Dalle risaie alla basilica, Novara Jazz chiude il primo weekend

I concerti di sabato e domenica dal teatro di Tornaco alla basilica di San Gaudenzio

Una volta arrivato sul palco del piccolo teatro di Tornaco, un paesino in mezzo al mare della risaie della bassa novarese, Michele Dal Lago rifila una bella battuta al numeroso pubblico che sabato ha seguito anche qui la carovana di Novara Jazz: “Dopo un bel po’ di jazz di ricerca, sentire qualche canzone fa sempre bene».

Inizia così il primo sabato (3 giugno) della stagione estiva di Novara Jazz. La battuta (ma non troppo) di Dal Lago suscita risate tra il pubblico. In realtà, battute a parte, Novara Jazz ha riservato in questo primo lungo weekend concerti e assoli di ottima qualità, anche se è evidente che il jazz di ricerca, per usare quello che è poco più che un modo di dire, necessita di concentrazione e di un appassionato desiderio di mettersi in gioco, cosa che, in questi tempi “asfaltati” dalle più insulse e omologate sonorità, è raro trovare in chi ascolta. Il miracolo però sembra riuscire ogni anno agli organizzatori del festival e per questo non finiremo mai di ringraziarli.

Tuttavia la parentesi del concerto-lezione di Michele Dal Lago alla chitarra, accompagnato da Igor Gatti al basso e mandolino, è tonificante oltre che di assoluto valore. Molto singolare l’approccio col pubblico: ogni brano segna un tratto della storia della musica americana, della cosiddetta Hillibilly music, del ragtime, del blues, del bluegrass fino alle radici del rock n’roll. Insomma un excursus breve, ma completo che dimostra che la musica è un grande sistema di vasi comunicanti. Si finisce con la magnifica “All you fascists bound to lose” cantata anche un po’ come auspicio…

Nel pomeriggio il Festival propone il duo Viterbini-Pietropaoli e in serata al Teatro Civico di Oleggio, “Lydian Sound Orchestra” con la partecipazione dell’attrice Lucilla Giagnoni.

La domenica di Novara Jazz si apre con un duo immarcescibile del jazz italiano ovvero Antonello Salis e Sandro Satta, a Villa Caccia di Romagnano Sesia. Sono subito fuochi d’artificio, già dall’inizio quando Antonello Salis percuote una vecchia scatola di biscotti all’interno della cassa armonica del suo pianoforte e Sandro Satta imbraccia un’arma (dal fascino) letale come il suo sax. E qui abbiamo tutto ricerca e melodia, sperimentazione ed elegia…Loro, come tutti i grandi, sanno amalgamare in unico pezzo l’Oriente e l’Occidente, l’alpha e l’omega del jazz. Sei pezzi in rapida sequenza, da brani originali a Coltrane senza soste, dove il principio e la fine si confondono in una meraviglia che non ha confini, in un jazz completo e senza fronzoli, suonato da Salis prima al piano e poi alla fisarmonica, con un richiestissimo bis che, come il famoso bacio, ti fulmina sul ring.

Il tempo di un cambio strumenti ed ecco che nel suggestivo Museo Storico Etnografico di Villa Caccia, sempre a Romagnano Sesia, è la volta di un duo composto da Salvatore Maltana e Marcello Peghin con il progetto “Insulæ Songs”, se così si può dire, “commissionato” da Paolo Fresu e che va alla ricerca degli elementi musicali comuni dei paesi del Mediterraneo. Infatti è sorprendente ascoltare sonorità molto simili che appartengono a paesi diversi, dal Portogallo (anche se geograficamente non appartenente all’area mediterranea) alla Grecia, passando per la Sardegna; ed è così che con “Safesta”una suite composta sulle sonorità tradizionali dell’isola, che inizia con una Ave Maria e si conclude con una danza, che si chiude anche il secondo concerto della giornata.

