Ravanelli, Confindustria: «Urgente una rinascita, pur nel rispetto maniacale delle regole»

«In questo gravissimo contesto, la salute è certamente il bene primario e ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell’epidemia è cruciale. Le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modo grave, imprevedibile fino a poche settimane fa. Stiamo facendo grandi sacrifici, che mai avremmo pensato ci sarebbero stati richiesti, che implicano la limitazione di alcune libertà che abbiamo sempre dato per scontate. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinché non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di riaprire in sicurezza le imprese».

Se le quattro principali regioni del nord (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), che rappresentano il 45% del Pil italiano, non potranno ripartire nel breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia. Nella giornata di ieri, infatti, le quattro Confindustrie hanno sottoscritto un’agenda poi sottoposta al governo chiedendo di fare presto. Serve una politica attiva che, a fianco della gestione dell’emergenza sanitaria ritenuta prioritaria, elabori un piano di ripresa graduale economica e sociale che cerchi di salvare il salvabile di un Paese allo stremo se non prossimo al fallimento.

 

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Ne è convinto Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte, quando parla di «rinascita, pur nel rispetto maniacale delle regole. Non ho sentito dire dal governo che le riaperture saranno scaglionate a seconda delle aree, ma che le decisioni saranno prese su base nazionale. D’altronde diversamente si creerebbero troppi squilibri tra le regioni e questo porterebbe più male che bene».

Una riapertura che Ravanelli prevede essere molto lenta: «Immagino che si prediligerà l’attività economica che rischia letteralmente di morire, penso ad esempio alle filiere che fanno export di beni intermedi, oppure al comparto automotive tra i più importanti in Piemonte che ha perso l’85%; per non parlare del settore fieristico, della convegnistica e del turismo che raggiunto perdite vicine al 100%».

Secondo il presidente «siamo tutti protagonisti di questa situazione e ognuno può dare il proprio contributo. Per questo motivo dobbiamo avere un rigore maniacale nel rispetto delle norme di sicurezza: ci vuole grande sforzo di volontà e noi imprenditori siamo in prima linea a dare queste garanzie purchè si riapra. Siamo disponibili a mettere in atto norme ancora più restrittive e a dire alle aziende che, anche solo per motivi logistici non possono assicurare queste stesse regole, di restare chiuse fino alla risoluzione del problema sanitario».

Su quello che succederà in Piemonte, dove il numero dei contagi non accenna a diminuire, Ravanelli afferma: «Ripeto, le riaperture saranno su base nazionale: sono sicuro che i dati regionali saranno analizzati e se ritenuti distonici rispetto alla media nazionale non escludo che possano essere introdotte misure più stringenti. Mi sto confrontando con i miei colleghi delle altre tre regioni del nord e tutti manifestiamo grandissima preoccupazioni: prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare, con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese».

 

 

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Ravanelli, Confindustria: «Urgente una rinascita, pur nel rispetto maniacale delle regole»

«In questo gravissimo contesto, la salute è certamente il bene primario e ogni contributo affinché si possano alleviare e contrastare le conseguenze dell’epidemia è cruciale. Le relazioni sociali ed economiche sono colpite in modo grave, imprevedibile fino a poche settimane fa. Stiamo facendo grandi sacrifici, che mai avremmo pensato ci sarebbero stati richiesti, che implicano la limitazione di alcune libertà che abbiamo sempre dato per scontate. Dobbiamo tuttavia essere consapevoli che all’emergenza sanitaria seguirà una profonda crisi economica: dobbiamo quindi essere in grado di affrontarla affinché non si trasformi in depressione e per farlo abbiamo bisogno innanzitutto di riaprire in sicurezza le imprese».

Se le quattro principali regioni del nord (Piemonte, Lombardia, Veneto ed Emilia Romagna), che rappresentano il 45% del Pil italiano, non potranno ripartire nel breve periodo il Paese rischia di spegnere definitivamente il proprio motore e ogni giorno che passa rappresenta un rischio in più di non riuscire più a rimetterlo in marcia. Nella giornata di ieri, infatti, le quattro Confindustrie hanno sottoscritto un’agenda poi sottoposta al governo chiedendo di fare presto. Serve una politica attiva che, a fianco della gestione dell’emergenza sanitaria ritenuta prioritaria, elabori un piano di ripresa graduale economica e sociale che cerchi di salvare il salvabile di un Paese allo stremo se non prossimo al fallimento.

 

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Ne è convinto Fabio Ravanelli, presidente di Confindustria Piemonte, quando parla di «rinascita, pur nel rispetto maniacale delle regole. Non ho sentito dire dal governo che le riaperture saranno scaglionate a seconda delle aree, ma che le decisioni saranno prese su base nazionale. D’altronde diversamente si creerebbero troppi squilibri tra le regioni e questo porterebbe più male che bene».

Una riapertura che Ravanelli prevede essere molto lenta: «Immagino che si prediligerà l’attività economica che rischia letteralmente di morire, penso ad esempio alle filiere che fanno export di beni intermedi, oppure al comparto automotive tra i più importanti in Piemonte che ha perso l’85%; per non parlare del settore fieristico, della convegnistica e del turismo che raggiunto perdite vicine al 100%».

Secondo il presidente «siamo tutti protagonisti di questa situazione e ognuno può dare il proprio contributo. Per questo motivo dobbiamo avere un rigore maniacale nel rispetto delle norme di sicurezza: ci vuole grande sforzo di volontà e noi imprenditori siamo in prima linea a dare queste garanzie purchè si riapra. Siamo disponibili a mettere in atto norme ancora più restrittive e a dire alle aziende che, anche solo per motivi logistici non possono assicurare queste stesse regole, di restare chiuse fino alla risoluzione del problema sanitario».

Su quello che succederà in Piemonte, dove il numero dei contagi non accenna a diminuire, Ravanelli afferma: «Ripeto, le riaperture saranno su base nazionale: sono sicuro che i dati regionali saranno analizzati e se ritenuti distonici rispetto alla media nazionale non escludo che possano essere introdotte misure più stringenti. Mi sto confrontando con i miei colleghi delle altre tre regioni del nord e tutti manifestiamo grandissima preoccupazioni: prolungare il lockdown significa continuare a non produrre, perdere clienti e relazioni internazionali, non fatturare, con l’effetto che molte imprese finiranno per non essere in grado di pagare gli stipendi del prossimo mese».

 

 

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