Notari (Confindustria): «Due anni per la ripresa ma Novara non è tra le città peggiori»

I dati forniti dalle associazioni di categoria dicono che nel 2020, a causa del Covid, c’è stato un crollo dei consumi del 10,8%, pari a una perdita di 120 miliardi di euro rispetto al 2019. Si stima la chiusura di oltre 390 mila imprese a fronte di 85 mila nuove aperture. Tra i settori più colpiti ci sono agenzie di viaggio (-21,7%), abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%). Questi i dati nazionali, ma come è la situazione a livello regionale e ancora di più locale? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Notari, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Piemonte.

«I dati del Piemonte non si discostano da quelli nazionali – afferma – prevediamo che ci sia una perdita del 10% del Pil e che ci vorranno due anni prima per tornare ai livelli pre crisi, questo perché il rimbalzo del 2021 non sarà così alto: si ha paura di una terza ondata e c’è ancora grande incertezza. I settori industriale e manifatturiero hanno retto meglio rispetto al terziario dove si sono verificate le maggiori chiusure. Per quanto riguarda Novara, invece, rispetto ad altre zone del Piemonte, sembra che il saldo tra positivi e negativi, per quanto riguarda le prospettive del 2021, non sia così nefasto: è, infatti, una delle poche che crede possa esserci una ripresa anche grazie alla vicinanza con la Lombardia. L’indagine congiunturale del terzo trimestre (il quarto deve ancora essere pubblicato) dice che la rubinetteria non si è mai fermarta grazie al 60% di ordini provenienti dall’estero; più critici, invece, il chimico, il tessile e il metalmeccanico. Anche l’industria alimentare è andata molto bene con un +13.4% soprattutto in quest’ultimo periodo in seguito al “lockdown” delle feste: le persone hanno acquistato di più e, quindi, è già previto un calo dei consumi nei primi mesi del 2021. Per tutti gli altri settori si prevede un inizio di anno stazionario».

 

 

Anche il terziario novarese è allineato con il resto d’Italia?
La situazione non è delle migliori: basta fare un giro per la città e vedere quante sono le attività che hanno chiuso. La crisi è palpabile.

Per dare una mano alla ripresa siamo in attesa delle risorse europee. Ma arriveranno davvero?
Arriveranno nella misura in cui lo Stato sarà in grado di presentare progetti realmente convincenti per l’Europa. A oggi, però, il piano mi sembra un po’ fumoso. Confindustria sta lavorando con la Regione per scrivere progetti strategici che sono stati presentati dal governatore Cirio nell’ultima Conferenza stato regioni e il 60% dei lavori sono stati validati. Un percorso che dovrebbero fare tutte le regioni; uno dei requisiti richiesti, ad esempio, è la cantierabilità dei progetti: ci siamo messi al tavolo, abbiamo visto quali tra quelli presentati negli anni scorsi erano fermi ma ancora strategici e li abbiamo riproposti.

Ce ne sono sul territorio di Novara?
Al momento l’unico noto è il Polo del Well Living di Comoli Ferrari, inserito nel Next Generation EU, ma non mi posso esprimere perché non ho ancora visto il progetto. Credo, comunque, che possa avere delle potenzialità nel momento in cui diventerà un polo di ricerca collegato ai centri universitari.

Cosa pensa Confindustria del Next Generation EU (Piano per la ripresa dell’Europa)?
Ci sono molte perplessità. Per esempio, da quello che si legge, sono stati destinati solo 9 miliardi sulla salute: o si è deciso di non investire sulla sanità pubblica nonostante si è visto quanto sia fragile il sistema oppure si lascia uno spiraglio con i 38 miliardi in arrivo dal Mes e ciò significa che il governo ha deciso di accedere. Innovazione e ricerca contano poco più di 4 miliardi e 4,8 telemedicina, davvero poco. Mesi fa avevamo fatto presente quanto fosse necessario accedere al Mes sanitario per evitare una seconda ondata: non è stato fatto e ora la paura è di entrare in una terza ondata di essere in ritardo un’altra volta.