La “Novara Jazz caravan” si trasferisce quindi a Maggiora, nella Villa Antonelli, per “Terre Ballerine” di Anaïs Drago, un progetto seguito da Enrico Bettinello che si occupa delle produzioni di NJ. Con Anaïs Drago ai violini, ci sono Federico Calcagno ai clarinetti e Max Trabucco alla batteria. Particolarmente ispirata la giovane violinista, crea una atmosfera molto particolare con composizioni ispirate ad opere d’arte (Klee e Boccioni), in bilico tra un jazz pervaso di ricerca e molti ammiccamenti alla classica. “Terre Ballerine” fa riferimento alla particolare conformazione del suolo di una zona intorno a Montalto Dora, dove esistono delle torbiere “elastiche”, ma anche metaforicamente alla instabilità, come tipicità dell’atto creativo.

La serata di domenica è dedicata al progetto “Church of Sound”, modellato sul format londinese della St. James the Great Church, che prevede un concerto in un luogo sacro, la basilica di San Gaudenzio (per altro, Novara Jazz porta da anni concerti in luoghi sacri, anche prima dell’esperimento di East London). Il concerto di quest’anno dell’arpista ucraina Alina Bzhezhinska con il suo quartetto londinese, decimato da uno sciopero delle compagnie aeree che ha impedito l’arrivo di Toni Kofy, sostituito da Filippo Orefice al sax e di Joel Prime, il cui posto alla batteria e alle percussioni è stato preso da Enzo Zirillo, sostituti assolutamente all’altezza della situazione. Sulla scia delle composizioni di Alice McLeod (conosciuta come Alice Coltrane) e di un’altro mostro sacro dell’arpa jazz, ovvero Dorothy Ashby, Alina Bzhezhinska ci mette proprio poco a trasformare la grande navata della Basilica di San Gaudenzio in una enorme cassa armonica, percorsa da un jazz caldo ben amalgamato con uno spiccato accento ritmico, pur non privandosi di momenti lirici di grande impatto, come nel pezzo dedicato alle sofferenze del popolo ucraino, ma mantenendo l’omaggio nei binari della sobrietà e senza la minima ombra di retorica commemorativa. Grande stile dell’arpista e magnifico amalgama dell’arpa in ritmi che qualche volte, assumono addirittura la tipicità del sound del jazz latino.

Primo weekend del ventennale di Novara Jazz da incorniciare.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Dalle risaie alla basilica, Novara Jazz chiude il primo weekend

I concerti di sabato e domenica dal teatro di Tornaco alla basilica di San Gaudenzio

Una volta arrivato sul palco del piccolo teatro di Tornaco, un paesino in mezzo al mare della risaie della bassa novarese, Michele Dal Lago rifila una bella battuta al numeroso pubblico che sabato ha seguito anche qui la carovana di Novara Jazz: “Dopo un bel po’ di jazz di ricerca, sentire qualche canzone fa sempre bene».

Inizia così il primo sabato (3 giugno) della stagione estiva di Novara Jazz. La battuta (ma non troppo) di Dal Lago suscita risate tra il pubblico. In realtà, battute a parte, Novara Jazz ha riservato in questo primo lungo weekend concerti e assoli di ottima qualità, anche se è evidente che il jazz di ricerca, per usare quello che è poco più che un modo di dire, necessita di concentrazione e di un appassionato desiderio di mettersi in gioco, cosa che, in questi tempi “asfaltati” dalle più insulse e omologate sonorità, è raro trovare in chi ascolta. Il miracolo però sembra riuscire ogni anno agli organizzatori del festival e per questo non finiremo mai di ringraziarli.

Tuttavia la parentesi del concerto-lezione di Michele Dal Lago alla chitarra, accompagnato da Igor Gatti al basso e mandolino, è tonificante oltre che di assoluto valore. Molto singolare l’approccio col pubblico: ogni brano segna un tratto della storia della musica americana, della cosiddetta Hillibilly music, del ragtime, del blues, del bluegrass fino alle radici del rock n’roll. Insomma un excursus breve, ma completo che dimostra che la musica è un grande sistema di vasi comunicanti. Si finisce con la magnifica “All you fascists bound to lose” cantata anche un po’ come auspicio…

Nel pomeriggio il Festival propone il duo Viterbini-Pietropaoli e in serata al Teatro Civico di Oleggio, “Lydian Sound Orchestra” con la partecipazione dell’attrice Lucilla Giagnoni.

