Giovedì 10 novembre alle 17.45, gli sconfinamenti tra storia e letteratura a cura di Anna Cardano sono dedicati alla tragedia ucraina dell’Holodomor a partire da “Maria. Storia di una vita” di Ulas Samchuk (Edizioni Clichy).
Il romanzo è una cronaca straziante del genocidio ucraino perpetrato da Stalin nel 1932-33 di uno dei più grandi scrittori ucraini del Novecento. Inedito in italiano, è un classico che torna prepotentemente attuale e spiega molto dell’odierna guerra tra Russia e Ucraina. Si tratta del primo romanzo che racconta i fatti terribili dello sterminio ucraino (l’Holodomor) del 1932-1933, provocato dalla carestia e dalle sistematiche persecuzioni e deportazioni ordinate da Stalin. Pubblicato per la prima volta nel 1934 a Leopoli, venne subito censurato dal regime sovietico e soltanto dopo il 1991 quest’opera è potuta arrivare ai lettori ucraini. In Italia giunge ora, nel 2022, mentre si rinnovano ancora una volta il genocidio e l’esodo del popolo ucraino. Samchuk innesta la sua straziante narrazione sullo sfondo politico dell’Unione Sovietica di Stalin, con l’industrializzazione forzata, la collettivizzazione delle proprietà agricole, i gulag, le misure coercitive, la carestia e la fame, e il romanzo segue questa vertigine di annientamento con tragica asciuttezza.
Samchuk nacque in una famiglia di contadini il 20 febbraio del 1905, nel villaggio di Derman. Dal 1917 al 1920 studiò nella scuola elementare del paese natio. Tra il 1921 e il 1925 studiò presso il ginnasio Kremenets, che era una scuola privata ucraina. Prima del termine della scuola secondaria, fu chiamato alle armi nell’esercito (Wojska Lądowe) nel 1927, e nell’agosto dello stesso anno disertò, fuggendo in Germania. Dapprima lavorò consegnando carbone. Poi, con l’aiuto di una solidale famiglia tedesca, Samchuk continuò i suoi studi all’Università di Breslavia. Nel 1929, si trasferì a Praga, in Cecoslovacchia. Qui fu attratto dalla vivace comunità ucraina cittadina e dalla Libera Università Ucraina a cui s’iscrisse, e dove fu attivo nella Società accademica studentesca e si laureò nel 1931. Ulas Samchuk considerava Oleksandr Oles, Spiridon Cherkasenko, Oleksa Stefanovych, Oksana Lyaturynska, Oleg Olzhych, Mykhailo Mukhyn, Mykola Butovych, Robert Lisovsky, Stepan Smal-Stotsky, e Dmytro Doroshenko come le persone al centro della sua vita a Praga in quel periodo. In 1932, mentre si trovava a Praga, Samchuk venne a conoscenza della carestia Holodomor, perciò, ritornò nell’Ucraina sovietica per testimoniare di prima mano l’orrore di questa condizione. Scrisse dunque il romanzo “Maria” (1934), la prima opera letteraria incentrata sul tema della carestia, e una commovente rappresentazione della vita in un villaggio a quel tempo. Nel 1937, per iniziativa di Yevhen Konovalets, fu istituito l’ufficio culturale del direttivo nazionalista Ucraino capeggiato da Oleh Olzhych. Praga divenne il centro dell’ufficio culturale, e una delle principali istituzioni fu la Sezione degli artisti, scrittori e giornalisti, presieduta da Samchuk. Nel 1941 questi ritornò a Volyn come membro di uno dei gruppi dell’ultrazionalista Organizzazione dei Nazionalisti Ucraini, e qui, tra il 1941 e il 1942, lavorò come editore del giornale filonazista Volyn, prima di fuggire nella Germania nazista nel 1944, dove fondò e diresse l’organizzazione letterario-artistica MUR fino al 1948. Quello stesso anno, emigrò in Canada e divenne il direttore dell’Associazione Slovo degli Scrittori Ucraini in esilio. Samchuk morì a Toronto il 9 luglio del 1987. Fu sepolto nel Cimitero Ucraino di San Volodymyr a Oakville, Ontario.