In prospettiva di una ripresa, qual è il ruolo svolto delle banche?
La situazione è complicata però devo dire che gli istituti bancari si sono resi conto negli ultimi mesi che c’era una problema di liquidità e hanno dato una mano agli imprenditori. È possibile fare di più? La risposta è sì perchè pensiamo sia doveroso: sono state messe in campo delle politiche espansive finanziarie anche per il 2021, la Banca d’Italia ha immesso liquidità con l’acquisto dei titoli di Stato proprio allo scopo di combattere il costo del denaro. C’è consapevolezza che si sta affacciando a una ripresa ma per renderla tale è necessario dare un aiuto alle aziende che hanno possibilità di crescita.

Comparti che avrebbero potenzialità ma che sono stati abbadonati a loro stessi sono quelli della cultura e del turismo. Si stima che circa 200 mila professionisti nel settore delle attività artistiche saranno costretti a cambiare lavoro. 
Per questi due settori si parla di 3,1 miliardi di finanziamento all’interno della digitalizzazione. Io penso che tutti i comparti siano strategici perché tutti aiutano a portare una quota parte di Pil. Per quanto riguarda la cultura credo che sarà importante studiare percorsi di riqualificazione e reinserimento all’interno di un mercato in profonda trasformazione. Penso a percorsi digitali da remoto di cui Novara è stata una promotrice.

La digitalizzazione, però, prevede che ci siano infrastrutture con investimenti importanti.
Vero. Confindustria, infatti, ha notato che negli ultimi anni le aziende che hanno ricevuto incentivi per il 4.0 si sono adeguate; abbiamo dunque chiesto di rifinanziare e il piano è stato prorogato. La digitalizzazione è una delle mission trainanti del Piano nazionale per la ripresa e i 365 miliardi previsti potranno essere investiti in competitività. In Italia paghiamo un ritardo di anni negli investimenti infrastrutturali che abbiamo cercato di colmare con la banda larga, ma dobbiamo ancora migliorarci.

Lo stesso discorso si potrebbe fare per l’automotive?
Si va sempre di più verso una Green new deal dettata dall’Europa scoprendo che non esiste solo l’elettrico, ma anche altri sistemi come l’idrogeno. Questo è uno dei progetti che abbiamo portato avanti come Confindustria e che Cirio ha presentato alla Conferenza stato regioni: un finanziamento di 150 milioni di euro per la creazione della Hydrogen Valley che dovrebbe sorgere nelle zone limitrofe di Torino (leggi qui). Dobbiamo essere al passo con i tempi riqualificando le persone per poterle reinserire in un mercato del lavoro che sarà sempre più digitale ma soprattuto innovativo.

Nel 2021 sono in programma le elezioni comunali. Cosa si aspetta Confindustria dalla prossima amministrazione?
Devo ammettere che il sindaco è stato molto presente durante la pandemia. Di qualunque colore politico sarà il nuovo governo della città, auspico un dialogo maggiore con il comparto industriale per definire al meglio gli investimenti su progetti che potenzialmente possono piacere all’Europa. L’amministrazione deve mettere il veto sui lavori realmente spendibili sul territorio perché deve compiere scelte di indirizzo politico, ma noi come tecnici ed esperti del settore dobbiamo essere presi in considerazione per fare proposte concrete in quanto, meglio di altri, sappiamo quali sono i comparti trainanti o che, se aiutati, possono dare una maggiore valorizzazione territoriale.

Questa amministrazione, e il sindaco in particolare, è stata accusata di essersi messa troppo nelle mani dei privati? Cosa pensa?
Io credo che Canelli abbia fatto delle valutazioni coerenti; ricordo alcuni dialoghi negli ultimi mesi in cui, in più occasioni, ha avuto dubbi e si è riservato di valutare le proposte. Penso che se si aprirà una stagione di maggiori proposte vagliate da scelte politiche si andrà nella giusta direzione.

Per fare un esempio: negli ultimi giorni si è discusso del nuovo statuto della Fondazione castello di cui Confindustria è tra i soci fondatori.
È una locatiom che va ripensata accompagnandola da solide politiche turistiche sulla città e sulla provincia. Se il territorio non viene adeguatamente sponsorizzato e comunicato verso l’esterno, non viene nemmeno conosciuto. Gli interventi fatti finora l’hanno portato a uno splendore moderno ed è proprio in questa direzione che la cultura deve essere accompagnata da servizi legati, ad esempio, alla ristorazione dando agevolazioni a chi vuole investire. È l’unico modo per cambiare rotta e diventare attrattivi.


