L’allarme di Filippa (Confindustria): «Profonda crisi economica. Ma non è solo colpa della guerra»

Il presidente di Cnvv interviene sugli squilibri che stanno investendo anche il nostro territorio. Confindustria Piemonte: «L’Italia sta pagando il prezzo più alto d’Europa»

«Chi pensa che la produzione industriale stia rallentando per colpa della guerra sbaglia: la guerra è solo un acceleratore drammatico, con costi di vite umane inimmaginabili, di una controtendenza in corso da tempo. Senza interventi immediati le imprese vanno verso la paralisi». Questo il commento del presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), Gianni Filippa che mette in guardia dalla profonda crisi economica che sta investendo anche il nostro territorio.

«Quello che ci preoccupa è la mancata percezione, da parte di molti, di quello che potremmo dover affrontare tra qualche mese – prosegue Filippa – aumento delle aziende in cassa integrazione, attività dell’indotto quasi completamente ferme, meno redditi disponibili; l’incremento delle spese fisse legate ai maggiori costi energetici comporterà anche una riduzione dei consumi e una minore propensione a spendere da parte delle famiglie. Fin dall’autunno scorso Confindustria segnalava il rallentamento delle attività economiche dopo il rimbalzo post pandemia; ora rischiamo di andare incontro a una recessione accompagnata da inflazione, che è quanto di peggio ci possa capitare senza interventi strutturali. Le nostre aziende sono ostaggio di strozzature nella fornitura di materie prime, con rincari generalizzati e fuori controllo, e di prezzi energetici alle stelle».

«Chiediamo dunque misure strutturali in ambito energetico, come un tetto al prezzo del gas, che rispecchi il costo all’origine e sia frutto di contratti a medio/lungo termine anziché della speculazione e un prezzo dell’elettricità che non sia fissato in base all’impianto meno performante – conclude Filippa -. Per quanto riguarda il carburante, invece, ricordo che in nessun altro Paese europeo accise e Iva sono pari al 123% del costo finale. Per dare un segnale positivo al nostro sistema produttivo si dovrebbe potenziare “Industria 4.0”, aumentare il credito di imposta per ricerca e sviluppo e ridurre il cuneo fiscale; serve anche un riordino della tassazione, con l’abolizione dell’Irap e un’Ires fissa al 15%, con un’addizionale del 9% per chi preferisce distribuire gli utili rispetto a chi li reinveste in azienda. Ricordo che durante la pandemia il sistema produttivo ha letteralmente “sostenuto” il nostro Paese, raggiungendo nel 2021 livelli record di export».

Contestualmente il presidente di Confindustria Piemonte, Marco Gay, insieme ai colleghi di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna boccia il Decreto Energia. «Pur nella consapevolezza che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia, nel decreto manca la determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo – commenta -. Tra le imprese del Nord c’è fortissima preoccupazione: occorre intervenire immediatamente, con
ogni misura possibile e sostenibile, per compensare l’aumento dei costi dell’energia. L’Italia e la sua industria stanno pagando il prezzo più alto d’Europa. La trasparenza del mercato energetico deve poter permettere di legare al costo delle forniture il prezzo al cliente, non ai valori oscillatori delle speculazioni quotidiane. Anche il sistema fiscale che grava sui prodotti energetici va reso lineare. Non è possibile che le imposte raddoppino il costo del carburante e siano la sommatoria di accise accumulate nei decenni senza più alcun riferimento alla situazione attuale. La scelta di intervenire con “sconti” e ristori temporanei limitati nel tempo e negli impatti, poi, è in contrasto con le previsioni, anche quelle meno pessimistiche, di alti livelli dei prezzi sui mercati energetici prolungati nel tempo».

«Sono poi irricevibili, causa insostenibilità, le ipotesi o gli scenari di riduzione “teorici” dei consumi energetici dell’industria – aggiunge Gay insieme ai colleghi -. Le strategie europee, costruite e calate dall’alto, vanno riviste in una logica di transizione “sostenibile”, non di obiettivi astratti irraggiungibili per tutti i settori industriali. La transizione va discussa, condivisa e programmata insieme all’industria. Il Paese deve definire rapidamente un vero e proprio Piano Energetico nazionale che preveda un nuovo mix di forniture e fonti. Occorre accelerare la realizzazione degli impianti di rinnovabili sbloccando gli iter autorizzativi. Contemporaneamente è indispensabile accelerare l’aumento del prelievo nazionale di gas. Il PNRR può essere parzialmente rivisto e rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli
investimenti in campo energetico».

