Confesercenti: «Vogliamo lavorare con un tasso senza tasse. Siamo allo stremo». Le proteste di commercianti, artigiani e ambulanti stanno esplodendo in ogni parte d’Italia a un anno dalle chiusure forzate per il contenimento del virus. Alla protesta di piazza, Confesercenti, sia a livello nazionale che locale, ha preferito un confronto diretto con le istituzioni. «Abbiamo chiesto un incontro con prefetto di Novara, il governatore Cirio e per domani abbiamo fissato un appuntamento con il sindaco Canelli – ha spiegato questa mattina, 7 aprile, il direttore di Confesercenti Piemonte Nord Luigi Minicucci durante la presentazione del manifesto “Portiamo le imprese fuori dalla pandemia” che è possibile sottoscrivere su Change.org -. Siamo consapevoli che le decisioni vengano prese a livello nazionale, ma ai rappresentanti delle istituzioni locali chiediamo di portare il nostro appello nelle sede competenti. E, per esempio, chiediamo che alcune risorse comunali possano essere investite a favore delle imprese che non stanno lavorando da un anno piuttosto che verso progetti rimandabili».
«Quella dei commercianti è una categoria messa in un angolo – ha dichiarato il presidente di Confesercenti Piemonte Nord Antonio Centrella -. Abbiamo i magazzini pieni di merce invenduta: siamo allo stremo, i ristori non arrivano e ci viene chiesto comunque di pagare le tasse. Per accedere ai contributi dobbiamo dimostrare di non avere guadagnato: ma se non lavoriamo da un anno cosa dobbiamo dimostrare ancora? I governanti hanno trovato il modo per farci spendere i risparmi. Speriamo che mettano mano al portafoglio: dicono che ci sono miliardi disponibili per i sostegni, ma per ottenere 1000 euro ci vogliono mesi».
«Io vendo calzature al mercato, da un anno non sto lavorando, non ho preso un centesimo, ho la merce in giacenza e le tasse da pagare – ha detto il coordinatore Anva Luigi Angilè -. Tutte queste chiusure e aperture ci stanno uccidendo. I contributi sono insufficienti e comunque non possiamo pensare di andare avanti con quelli: vogliamo lavorare anche in zona rossa con tutte le attenzioni necessarie, è anche per una questione di dignità. Anche per questo motivo ci dissociamo dalle proteste incivili, ma non possiamo continuare a essere considerati una categoria di serie C».
«Forse erano meglio i ristori del governo Conte – ha concluso Minicucci – almeno quelli, seppur elemosina, arrivavano direttamente. Oggi chi ha ricevuto tanto, ha ottenuto il 5% delle perdite. Posso fare l’esempio di una pizzeria della città che ha perso 120 mila euro e ha avuto un sostegno di 5000. Lo Stato ha obbligato a chiudere, a investire per adattare i locali alle norme anti Covid per poi imporre di chiudere ancora. Sembra tutta un’improvvisazione. Vogliamo lavorare con un anno senza tasse».