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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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I dati forniti dalle associazioni di categoria dicono che nel 2020, a causa del Covid, c’è stato un crollo dei consumi del 10,8%, pari a una perdita di 120 miliardi di euro rispetto al 2019. Si stima la chiusura di oltre 390 mila imprese a fronte di 85 mila nuove aperture. Tra i settori più colpiti ci sono agenzie di viaggio (-21,7%), abbigliamento e calzature (-17,1%), ambulanti (-11,8%) e distributori di carburante (-10,1%), bar e ristoranti (-14,4%) e trasporti (-14,2%). Questi i dati nazionali, ma come è la situazione a livello regionale e ancora di più locale? Lo abbiamo chiesto ad Andrea Notari, presidente dei giovani imprenditori di Confindustria Piemonte.

«I dati del Piemonte non si discostano da quelli nazionali – afferma – prevediamo che ci sia una perdita del 10% del Pil e che ci vorranno due anni prima per tornare ai livelli pre crisi, questo perché il rimbalzo del 2021 non sarà così alto: si ha paura di una terza ondata e c’è ancora grande incertezza. I settori industriale e manifatturiero hanno retto meglio rispetto al terziario dove si sono verificate le maggiori chiusure. Per quanto riguarda Novara, invece, rispetto ad altre zone del Piemonte, sembra che il saldo tra positivi e negativi, per quanto riguarda le prospettive del 2021, non sia così nefasto: è, infatti, una delle poche che crede possa esserci una ripresa anche grazie alla vicinanza con la Lombardia. L’indagine congiunturale del terzo trimestre (il quarto deve ancora essere pubblicato) dice che la rubinetteria non si è mai fermarta grazie al 60% di ordini provenienti dall’estero; più critici, invece, il chimico, il tessile e il metalmeccanico. Anche l’industria alimentare è andata molto bene con un +13.4% soprattutto in quest’ultimo periodo in seguito al “lockdown” delle feste: le persone hanno acquistato di più e, quindi, è già previto un calo dei consumi nei primi mesi del 2021. Per tutti gli altri settori si prevede un inizio di anno stazionario».

 

 

Anche il terziario novarese è allineato con il resto d’Italia?
La situazione non è delle migliori: basta fare un giro per la città e vedere quante sono le attività che hanno chiuso. La crisi è palpabile.

Per dare una mano alla ripresa siamo in attesa delle risorse europee. Ma arriveranno davvero?
Arriveranno nella misura in cui lo Stato sarà in grado di presentare progetti realmente convincenti per l’Europa. A oggi, però, il piano mi sembra un po’ fumoso. Confindustria sta lavorando con la Regione per scrivere progetti strategici che sono stati presentati dal governatore Cirio nell’ultima Conferenza stato regioni e il 60% dei lavori sono stati validati. Un percorso che dovrebbero fare tutte le regioni; uno dei requisiti richiesti, ad esempio, è la cantierabilità dei progetti: ci siamo messi al tavolo, abbiamo visto quali tra quelli presentati negli anni scorsi erano fermi ma ancora strategici e li abbiamo riproposti.

Ce ne sono sul territorio di Novara?
Al momento l’unico noto è il Polo del Well Living di Comoli Ferrari, inserito nel Next Generation EU, ma non mi posso esprimere perché non ho ancora visto il progetto. Credo, comunque, che possa avere delle potenzialità nel momento in cui diventerà un polo di ricerca collegato ai centri universitari.

Cosa pensa Confindustria del Next Generation EU (Piano per la ripresa dell’Europa)?
Ci sono molte perplessità. Per esempio, da quello che si legge, sono stati destinati solo 9 miliardi sulla salute: o si è deciso di non investire sulla sanità pubblica nonostante si è visto quanto sia fragile il sistema oppure si lascia uno spiraglio con i 38 miliardi in arrivo dal Mes e ciò significa che il governo ha deciso di accedere. Innovazione e ricerca contano poco più di 4 miliardi e 4,8 telemedicina, davvero poco. Mesi fa avevamo fatto presente quanto fosse necessario accedere al Mes sanitario per evitare una seconda ondata: non è stato fatto e ora la paura è di entrare in una terza ondata di essere in ritardo un’altra volta.