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L’allarme di Filippa (Confindustria): «Profonda crisi economica. Ma non è solo colpa della guerra»

Il presidente di Cnvv interviene sugli squilibri che stanno investendo anche il nostro territorio. Confindustria Piemonte: «L’Italia sta pagando il prezzo più alto d’Europa»

«Chi pensa che la produzione industriale stia rallentando per colpa della guerra sbaglia: la guerra è solo un acceleratore drammatico, con costi di vite umane inimmaginabili, di una controtendenza in corso da tempo. Senza interventi immediati le imprese vanno verso la paralisi». Questo il commento del presidente di Confindustria Novara Vercelli Valsesia (Cnvv), Gianni Filippa che mette in guardia dalla profonda crisi economica che sta investendo anche il nostro territorio.

«Quello che ci preoccupa è la mancata percezione, da parte di molti, di quello che potremmo dover affrontare tra qualche mese – prosegue Filippa – aumento delle aziende in cassa integrazione, attività dell’indotto quasi completamente ferme, meno redditi disponibili; l’incremento delle spese fisse legate ai maggiori costi energetici comporterà anche una riduzione dei consumi e una minore propensione a spendere da parte delle famiglie. Fin dall’autunno scorso Confindustria segnalava il rallentamento delle attività economiche dopo il rimbalzo post pandemia; ora rischiamo di andare incontro a una recessione accompagnata da inflazione, che è quanto di peggio ci possa capitare senza interventi strutturali. Le nostre aziende sono ostaggio di strozzature nella fornitura di materie prime, con rincari generalizzati e fuori controllo, e di prezzi energetici alle stelle».

«Chiediamo dunque misure strutturali in ambito energetico, come un tetto al prezzo del gas, che rispecchi il costo all’origine e sia frutto di contratti a medio/lungo termine anziché della speculazione e un prezzo dell’elettricità che non sia fissato in base all’impianto meno performante – conclude Filippa -. Per quanto riguarda il carburante, invece, ricordo che in nessun altro Paese europeo accise e Iva sono pari al 123% del costo finale. Per dare un segnale positivo al nostro sistema produttivo si dovrebbe potenziare “Industria 4.0”, aumentare il credito di imposta per ricerca e sviluppo e ridurre il cuneo fiscale; serve anche un riordino della tassazione, con l’abolizione dell’Irap e un’Ires fissa al 15%, con un’addizionale del 9% per chi preferisce distribuire gli utili rispetto a chi li reinveste in azienda. Ricordo che durante la pandemia il sistema produttivo ha letteralmente “sostenuto” il nostro Paese, raggiungendo nel 2021 livelli record di export».

Contestualmente il presidente di Confindustria Piemonte, Marco Gay, insieme ai colleghi di Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna boccia il Decreto Energia. «Pur nella consapevolezza che l’intero sistema industriale italiano è a rischio paralisi tra aumenti delle materie prime, difficoltà di approvvigionamento delle forniture e costo dell’energia, nel decreto manca la determinazione di cui c’è assoluto bisogno in periodi eccezionali come quelli che stiamo vivendo – commenta -. Tra le imprese del Nord c’è fortissima preoccupazione: occorre intervenire immediatamente, con
ogni misura possibile e sostenibile, per compensare l’aumento dei costi dell’energia. L’Italia e la sua industria stanno pagando il prezzo più alto d’Europa. La trasparenza del mercato energetico deve poter permettere di legare al costo delle forniture il prezzo al cliente, non ai valori oscillatori delle speculazioni quotidiane. Anche il sistema fiscale che grava sui prodotti energetici va reso lineare. Non è possibile che le imposte raddoppino il costo del carburante e siano la sommatoria di accise accumulate nei decenni senza più alcun riferimento alla situazione attuale. La scelta di intervenire con “sconti” e ristori temporanei limitati nel tempo e negli impatti, poi, è in contrasto con le previsioni, anche quelle meno pessimistiche, di alti livelli dei prezzi sui mercati energetici prolungati nel tempo».

«Sono poi irricevibili, causa insostenibilità, le ipotesi o gli scenari di riduzione “teorici” dei consumi energetici dell’industria – aggiunge Gay insieme ai colleghi -. Le strategie europee, costruite e calate dall’alto, vanno riviste in una logica di transizione “sostenibile”, non di obiettivi astratti irraggiungibili per tutti i settori industriali. La transizione va discussa, condivisa e programmata insieme all’industria. Il Paese deve definire rapidamente un vero e proprio Piano Energetico nazionale che preveda un nuovo mix di forniture e fonti. Occorre accelerare la realizzazione degli impianti di rinnovabili sbloccando gli iter autorizzativi. Contemporaneamente è indispensabile accelerare l’aumento del prelievo nazionale di gas. Il PNRR può essere parzialmente rivisto e rimodulato in funzione della necessità di sostenere gli
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