Mercoledi 21 giugno alle 21, Alessandro Delfanti, professore associato all’Università di Toronto, dove insegna Politiche dei media e della tecnologia sarà ospite al Circolo della fratellanza.
Delfanti è autore di “Biohacker. Scienza aperta e società dell’informazione” (Elèuthera, 2013) e di “Introduzione ai media digitali” (Il Mulino, 2016; con Adam Arvidsson). Per l’occasione il professore affronterà diversi punti partendo dalla analisi del modello Amazon, affrontando il nodo cruciale dell’economia digitale: il rapporto contraddittorio tra automazione e lavoro umano.
La brutale realtà lavorativa dei magazzini di Amazon, fatta di ritmi insostenibili, tattiche antisindacali aggressive e sorveglianza digitale, non è più un mistero, come testimoniato da numerose inchieste giornalistiche. Queste, per quanto necessarie, non restituiscono però la portata storica di quello che sta succedendo nei centri logistici del colosso di Seattle sparsi in mezzo mondo. Oggi sono loro, infatti, gli avamposti del capitalismo, come negli anni Sessanta e Settanta del Novecento lo furono le fabbriche del Nord Italia che alimentarono il boom economico.
Ed è proprio tra le mura dei magazzini di Amazon che si sta ridefinendo il nuovo rapporto, conflittuale, tra capitale e lavoro. Alessandro Delfanti li ha visitati, questi magazzini, e ha intervistato decine di dipendenti ed ex dipendenti. Il racconto che emerge dalle pagine del suo libro diventa l’innesco per una riflessione che arriva al cuore del capitalismo digitale contemporaneo e ne mette a nudo la contraddizione più importante: la tecnologia e l’automazione non mirano a sostituire il lavoro umano, bensì a misurarlo e sottometterlo. Qualcosa però sta cambiando, come hanno dimostrato gli scioperi degli ultimi anni. E una resistenza è possibile.