episodi avvenuti negli ultimi anni.