Una nuova sede per l’Istituto storico. Il dibattito approda in Regione, appello al sindaco

Il vice presidente del consiglio regionale e presidente del comitato Resistenza e Costituzione ha incontrato i vertici del centro. «Ci serve spazio, non possiamo permettere che il patrimonio della comunità vada disperso»

La visita del vice presidente del consiglio regionale e presidente del comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte, Domenico Ravetti, all’Istituto storico Piero Fornara di Novara riaccende l’attenzione sulla questione di una sede idonea per il centro che custodisce un patrimonio inestimabile di quasi 30 mila volumi sulla Resistenza e sulla storia contemporanea della città e della provincia.

«Il prossimo anno celebreremo gli 80 anni della Liberazione e sarebbe un doveroso omaggio alla Resistenza trovare una nuova e adeguata casa per l’Istituto storico di Novara» afferma Ravetti in una nota a margine della visita rivolgendo un appello al sindaco Canelli «che so essere un amministratore attento, affinché si riapra un confronto e si avvii un percorso in tal senso. Gli istituti storici della Resistenza del Piemonte vanno sostenuti e siamo certi che a Novara si possa collaborare per raggiungere questo obiettivo».

«È interesse della comunità che l’Istituto abbia una sede adeguata, il problema va risolto e riguarda la cultura novarese: non vorremmo che un domani si perda questa ricchezza documentaria come è successo in altre città» dicono in modo unanime il presidente e il vice, Paolo Cattaneo e Antonio Leone.

La questione è annosa e in più occasioni il Comune ha avanzato proposte che però non sono mai state concretizzate. «Solo negli ultimi anni ci sono state interlocuzioni per un edificio di via Sforzesca dove avevamo anche fatto una serie di sopralluoghi, ma l’amministrazione si è poi tirata indietro – continua il presidente Cattaneo -. Poi l’ala della ex caserma Passalacqua verso corso XXIII Marzo dove il sindaco avrebbe voluto creare un polo culturale traslocando anche la biblioteca Negroni. Alternativa era la ex scuola elementare di Lumellogno e quella di San Rocco, addirittura l’ex campo Tav: tutte proposte del Comune, ma che non sono mai andate a buon fine. Che la Regione ora si stia preoccupando della situazione è un segnale positivo».

Già un paio di settimane fa sulle pagine di Torino del giornale La Stampa, Ravetti aveva lanciato la proposta di una regia dei luoghi della memoria piemontese attraverso il museo della Resistenza di Torino. «Un museo di tutto il Piemonte che coordini i tanti luoghi della nostra memoria che, pur con le corrette e condivise autonomie dei protagonisti locali, potrebbero così essere potenziati dal punto di vista culturale e turistico» aveva dichiarato Ravetti.

L’Istituto storico è attualmente ospitato in corso Cavour su tre piani di un edificio di proprietà dell’ospedale Maggiore; è un ente fondato nel 1965 e gestito da un consorzio di enti pubblici, tra cui il Comune, che con una quota contribuiscono al suo mantenimento, a cui si aggiungono un finanziamento regionale e le risorse di un bando di Fondazione Crt.

«L’interesse primario è tutelare il patrimonio – aggiunge il vice presidente -. Abbiamo collezioni importantissime, basti pensare alla sala Bonfantini, migliaia di libri e documenti, anche pezzi rari e numeri unici. Ricercatori da tutta Italia vengono qui per i loro studi, almeno una ventina all’anno di fama nazionale. C’è bisogno di spazio per il materiale, ma anche per accogliere di studenti e gli alunni delle scuole in visita. Non possiamo permettere che questo ricchezza della comunità venga trasferita negli istituti di Milano o di Torino, o peggio negli scatoloni del magazzino di Biandrate. Sarebbe come perdere il patrimonio della città».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Una nuova sede per l’Istituto storico. Il dibattito approda in Regione, appello al sindaco

Il vice presidente del consiglio regionale e presidente del comitato Resistenza e Costituzione ha incontrato i vertici del centro. «Ci serve spazio, non possiamo permettere che il patrimonio della comunità vada disperso»

La visita del vice presidente del consiglio regionale e presidente del comitato Resistenza e Costituzione della Regione Piemonte, Domenico Ravetti, all'Istituto storico Piero Fornara di Novara riaccende l'attenzione sulla questione di una sede idonea per il centro che custodisce un patrimonio inestimabile di quasi 30 mila volumi sulla Resistenza e sulla storia contemporanea della città e della provincia.

«Il prossimo anno celebreremo gli 80 anni della Liberazione e sarebbe un doveroso omaggio alla Resistenza trovare una nuova e adeguata casa per l’Istituto storico di Novara» afferma Ravetti in una nota a margine della visita rivolgendo un appello al sindaco Canelli «che so essere un amministratore attento, affinché si riapra un confronto e si avvii un percorso in tal senso. Gli istituti storici della Resistenza del Piemonte vanno sostenuti e siamo certi che a Novara si possa collaborare per raggiungere questo obiettivo».

«È interesse della comunità che l'Istituto abbia una sede adeguata, il problema va risolto e riguarda la cultura novarese: non vorremmo che un domani si perda questa ricchezza documentaria come è successo in altre città» dicono in modo unanime il presidente e il vice, Paolo Cattaneo e Antonio Leone.

La questione è annosa e in più occasioni il Comune ha avanzato proposte che però non sono mai state concretizzate. «Solo negli ultimi anni ci sono state interlocuzioni per un edificio di via Sforzesca dove avevamo anche fatto una serie di sopralluoghi, ma l'amministrazione si è poi tirata indietro - continua il presidente Cattaneo -. Poi l'ala della ex caserma Passalacqua verso corso XXIII Marzo dove il sindaco avrebbe voluto creare un polo culturale traslocando anche la biblioteca Negroni. Alternativa era la ex scuola elementare di Lumellogno e quella di San Rocco, addirittura l'ex campo Tav: tutte proposte del Comune, ma che non sono mai andate a buon fine. Che la Regione ora si stia preoccupando della situazione è un segnale positivo».

Già un paio di settimane fa sulle pagine di Torino del giornale La Stampa, Ravetti aveva lanciato la proposta di una regia dei luoghi della memoria piemontese attraverso il museo della Resistenza di Torino. «Un museo di tutto il Piemonte che coordini i tanti luoghi della nostra memoria che, pur con le corrette e condivise autonomie dei protagonisti locali, potrebbero così essere potenziati dal punto di vista culturale e turistico» aveva dichiarato Ravetti.

L’Istituto storico è attualmente ospitato in corso Cavour su tre piani di un edificio di proprietà dell'ospedale Maggiore; è un ente fondato nel 1965 e gestito da un consorzio di enti pubblici, tra cui il Comune, che con una quota contribuiscono al suo mantenimento, a cui si aggiungono un finanziamento regionale e le risorse di un bando di Fondazione Crt.

«L'interesse primario è tutelare il patrimonio - aggiunge il vice presidente -. Abbiamo collezioni importantissime, basti pensare alla sala Bonfantini, migliaia di libri e documenti, anche pezzi rari e numeri unici. Ricercatori da tutta Italia vengono qui per i loro studi, almeno una ventina all'anno di fama nazionale. C'è bisogno di spazio per il materiale, ma anche per accogliere di studenti e gli alunni delle scuole in visita. Non possiamo permettere che questo ricchezza della comunità venga trasferita negli istituti di Milano o di Torino, o peggio negli scatoloni del magazzino di Biandrate. Sarebbe come perdere il patrimonio della città».

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