Coronavirus, l’industria novarese è in ginocchio. Secondo le previsioni congiunturali di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv) l’impatto è drammatico: per il trimestre aprile-giugno 2020 il saldo tra la percentuale degli imprenditori che, rispetto al trimestre precedente, si dichiarano ottimisti e quella di coloro che sono pessimisti sull’incremento della produzione subisce la riduzione più forte dell’ultimo decennio.
Nel territorio novarese da 9,5 a -26,8 punti, mentre la media regionale passa da -0,5 a -29,1 punti. In picchiata risultano anche i saldi ottimisti/pessimisti riferiti alle attese di nuovi ordini: da 8,7 a -30,1 punti a fronte di una media piemontese che passa da -0,5 a -33,8 punti. Fortemente negative anche le attese di ordini esteri, il cui saldo ottimisti/pessimisti crolla da 3,8 a -18,6 punti nel Novarese mentre in Piemonte cala da -1,7 a -25 punti.
«La situazione – commenta il presidente di Cnvv, Gianni Filippa – è sempre più preoccupante e il fatto che la soluzione, quantomeno a livello di scelte politiche, non sia ancora chiara sta mettendo serie ipoteche sul futuro del tessuto economico e sociale del territorio. Le nostre aziende hanno attivato tutti i protocolli per lavorare in sicurezza e devono poter riprendere le attività “convivendo” con il virus, perché i problemi dell’economia non riguardano soltanto i suoi operatori, ma tutto il corpo sociale, che se ne deve fare carico come di un’emergenza che è ormai pari a quella sanitaria. Perdiamo clienti ogni giorno, con un calo della redditività che a fine marzo era già stimato in oltre il 25%; in queste condizioni non possiamo resistere a lungo».
Anche il mercato del lavoro ha prospettive negative, con un saldo ottimisti/pessimisti relativo alle aspettative di nuova occupazione che scende da 12,7 a -8,1 punti in provincia di Novara con una media regionale in riduzione da 3,8 a -8,1 punti. La percentuale di imprese che già a fine marzo avevano dichiarato l’intenzione di ricorrere alla Cassa integrazione guadagni si impenna dal 4,1% al 24,8% a fronte di un dato regionale in aumento dal’11,4% al 31,9%.
«Pur con la massima cautela nella valutazione di queste stime, che già risentono di una elevata incertezza ma che potrebbero rivelarsi anche meno gravi dei dati reali – osserva il direttore di Cnvv, Aureliano Curini – il massiccio ricorso agli ammortizzatori sociali sta arginando, almeno temporaneamente, l’impatto sul mercato del lavoro. Il rischio è che, una volta terminata l’emergenza, l’onda lunga della pandemia abbia forti ripercussioni anche su questo fronte, che è molto più lento nel superare le fasi di difficoltà già all’interno di un ciclo economico “normale”. In questa fase è di fatto impossibile prevedere con quali problemi ci dovremo confrontare nei prossimi mesi e ogni ottimismo è del tutto fuori luogo».
La crisi paralizza anche gli investimenti, che vengono pianificati soltanto dal 23,8% delle aziende novaresi (rispetto al precedente 31,7%) con la media regionale in calo dal 24% al 18,6%.
A livello settoriale gli unici dati disponibili riguardano l’intero Piemonte: la metalmeccanica è uno dei comparti più colpiti dal calo della produzione (-25,5%); soffrono in particolare la metallurgia (-43,3%), l’industria elettrica (-36,0%), i macchinari e apparecchi (-25,3%) e l’automotive (-20,7%). Negativi anche il cartario-grafico e il legno (entrambi -60%), il tessile-abbigliamento (-46,2%), la gomma-plastica (-34,1%), la chimica (-16,7%), le manifatture varie (-28,2%), l’edilizia (-29,2%) e gli impiantisti (-22,6%). Solo l’alimentare limita la contrazione al -14,6%.
I dati vengono confermati anche a livello regionale dove, per oltre il 67% delle imprese, gli obiettivi per l’anno in corso non risultano più raggiungibili oppure si è resa necessaria una riorganizzazione del piano aziendale. A seguito dei provvedimenti del governo, solo il 27% delle circa 500 aziende coinvolte è rimasta totalmente aperta, l’84% sta facendo ricorso alla CIG, l’80% allo smart working.
«Questa indagine non fa che confermare i timori per il nostro sistema industriale, che sta perdendo 10 miliardi al mese – afferma il presidente di Confindustria Piemonte Fabio Ravanelli – e rende sempre più urgente una ripresa, regolamentata e graduale, delle attività in Piemonte, così come sul territorio nazionale. Tutti noi abbiamo ormai sviluppato una piena consapevolezza dei rischi e dei comportamenti più corretti, ma rimane utile ribadire ancora una volta che la condizione essenziale per la riapertura è il rispetto rigoroso e totale degli standard di sicurezza. Potranno riprendere solo quelle aziende che in questo periodo hanno avuto modo di predisporre tutte le misure necessarie a garantire la salute dei lavoratori. Con la piena applicazione dei protocolli, lavorare in azienda sarà più sicuro che andare al supermercato».