In prospettiva di una ripresa, qual è il ruolo svolto delle banche?
La situazione è complicata però devo dire che gli istituti bancari si sono resi conto negli ultimi mesi che c’era una problema di liquidità e hanno dato una mano agli imprenditori. È possibile fare di più? La risposta è sì perchè pensiamo sia doveroso: sono state messe in campo delle politiche espansive finanziarie anche per il 2021, la Banca d’Italia ha immesso liquidità con l’acquisto dei titoli di Stato proprio allo scopo di combattere il costo del denaro. C’è consapevolezza che si sta affacciando a una ripresa ma per renderla tale è necessario dare un aiuto alle aziende che hanno possibilità di crescita.

Comparti che avrebbero potenzialità ma che sono stati abbadonati a loro stessi sono quelli della cultura e del turismo. Si stima che circa 200 mila professionisti nel settore delle attività artistiche saranno costretti a cambiare lavoro. 
Per questi due settori si parla di 3,1 miliardi di finanziamento all’interno della digitalizzazione. Io penso che tutti i comparti siano strategici perché tutti aiutano a portare una quota parte di Pil. Per quanto riguarda la cultura credo che sarà importante studiare percorsi di riqualificazione e reinserimento all’interno di un mercato in profonda trasformazione. Penso a percorsi digitali da remoto di cui Novara è stata una promotrice.

La digitalizzazione, però, prevede che ci siano infrastrutture con investimenti importanti.
Vero. Confindustria, infatti, ha notato che negli ultimi anni le aziende che hanno ricevuto incentivi per il 4.0 si sono adeguate; abbiamo dunque chiesto di rifinanziare e il piano è stato prorogato. La digitalizzazione è una delle mission trainanti del Piano nazionale per la ripresa e i 365 miliardi previsti potranno essere investiti in competitività. In Italia paghiamo un ritardo di anni negli investimenti infrastrutturali che abbiamo cercato di colmare con la banda larga, ma dobbiamo ancora migliorarci.

Lo stesso discorso si potrebbe fare per l’automotive?
Si va sempre di più verso una Green new deal dettata dall’Europa scoprendo che non esiste solo l’elettrico, ma anche altri sistemi come l’idrogeno. Questo è uno dei progetti che abbiamo portato avanti come Confindustria e che Cirio ha presentato alla Conferenza stato regioni: un finanziamento di 150 milioni di euro per la creazione della Hydrogen Valley che dovrebbe sorgere nelle zone limitrofe di Torino (leggi qui). Dobbiamo essere al passo con i tempi riqualificando le persone per poterle reinserire in un mercato del lavoro che sarà sempre più digitale ma soprattuto innovativo.

Nel 2021 sono in programma le elezioni comunali. Cosa si aspetta Confindustria dalla prossima amministrazione?
Devo ammettere che il sindaco è stato molto presente durante la pandemia. Di qualunque colore politico sarà il nuovo governo della città, auspico un dialogo maggiore con il comparto industriale per definire al meglio gli investimenti su progetti che potenzialmente possono piacere all’Europa. L’amministrazione deve mettere il veto sui lavori realmente spendibili sul territorio perché deve compiere scelte di indirizzo politico, ma noi come tecnici ed esperti del settore dobbiamo essere presi in considerazione per fare proposte concrete in quanto, meglio di altri, sappiamo quali sono i comparti trainanti o che, se aiutati, possono dare una maggiore valorizzazione territoriale.

Questa amministrazione, e il sindaco in particolare, è stata accusata di essersi messa troppo nelle mani dei privati? Cosa pensa?
Io credo che Canelli abbia fatto delle valutazioni coerenti; ricordo alcuni dialoghi negli ultimi mesi in cui, in più occasioni, ha avuto dubbi e si è riservato di valutare le proposte. Penso che se si aprirà una stagione di maggiori proposte vagliate da scelte politiche si andrà nella giusta direzione.

Per fare un esempio: negli ultimi giorni si è discusso del nuovo statuto della Fondazione castello di cui Confindustria è tra i soci fondatori.
È una locatiom che va ripensata accompagnandola da solide politiche turistiche sulla città e sulla provincia. Se il territorio non viene adeguatamente sponsorizzato e comunicato verso l’esterno, non viene nemmeno conosciuto. Gli interventi fatti finora l’hanno portato a uno splendore moderno ed è proprio in questa direzione che la cultura deve essere accompagnata da servizi legati, ad esempio, alla ristorazione dando agevolazioni a chi vuole investire. È l’unico modo per cambiare rotta e diventare attrattivi.


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