“Un Piemonte libero dalle mafie”. Il convegno con don Ciotti promosso dalla commissione Legalità in Regione

Il consigliere regionale e presidente della commissione Domenico Rossi durante l'incontro a Torino: «Il Piemonte sia fucina e laboratorio dell'antimafia». Presto il convegno anche a Novara

Si è tenuto ieri mattina, 13 marzo, a Torino il convegno “Un Piemonte libero dalle mafie” organizzato grazie all’impulso della commissione Legalità del consiglio regionale del Piemonte, presieduta dal novarese Domenico Rossi che ha commentato: «Per costruire un Piemonte libero dalle mafie serve l’impegno di ciascuno di noi. Occorre superare il principio della delega nei confronti di magistratura e Forze dell’Ordine. È necessario un impegno collettivo, che parta dalla scuola, dalle associazioni, dalle imprese, dai singoli cittadini e che veda la politica in prima linea. Se per anni nelle regioni del nord si è negata la presenza del fenomeno mafioso che, invece, trovava terreno fertile per le sue attività, oggi i rischi sono l’ignoranza del fenomeno e la sottovalutazione». 

«Iniziative come quella di questa mattina, insieme al lavoro che come Commissione Legalità continueremo a portare avanti per l’intera legislatura, hanno l’obiettivo di contribuire alla costruzione di una classe dirigente consapevole, informata e all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. Significa pretendere massima attenzione, la giusta consapevolezza, la conoscenza dei territori dove ci si candida per fare politica e delle dinamiche criminali presenti, trasparenza nelle amministrazioni, nelle aziende, nella gestione degli appalti pubblici. Significa costruire una società in cui non ci sia posto per la cultura e i servizi delle mafie» ha spiegato Rossi.

Seguendo questo principio, durante il convegno sono intervenute diverse personalità che hanno portato il loro contributo durante il dibattito.

Il procuratore generale di Torino, Lucia Musti, ha aperto la lunga serie di interventi: «Le mafie sono dentro la società, e non hanno confini. Il centro nord è occupato ‘militarmente’ dalla ‘ndrangheta. Le mafie non hanno abbandonato le modalità violente, ma si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate» seguita dal procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Torino Giovanni Bombardieri ha evidenziato come «per molto tempo il Piemonte abbia sottovalutato le infiltrazioni mafiose sul territorio come per una volontà di tranquillizzarsi». Numeri preoccupanti quelli riportati dal capocentro della Direzione investigativa antimafia di Torino Tommaso Pastore che ha illustrato l’evoluzione delle attività di contrasto alle mafie «a partire dal modo di operare della criminalità organizzata nel mondo economico finanziario. In Europa abbiamo mappato 821 reti criminali attive, l’86% è in grado di infiltrarsi nell’economia legale, la quasi totalità (96%) con capacità di riciclaggio autonoma».

Il giornalista de La Stampa Giuseppe Legato ha sottolineato «la necessità, per i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata, di studiare in modo approfondito gli atti d’inchiesta, cercando riscontri su dettagli che potrebbero portare alla scoperta di nuovi elementi. Una possibilità fortemente limitata dalle recenti strette sull’informazione in materia di cronaca giudiziaria, che ridurrà il giornalismo investigativo a giornalismo divulgativo», mentre il presidente di Libera don Luigi Ciotti si è dichiarato «preoccupato della ‘retorica della legalità’, un elemento essenziale per la società che rischia di trasformarsi in un idolo, in un sedativo e in una bandiera che tutti usano se è vero che esistono associazioni antimafia fatte dai mafiosi e associazioni per la legalità fatte da chi sceglie di volta in volta la convenienza di stare o meno nella legalità».

Maria Josè Fava della direzione nazionale di Libera ha illustrato i risultati di una ricerca fatta sulla percezione dei fenomeni mafiosi, estorsivi e usurari da parte di operatori economici di Torino, Firenze e Napoli, che presto dovrebbe arrivare anche a Novara, come ha ricordato la consigliera comunale Cinzia Spilinga che in città presiede la consulta della legalità. «A Torino – ha dichiarato Fava – abbiamo distribuito 480 questionari anonimi e ce ne sono stati restituiti circa la metà, di cui 13 compilati da stranieri. Sul pizzo, il 20% ha risposto di sapere che c’è chi lo richiede e che esso viene pagato non solo con il denaro ma anche attraverso l’imposizione di servizi e forniture, il 6% di conoscere qualcuno che lo ha pagato e il 3% di averlo pagato».

Al termine degli interventi Rossi ha dichiarato: «Se è vero, come è emerso questa mattina, che al nord le mafie hanno trovato le porte aperte, tocca a noi trovare il modo di chiuderle costruendo una società nella quale non ci sia posto per mafie, ma conforme ai dettami della nostra Costituzione. Per questo come commissione ci impegneremo a portare in tutto il Piemonte quanto è emerso oggi, per fare sistema e rafforzare gli anticorpi, e per continuare a essere fucina e laboratorio dell’antimafia di questo paese».