La domenica di Novara Jazz si apre con un duo immarcescibile del jazz italiano ovvero Antonello Salis e Sandro Satta, a Villa Caccia di Romagnano Sesia. Sono subito fuochi d’artificio, già dall’inizio quando Antonello Salis percuote una vecchia scatola di biscotti all’interno della cassa armonica del suo pianoforte e Sandro Satta imbraccia un’arma (dal fascino) letale come il suo sax. E qui abbiamo tutto ricerca e melodia, sperimentazione ed elegia…Loro, come tutti i grandi, sanno amalgamare in unico pezzo l’Oriente e l’Occidente, l’alpha e l’omega del jazz. Sei pezzi in rapida sequenza, da brani originali a Coltrane senza soste, dove il principio e la fine si confondono in una meraviglia che non ha confini, in un jazz completo e senza fronzoli, suonato da Salis prima al piano e poi alla fisarmonica, con un richiestissimo bis che, come il famoso bacio, ti fulmina sul ring.

Il tempo di un cambio strumenti ed ecco che nel suggestivo Museo Storico Etnografico di Villa Caccia, sempre a Romagnano Sesia, è la volta di un duo composto da Salvatore Maltana e Marcello Peghin con il progetto “Insulæ Songs”, se così si può dire, “commissionato” da Paolo Fresu e che va alla ricerca degli elementi musicali comuni dei paesi del Mediterraneo. Infatti è sorprendente ascoltare sonorità molto simili che appartengono a paesi diversi, dal Portogallo (anche se geograficamente non appartenente all’area mediterranea) alla Grecia, passando per la Sardegna; ed è così che con “Safesta”una suite composta sulle sonorità tradizionali dell’isola, che inizia con una Ave Maria e si conclude con una danza, che si chiude anche il secondo concerto della giornata.

La “Novara Jazz caravan” si trasferisce quindi a Maggiora, nella Villa Antonelli, per “Terre Ballerine” di Anaïs Drago, un progetto seguito da Enrico Bettinello che si occupa delle produzioni di NJ. Con Anaïs Drago ai violini, ci sono Federico Calcagno ai clarinetti e Max Trabucco alla batteria. Particolarmente ispirata la giovane violinista, crea una atmosfera molto particolare con composizioni ispirate ad opere d’arte (Klee e Boccioni), in bilico tra un jazz pervaso di ricerca e molti ammiccamenti alla classica. “Terre Ballerine” fa riferimento alla particolare conformazione del suolo di una zona intorno a Montalto Dora, dove esistono delle torbiere “elastiche”, ma anche metaforicamente alla instabilità, come tipicità dell’atto creativo.

La serata di domenica è dedicata al progetto “Church of Sound”, modellato sul format londinese della St. James the Great Church, che prevede un concerto in un luogo sacro, la basilica di San Gaudenzio (per altro, Novara Jazz porta da anni concerti in luoghi sacri, anche prima dell’esperimento di East London). Il concerto di quest’anno dell’arpista ucraina Alina Bzhezhinska con il suo quartetto londinese, decimato da uno sciopero delle compagnie aeree che ha impedito l’arrivo di Toni Kofy, sostituito da Filippo Orefice al sax e di Joel Prime, il cui posto alla batteria e alle percussioni è stato preso da Enzo Zirillo, sostituti assolutamente all’altezza della situazione. Sulla scia delle composizioni di Alice McLeod (conosciuta come Alice Coltrane) e di un’altro mostro sacro dell’arpa jazz, ovvero Dorothy Ashby, Alina Bzhezhinska ci mette proprio poco a trasformare la grande navata della Basilica di San Gaudenzio in una enorme cassa armonica, percorsa da un jazz caldo ben amalgamato con uno spiccato accento ritmico, pur non privandosi di momenti lirici di grande impatto, come nel pezzo dedicato alle sofferenze del popolo ucraino, ma mantenendo l’omaggio nei binari della sobrietà e senza la minima ombra di retorica commemorativa. Grande stile dell’arpista e magnifico amalgama dell’arpa in ritmi che qualche volte, assumono addirittura la tipicità del sound del jazz latino.

Primo weekend del ventennale di Novara Jazz da incorniciare.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.