«Vaccino necessario per lavorare, lo chiediamo da mesi». Obbligo Super green pass per over 50

Cna, Confindustria, Cisl concordano nella necessità di vaccinare tutti i lavoratori. Si apre il dibattito sullo smart working

A partire dal 15 febbraio, i lavoratori pubblici e privati, compresi quelli in ambito giudiziario e i magistrati, che hanno compiuto 50 anni per andare al lavoro dovranno esibire il Super green pass, che si ottiene con il vaccino o con la guarigione dal Covid. Lo ha deciso nella serata di ieri, 5 gennaio, il consiglio dei Ministri: un voto all’unanimità che è arrivato dopo non poche difficoltà tra le diverse compagini politiche. L’obbligo vaccinale, invece, è stato deciso per tutti gli over 50.

Chi non ha il Super pass, è assente ingiustificato e perde tutta la retribuzione. Tutte le imprese potranno sostituire i lavoratori sospesi perché sprovvisti di certificazione verde Covid. Viene cioè estesa la misura inizialmente prevista per le Pmi fino a 15 dipendenti. La sostituzione rimane di «10 giorni rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso».

Abbiamo chiesto un parere a tre rappresentanti di categorie, poche re prima dell’approvazione del DL.

«Da sempre la nostra associazione è favorevole all’obbligo vaccinale: ormai i tempi sono maturi e la spinta arriva dal basso. Il sistema produttivo non può più permettersi battute d’arresto, ormai la situazione è sfibrante – dichiara Marco Pasquino, direttore di Cna Piemonte Nord -. Mi rendo conto che l’obbligo possa rappresentare un precedente pericoloso a livello legislativo, ma in questa fase è fondamentale. Diversamente si rischierebbe di creare una distanza incolmabile tra chi ha terminato il ciclo veccinale e chi non ha ancora fatto nulla».

Inoltre, per contrastare l’aumento dei contagi, il governo incentiva il ricorso allo smart working, sia nel settore pubblico sia in quello privato. I ministri Brunetta e Orlando hanno firmato, nella serata di ieri, una circolare che riguarda tutto il mondo del lavoro. Il documento serve a sensibilizzare le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a usare gli strumenti di flessibilità che le discipline di settore già consentono. La differenza fondamentale tra pubblico e privato sta nell’obbligatorietà: per il primo dell’accordo individuale, mentre nel privato è ammessa la forma semplificata di senza necessità di accordo individuale, fino al 31 marzo 2022, termine dello stato di emergenza.

«Bisogna fare una distinzione tra un provvedimento emergenziale e una visione a lungo termine – aggiunge Pasquino -. Dal 10 gennaio, se la situazione dei contagi continuerà ad aumentare, i nostri uffici torneranno in smart così come avevano già fatto durante gli altri picchi pandemici. In prospettiva, invece, penso che lo smart working, per alcune attività, possa rappresentare un valore aggiunto: si tratterebbe innanzitutto di un cambiamento sia di mentalità che di paradigma lavorativo: un sistema con il quale non si controlla più in presenza, ma è necessario ragionare su obiettivi produttivi. Da poco, con associazioni e sindacati, abbiamo firmato un protocollo con le norme sullo smart working: è necessario creare situazioni mediate perché non è pensabile che chi è stato in smart negli ultimi due anni sia disposto a tornare in presenza sempre».

«Abbiamo portato avanti una campagna mediatica che ci è costata molto in termini di immagine: sedi colpite e alcune disdette di lavoratori iscritti che non condividevano il nostro sostegno ai vaccini – afferma la segretaria provinciale della Cisl, Elena Ugazio -. Ha fatto bene Mattarella a richiamare tutti alla campagna vaccinale. Nei luoghi di lavoro applichiamo protocolli di sicurrezza: la decisione di un obbligo doveva essere presa mesi fa. Quello dello smart working è un discorso complesso: ci siamo ritrovati a doverlo fare in stato di emergenza e, anche quando la situazione si sarà normalizzata, non si può pensare di tornare a un pre Covid. Cogliamo allora lo smart come un’opportunità che, però, deve essere sotto l’egida della contrattazione collettiva per la tutela dei lavoratori

Anche il presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Piemonte , Andrea Notari, è il linea con gli altri due rappresentanti: «Lo chiediamo da tempo, il Super green pass è l’unico strumento per garantire la sicurezza nelle aziende: sono i lavoratori che lo vogliono perchè devono poter lavorare in tranquillità. Il nostro compito è tutelare l’economia è questo l’unico modo che abbiamo in questo momento».

