«Il nuovo Piano per le attività estrattive adottato dalla giunta regionale è uno scempio ambientale e paesaggistico. Nei prossimi 10 anni si potranno estrarre 300 milioni di metri cubi di terreno, il triplo del decennio precedente». I consiglieri regionali del Pd, il capogruppo Raffaele Gallo, e il consigliere primo firmatario della legge regionale 23/2016 sulla disciplina delle attività estrattive, Domenico Rossi, non usano mezzi termini per definire il documento (Prae) adottato lo scorso 16 dicembre dalla giunta Cirio e che ora è in attesa di osservazioni – chiunque può presentarle – entro il 20 febbraio. Dopo quella data l’autorità competente per la VAS (valutazione d’area vasta) esprimerà il proprio parere motivato entro 45 giorni dalla data del termine della presentazione delle osservazioni. A quel punto la giunta potrà approvare nuovamente il Piano per poi portare in consiglio regionale il testo per l’approvazione definitiva.
Lo scopo doveva essere quello di equilibrare attività estrattive e rispetto dell’ambiente e del paesaggio, tutela della salute pubblica e norme urbanistiche su tutto il territorio regionale, su modello di quanto aveva fatto la provincia di Novara, l’unica in tutto il Piemonte a essersi dotata di un proprio piano (leggi qui). Dopo l’approvazione del documento regionale, invece, il testo provinciale verrò mandato in pensione senza nemmeno mai essere stato utilizzato.
«È stato tradito lo spirito che aveva ispirato la norma, e il documento è diventato un “via libera” per le imprese che nei prossimi 10 anni potranno estrarre materiali in quantità più di tre volte superiori a quelle degli ultimi 10 anni – affermano Rossi e Gallo -. Doveva essere un passo avanti, ma se ne fanno tre indietro. In questo momento in cui la crisi climatica, energetica e ambientale è sotto gli occhi di tutti, la Regione Piemonte si muove come se fossimo nel secolo scorso».
I due casi più eclatanti su territorio novarese riguardano Castelletto Ticino che passerebbe da 16.873 mq di superficie autorizzata a 94.871, +562%; analoga situazione a Oleggio dove con un +548% si passerebbe da 146.987 mq di area autorizzata a 805.527.
«I volumi concessi allo stato attuale sono esorbitanti – prosegue Rossi -. Per quanto riguarda il comparto degli aggregati per le costruzioni e le infrastrutture (sabbia e ghiaia): se il fabbisogno calcolato su quanto estratto negli ultimi 10 anni è pari a 63 milioni di metri cubi, nei prossimi 10 (la vigenza del Prae) saranno autorizzabili ben 101 milioni di metri cubi, esclusi i volumi già autorizzati e non ancora scavati che ammontano a circa 95 milioni di metri cubi, per un totale, quindi, di 196 milioni. Il triplo degli ultimi 10 anni, durante i quali l’unico piano esistente era quello della Provincia di Novara. Ma anche per le pietre ornamentali e i materiali industriali la situazione è analoga, tanto che, se si sommano le diverse categorie, il totale di materiale estraibile è pari a 306 milioni di metri cubi contro un fabbisogno di 96».
E se Novarese e Vco sarebbero quelli meno interessati da un aumento del consumo di suolo – “solo” il 60% in più a Novara e il 45% nel Vco – ci sono territori che subirebbero una crescita notevole: +132% per Vercelli e Biella, +241% ad Alessandria e Asti, +146% a Cuneo e +69% a Torino.
«Cosa può giustificare questi numeri? Forse un piano di opere pubbliche stratosferico? O la costruzione di intere nuove città? Nulla di tutto questo: il Piemonte registra un calo demografico e, in questa fase, l’attività edilizia è orientata alle ristrutturazioni – aggiunge ancora il consigliere Rossi -. La verità è che si vuole vanificare la pianificazione, facendo in modo che ogni richiesta delle imprese sia accolta. Invece di limitare il consumo di una risorsa finita e agganciarla ai bisogni reali dell’economia si rinuncia a svolgere il ruolo di mediatori dei diversi interessi per assecondarne uno solo: quello privato. Con la situazione limite in cui tutte le risorse disponibili ammontano a circa 244 milioni di metri cubi, pertanto, qualora nel prossimo decennio si arrivasse alla soglia massima, rischieremmo di esaurirle quasi del tutto».
«Tutto questo ricadrà sulla testa dei sindaci che, oltre a essere stati poco coinvolti, non potranno decidere per il loro territorio e dovranno anche subire la salvaguardia per cui le schede con gli ampliamenti delle cave saranno sovraordinate rispetto ai piani regolatori, anche nelle more dell’approvazione del piano. Un piano scritto con i cavatori per i cavatori e che ignora tutti gli altri interessi in gioco nel settore estrattivo. Ci auguriamo che i sindaci e le associazioni di rappresentanza dei Comuni intervengano a tutela del territorio e dei cittadini, noi non faremo mancare la nostra opposizione» conclude Gallo.
A poche ore di distanza dalle dichiarazioni dei consiglieri dem, l’assessore regionale alle Attività produttive, Andrea Tronzano, ha reso nota la sua replica per punti: «Il consumo di suolo non è legato al Prae; le cave non comportano un consumo di suolo irreversibile (quello che prevede impermeabilizzazione e artificializzazione dell’area) e il Piemonte è maestro nella rinaturazione (nuovi boschi, parchi, laghi, altro) delle cave che hanno esaurito il loro compito; nel Prae sono presenti prescrizioni precise a proposito della conservazione dei terreni agricoli i nuovi volumi (previsti nei prossimi 10 anni) vengono autorizzati solo se quelli esistenti sono in via di esaurimento; il Pnrr è una variabile importante perché prevede infrastrutture e quindi vedremo se al mercato serviranno nuovi volumi. Questo noi dobbiamo prevederlo per evitare che le opere non si possano realizzare per mancanza di materia prima. Per quanto riguarda la partecipazione degli enti locali, abbiamo coinvolto tutti i sindaci e le province nella discussione. Oltre a questa condivisione gli Enti locali hanno 60 giorni di tempo per eventuali controdeduzioni (fino al 20 febbraio 2023)».