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“Un Piemonte libero dalle mafie”. Il convegno con don Ciotti promosso dalla commissione Legalità in Regione

Il consigliere regionale e presidente della commissione Domenico Rossi durante l’incontro a Torino: «Il Piemonte sia fucina e laboratorio dell’antimafia». Presto il convegno anche a Novara

Si è tenuto ieri mattina, 13 marzo, a Torino il convegno “Un Piemonte libero dalle mafie” organizzato grazie all’impulso della commissione Legalità del consiglio regionale del Piemonte, presieduta dal novarese Domenico Rossi che ha commentato: «Per costruire un Piemonte libero dalle mafie serve l’impegno di ciascuno di noi. Occorre superare il principio della delega nei confronti di magistratura e Forze dell’Ordine. È necessario un impegno collettivo, che parta dalla scuola, dalle associazioni, dalle imprese, dai singoli cittadini e che veda la politica in prima linea. Se per anni nelle regioni del nord si è negata la presenza del fenomeno mafioso che, invece, trovava terreno fertile per le sue attività, oggi i rischi sono l’ignoranza del fenomeno e la sottovalutazione». 

«Iniziative come quella di questa mattina, insieme al lavoro che come Commissione Legalità continueremo a portare avanti per l’intera legislatura, hanno l’obiettivo di contribuire alla costruzione di una classe dirigente consapevole, informata e all’altezza della sfida che abbiamo di fronte. Significa pretendere massima attenzione, la giusta consapevolezza, la conoscenza dei territori dove ci si candida per fare politica e delle dinamiche criminali presenti, trasparenza nelle amministrazioni, nelle aziende, nella gestione degli appalti pubblici. Significa costruire una società in cui non ci sia posto per la cultura e i servizi delle mafie» ha spiegato Rossi.

Seguendo questo principio, durante il convegno sono intervenute diverse personalità che hanno portato il loro contributo durante il dibattito.

Il procuratore generale di Torino, Lucia Musti, ha aperto la lunga serie di interventi: «Le mafie sono dentro la società, e non hanno confini. Il centro nord è occupato ‘militarmente’ dalla ‘ndrangheta. Le mafie non hanno abbandonato le modalità violente, ma si sono evolute con caratteristiche più sofisticate, più raffinate» seguita dal procuratore capo della Repubblica presso il Tribunale di Torino Giovanni Bombardieri ha evidenziato come «per molto tempo il Piemonte abbia sottovalutato le infiltrazioni mafiose sul territorio come per una volontà di tranquillizzarsi». Numeri preoccupanti quelli riportati dal capocentro della Direzione investigativa antimafia di Torino Tommaso Pastore che ha illustrato l’evoluzione delle attività di contrasto alle mafie «a partire dal modo di operare della criminalità organizzata nel mondo economico finanziario. In Europa abbiamo mappato 821 reti criminali attive, l’86% è in grado di infiltrarsi nell’economia legale, la quasi totalità (96%) con capacità di riciclaggio autonoma».

Il giornalista de La Stampa Giuseppe Legato ha sottolineato «la necessità, per i giornalisti che si occupano di criminalità organizzata, di studiare in modo approfondito gli atti d’inchiesta, cercando riscontri su dettagli che potrebbero portare alla scoperta di nuovi elementi. Una possibilità fortemente limitata dalle recenti strette sull’informazione in materia di cronaca giudiziaria, che ridurrà il giornalismo investigativo a giornalismo divulgativo», mentre il presidente di Libera don Luigi Ciotti si è dichiarato «preoccupato della ‘retorica della legalità’, un elemento essenziale per la società che rischia di trasformarsi in un idolo, in un sedativo e in una bandiera che tutti usano se è vero che esistono associazioni antimafia fatte dai mafiosi e associazioni per la legalità fatte da chi sceglie di volta in volta la convenienza di stare o meno nella legalità».

Maria Josè Fava della direzione nazionale di Libera ha illustrato i risultati di una ricerca fatta sulla percezione dei fenomeni mafiosi, estorsivi e usurari da parte di operatori economici di Torino, Firenze e Napoli, che presto dovrebbe arrivare anche a Novara, come ha ricordato la consigliera comunale Cinzia Spilinga che in città presiede la consulta della legalità. «A Torino – ha dichiarato Fava – abbiamo distribuito 480 questionari anonimi e ce ne sono stati restituiti circa la metà, di cui 13 compilati da stranieri. Sul pizzo, il 20% ha risposto di sapere che c’è chi lo richiede e che esso viene pagato non solo con il denaro ma anche attraverso l’imposizione di servizi e forniture, il 6% di conoscere qualcuno che lo ha pagato e il 3% di averlo pagato».

Al termine degli interventi Rossi ha dichiarato: «Se è vero, come è emerso questa mattina, che al nord le mafie hanno trovato le porte aperte, tocca a noi trovare il modo di chiuderle costruendo una società nella quale non ci sia posto per mafie, ma conforme ai dettami della nostra Costituzione. Per questo come commissione ci impegneremo a portare in tutto il Piemonte quanto è emerso oggi, per fare sistema e rafforzare gli anticorpi, e per continuare a essere fucina e laboratorio dell’antimafia di questo paese».

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