In tema di smart working, Notari sostiente che «la flessibilità sia la soluzione migliore. Una forma ibrida che a lungo termine può aiutare. Certamente ci sono settori, come le pubbliche amministrazioni in cui non si lavora per obiettivi, dove il controllo diventa difficile. In altri, invece, può diventare uno strumento incentivante per un risparmio di tempo e una maggiore qualità del lavoro svolto».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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«Vaccino necessario per lavorare, lo chiediamo da mesi». Obbligo Super green pass per over 50

Cna, Confindustria, Cisl concordano nella necessità di vaccinare tutti i lavoratori. Si apre il dibattito sullo smart working

A partire dal 15 febbraio, i lavoratori pubblici e privati, compresi quelli in ambito giudiziario e i magistrati, che hanno compiuto 50 anni per andare al lavoro dovranno esibire il Super green pass, che si ottiene con il vaccino o con la guarigione dal Covid. Lo ha deciso nella serata di ieri, 5 gennaio, il consiglio dei Ministri: un voto all’unanimità che è arrivato dopo non poche difficoltà tra le diverse compagini politiche. L’obbligo vaccinale, invece, è stato deciso per tutti gli over 50.

Chi non ha il Super pass, è assente ingiustificato e perde tutta la retribuzione. Tutte le imprese potranno sostituire i lavoratori sospesi perché sprovvisti di certificazione verde Covid. Viene cioè estesa la misura inizialmente prevista per le Pmi fino a 15 dipendenti. La sostituzione rimane di «10 giorni rinnovabili fino al 31 marzo 2022, senza conseguenze disciplinari e con diritto alla conservazione del posto di lavoro per il lavoratore sospeso».

Abbiamo chiesto un parere a tre rappresentanti di categorie, poche re prima dell’approvazione del DL.

«Da sempre la nostra associazione è favorevole all’obbligo vaccinale: ormai i tempi sono maturi e la spinta arriva dal basso. Il sistema produttivo non può più permettersi battute d’arresto, ormai la situazione è sfibrante – dichiara Marco Pasquino, direttore di Cna Piemonte Nord -. Mi rendo conto che l’obbligo possa rappresentare un precedente pericoloso a livello legislativo, ma in questa fase è fondamentale. Diversamente si rischierebbe di creare una distanza incolmabile tra chi ha terminato il ciclo veccinale e chi non ha ancora fatto nulla».

Inoltre, per contrastare l’aumento dei contagi, il governo incentiva il ricorso allo smart working, sia nel settore pubblico sia in quello privato. I ministri Brunetta e Orlando hanno firmato, nella serata di ieri, una circolare che riguarda tutto il mondo del lavoro. Il documento serve a sensibilizzare le amministrazioni pubbliche e i datori di lavoro privati a usare gli strumenti di flessibilità che le discipline di settore già consentono. La differenza fondamentale tra pubblico e privato sta nell’obbligatorietà: per il primo dell’accordo individuale, mentre nel privato è ammessa la forma semplificata di senza necessità di accordo individuale, fino al 31 marzo 2022, termine dello stato di emergenza.

«Bisogna fare una distinzione tra un provvedimento emergenziale e una visione a lungo termine – aggiunge Pasquino -. Dal 10 gennaio, se la situazione dei contagi continuerà ad aumentare, i nostri uffici torneranno in smart così come avevano già fatto durante gli altri picchi pandemici. In prospettiva, invece, penso che lo smart working, per alcune attività, possa rappresentare un valore aggiunto: si tratterebbe innanzitutto di un cambiamento sia di mentalità che di paradigma lavorativo: un sistema con il quale non si controlla più in presenza, ma è necessario ragionare su obiettivi produttivi. Da poco, con associazioni e sindacati, abbiamo firmato un protocollo con le norme sullo smart working: è necessario creare situazioni mediate perché non è pensabile che chi è stato in smart negli ultimi due anni sia disposto a tornare in presenza sempre».

«Abbiamo portato avanti una campagna mediatica che ci è costata molto in termini di immagine: sedi colpite e alcune disdette di lavoratori iscritti che non condividevano il nostro sostegno ai vaccini – afferma la segretaria provinciale della Cisl, Elena Ugazio -. Ha fatto bene Mattarella a richiamare tutti alla campagna vaccinale. Nei luoghi di lavoro applichiamo protocolli di sicurrezza: la decisione di un obbligo doveva essere presa mesi fa. Quello dello smart working è un discorso complesso: ci siamo ritrovati a doverlo fare in stato di emergenza e, anche quando la situazione si sarà normalizzata, non si può pensare di tornare a un pre Covid. Cogliamo allora lo smart come un’opportunità che, però, deve essere sotto l’egida della contrattazione collettiva per la tutela dei lavoratori

Anche il presidente del Gruppo Giovani Imprenditori di Confindustria Piemonte , Andrea Notari, è il linea con gli altri due rappresentanti: «Lo chiediamo da tempo, il Super green pass è l’unico strumento per garantire la sicurezza nelle aziende: sono i lavoratori che lo vogliono perchè devono poter lavorare in tranquillità. Il nostro compito è tutelare l’economia è questo l’unico modo che abbiamo in questo momento».

In tema di smart working, Notari sostiente che «la flessibilità sia la soluzione migliore. Una forma ibrida che a lungo termine può aiutare. Certamente ci sono settori, come le pubbliche amministrazioni in cui non si lavora per obiettivi, dove il controllo diventa difficile. In altri, invece, può diventare uno strumento incentivante per un risparmio di tempo e una maggiore qualità del lavoro svolto».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore