I 100 anni di Rodari con Neri Marcorè e le scenografie di Matteo Capobianco

I 100 anni di Rodari con Neri Marcorè e le scenografie di Matteo Capobianco. Andrà in onda questa sera, venerdì 23 ottobre, dalle 21,15 il documentario coprodotto da Sky Arte e Tiwi, che ha avuto il sostegno della Torino-Piemonte film commission. “C’era due volte Gianni Rodari” è una serata celebrativa in onore del compianto scrittore omegnese, che proprio oggi avrebbe compiuto un secolo, che ha visto un importante contributo artistico da parte del novarese Matteo Capobianco, il quale ne ha interamente creato le scenografie. Le ha ideate e progettate in pieno lockdown.

«Essere stato coinvolto in questo progetto è stato entusiasmante per diversi motivi, in primis perché ho sempre adorato Gianni Rodari. Ho una copia di “Favole al telefono” con la copertina tutta rattoppata: mia mamma me lo leggeva spesso prima di addormentarmi – racconta l’artista – Ho l’impressione che sia forse più noto all’estero che in Italia, ma in ogni caso il suo pregio era certamente quello di conoscere la mente dei bambini: in una paginetta, senza troppe descrizioni, sa dare il “la” per immaginarti un mondo. Ad esempio parla dello “scannone”, il cannone che si usa per sparare e far finire le guerre, o della “macchina per le comete”, di cui si intuisce solo che è un carrettino del mago. È normale che inducano un bimbo a immaginarsele, i suoi racconti sono dei veri e propri motori di fantasia».

Peraltro alla macchina per le comete hai dato corpo proprio in un tuo allestimento qui a Novara…
«Si trova nella vetrina della biblioteca dei ragazzi (leggi qui l’articolo). Per quella sala, accanto a quella per i più piccoli, mi avevano chiesto un solo elemento decorativo e ho pensato che la macchina delle comete fosse perfetta, oltre a farci un po’ giocare in casa, vista l’origine omegnese di Rodari».

Torniamo al documentario di questa sera: cosa vedremo di tuo sullo schermo?
«Ho realizzato tre scenografie con la tecnica del paper cut (che ha portato Capobianco a creare allestimenti anche per eventi di grandi brand internazionali, ndr): nella prima è raffigurato il bosco, quindi gli ambienti naturali dell’infanzia di Rodari trascorsa sul lago d’Orta, nella seconda appare la città, ovvero il periodo in cui si trasferì a Milano per collaborare con Einaudi, mentre la terza è un mix delle precedenti. Questo progetto – aggiunge – mi ha dato l’opportunità di affrontare nuove sfide: sinora nelle mie scenografie di carta avevo raffigurato paesaggi naturalistici, qui invece per la prima volta ho dovuto dar vita a un contesto urbano. E poi ho dovuto rapportarmi con il mondo della televisione».

Cosa intendi? Non avevi già bucato il piccolo schermo con Alessio Bertallot, sempre su Sky Arte e sulla Rai in “Cyrano – L’amore fa miracoli” con Massimo Gramellini e Ambra Angiolini?
«In queste due trasmissioni ero stato invitato per creare un’opera di paper cut in diretta – spiega – Qui invece ho dovuto lavorare in modo totalmente funzionale alla macchina scenica televisiva, a stretto contatto con autori, assistenti di scena e regista. E i tempi sono molto più concitati e ristretti rispetto al teatro (Capobianco ha realizzato diverse scenografie, anche per il Coccia, leggi qui). Oltre al fatto di dover allestire i 3 set design man mano che procedevano le riprese, è stato necessario andare a lavorare in tempo reale sui dettagli in modo mirato, in base alle inquadrature e alle indicazioni del regista. È stato un lavoro anche piuttosto lungo e impegnativo, devo ammetterlo, ma è stato anche un momento di grande crescita sul piano professionale».

E com’è stato lavorare a contatto con Neri Marcorè?
«Beh, che dire? L’ho sempre apprezzato moltissimo come comico, ma durante le riprese mi ha colpito ancora di più per la sua capacità. Il documentario è stato girato in soli due giorni ed è stato impressionante come non abbia mai sbagliato un ciack. Era davvero molto concentrato, tanto che si è sciolto in gag e battute soltanto dalla pausa pranzo del secondo giorno. Oltre a lui nel documentario compare anche il violinista Rodrigo D’Erasmo, che ha collaborato con grandissimi nomi della musica (da Le luci della centrale elettrica agli Afterhours, fino ai Muse, per citarne alcuni). Vedere lui e Marcorè muoversi fra le mie installazioni mi ha veramente emozionato moltissimo».

Fotogallery degli allestimenti realizzati dall’artista per il programma

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.

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  1. Meraviglioso! Chi più di un grande artista novarese come Matteo Capobianco poteva rappresentare il mondo rodariano, complimenti!

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I 100 anni di Rodari con Neri Marcorè e le scenografie di Matteo Capobianco

I 100 anni di Rodari con Neri Marcorè e le scenografie di Matteo Capobianco. Andrà in onda questa sera, venerdì 23 ottobre, dalle 21,15 il documentario coprodotto da Sky Arte e Tiwi, che ha avuto il sostegno della Torino-Piemonte film commission. “C’era due volte Gianni Rodari” è una serata celebrativa in onore del compianto scrittore omegnese, che proprio oggi avrebbe compiuto un secolo, che ha visto un importante contributo artistico da parte del novarese Matteo Capobianco, il quale ne ha interamente creato le scenografie. Le ha ideate e progettate in pieno lockdown.

«Essere stato coinvolto in questo progetto è stato entusiasmante per diversi motivi, in primis perché ho sempre adorato Gianni Rodari. Ho una copia di “Favole al telefono” con la copertina tutta rattoppata: mia mamma me lo leggeva spesso prima di addormentarmi – racconta l’artista – Ho l’impressione che sia forse più noto all’estero che in Italia, ma in ogni caso il suo pregio era certamente quello di conoscere la mente dei bambini: in una paginetta, senza troppe descrizioni, sa dare il “la” per immaginarti un mondo. Ad esempio parla dello “scannone”, il cannone che si usa per sparare e far finire le guerre, o della “macchina per le comete”, di cui si intuisce solo che è un carrettino del mago. È normale che inducano un bimbo a immaginarsele, i suoi racconti sono dei veri e propri motori di fantasia».

Peraltro alla macchina per le comete hai dato corpo proprio in un tuo allestimento qui a Novara…
«Si trova nella vetrina della biblioteca dei ragazzi (leggi qui l’articolo). Per quella sala, accanto a quella per i più piccoli, mi avevano chiesto un solo elemento decorativo e ho pensato che la macchina delle comete fosse perfetta, oltre a farci un po’ giocare in casa, vista l’origine omegnese di Rodari».

Torniamo al documentario di questa sera: cosa vedremo di tuo sullo schermo?
«Ho realizzato tre scenografie con la tecnica del paper cut (che ha portato Capobianco a creare allestimenti anche per eventi di grandi brand internazionali, ndr): nella prima è raffigurato il bosco, quindi gli ambienti naturali dell’infanzia di Rodari trascorsa sul lago d’Orta, nella seconda appare la città, ovvero il periodo in cui si trasferì a Milano per collaborare con Einaudi, mentre la terza è un mix delle precedenti. Questo progetto – aggiunge – mi ha dato l’opportunità di affrontare nuove sfide: sinora nelle mie scenografie di carta avevo raffigurato paesaggi naturalistici, qui invece per la prima volta ho dovuto dar vita a un contesto urbano. E poi ho dovuto rapportarmi con il mondo della televisione».

Cosa intendi? Non avevi già bucato il piccolo schermo con Alessio Bertallot, sempre su Sky Arte e sulla Rai in “Cyrano – L’amore fa miracoli” con Massimo Gramellini e Ambra Angiolini?
«In queste due trasmissioni ero stato invitato per creare un’opera di paper cut in diretta – spiega – Qui invece ho dovuto lavorare in modo totalmente funzionale alla macchina scenica televisiva, a stretto contatto con autori, assistenti di scena e regista. E i tempi sono molto più concitati e ristretti rispetto al teatro (Capobianco ha realizzato diverse scenografie, anche per il Coccia, leggi qui). Oltre al fatto di dover allestire i 3 set design man mano che procedevano le riprese, è stato necessario andare a lavorare in tempo reale sui dettagli in modo mirato, in base alle inquadrature e alle indicazioni del regista. È stato un lavoro anche piuttosto lungo e impegnativo, devo ammetterlo, ma è stato anche un momento di grande crescita sul piano professionale».

E com’è stato lavorare a contatto con Neri Marcorè?
«Beh, che dire? L’ho sempre apprezzato moltissimo come comico, ma durante le riprese mi ha colpito ancora di più per la sua capacità. Il documentario è stato girato in soli due giorni ed è stato impressionante come non abbia mai sbagliato un ciack. Era davvero molto concentrato, tanto che si è sciolto in gag e battute soltanto dalla pausa pranzo del secondo giorno. Oltre a lui nel documentario compare anche il violinista Rodrigo D’Erasmo, che ha collaborato con grandissimi nomi della musica (da Le luci della centrale elettrica agli Afterhours, fino ai Muse, per citarne alcuni). Vedere lui e Marcorè muoversi fra le mie installazioni mi ha veramente emozionato moltissimo».

Fotogallery degli allestimenti realizzati dall’artista per il programma

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Elena Ferrara

Nata a Novara, diplomata al liceo scientifico Antonelli, si è poi laureata in Scienze della Comunicazione multimediale all'Università degli studi di Torino. Iscritta all'albo dei giornalisti pubblicisti dal 2006.