Il tribunale delle Libertà ha respinto il ricorso per la scarcerazione di Stefano Garini, classe 1962, l’agente immobiliare milanese arrestato a inizio marzo dai carabinieri di Novara per il caso delle ossa umane scoperte l’11 ottobre 2022 nei boschi di San Martino di Trecate. L’uomo rimane detenuto in custodia cautelare per l’omicidio e l’occultamento di cadavere della madre Liliana Agnani, 89 anni, cui appartenevano quei resti, oltre che per indebita percezione di erogazioni pubbliche per circa 28 mila euro, da lui incassati dopo la scomparsa della donna.
La svolta nell’indagine c’è stata lo scorso anno quando quelle ossa, grazie a una protesi nella colonna vertebrale, vennero attribuite alla pensionata residente a Milano. Gli investigatori erano risaliti alla ditta produttrice della protesi individuando l’ospedale a cui era stata venduto l’accessorio. Interpellati tutti i pazienti ancora in vita e con quel numero di matricola, l’attenzione era stata rivolta alla vittima. Il figlio, a quell’epoca ignaro delle indagini, era stato contattato per telefono dal medico di base, su indicazione degli investigatori, per poter visitare la madre: aveva risposto in maniera elusiva dicendo che la madre stava bene ma che non poteva essere visitata perché si trovava in Veneto in visita al fratello che, però, da accertamenti successivi, risultava deceduto diversi anni prima. Da qui i sospetti che stesse nascondendo qualcosa.
Ascoltata come testimone la figlia di Garini, nipote dell’anziana, la ragazza aveva raccontato che la nonna era deceduta ma non era in grado di riferire sulle modalità del decesso né sullo svolgimento del funerale. Il focus delle indagini è stato quindi ristretto sull’unico figlio: sé è appurato che non avendo un lavoro stabile, integrava il suo reddito con la pensione della madre, percepita indebitamente dall’Inps, insieme al sostegno che il Comune di Milano elargiva alle persone inabili bisognose.
Dagli accertamenti eseguiti dai carabinieri è emerso che 18 maggio 2022, di notte, Garini, con l’anziana donna ancora in vita, si era recato nei boschi di Trecate e qui, secondo l’ipotesi di accusa, l’avrebbe uccisa e abbandonato il corpo. Successivamente avrebbe costruito un castello di bugie pian piano smontato dagli inquirenti novaresi
All’interrogatorio di garanzia in carcere, qualche settimana fa, non ha voluto aggiungere nulla a quanto dichiarato in precedenza. Si è avvalso della facoltà di non rispondere.