Come si usa dire, pubblico delle grandi occasioni sabato sera (2 aprile) a Nòva per il concerto conclusivo della stagione invernale di Novara Jazz. Va detto però che le grandi occasioni sono state davvero numerose tra lo scorso autunno e questa primavera e il “Barry’s Trio” non è che l’ultima perla infilata nella scintillante collana di Novara Jazz e va ricordato, en passant, che Novara Jazz è l’unica tappa italiana del tour europeo di questo straordinario ensemble.
E allora bando alle ciance, qui c’è solo da lasciarsi andare e buttarsi o lasciarsi trasportare, dal jazz più materico e travolgente. Quando sulla scena ci sono musicisti così, il piglio, le esecuzioni e l’atmosfera che si respira in sala, è sempre magnetica. Se si potesse fare un paragone con le arti visive, si potrebbe affermare che ai pezzi eseguiti si aggiunge quella che Walter Benjamin indicava come “aura”, ovvero quell’alone di mistica (o di magia), che emana l’opera e che, sempre secondo il grande filosofo tedesco, viene meno nell’epoca della sua riproducibilità tecnica. Sentir suonare musicisti così non ha davvero prezzo e se mi è concessa una divagazione, la politica dei prezzi dei biglietti di “Novara Jazz”, è davvero degna di nota con biglietti accessibili a tutti per concerti di grandissimo rilievo.
Tornando al set di sabato sera, la musica esplode improvvisa e senza troppi preamboli col primo brano di un jazz possente e magnificamente articolato, a cui ne segue un secondo introdotto dal sax di Jon Irabagon (già componente dei “Mostly Other People Do the Killing!”), che con un eccentrico “solo” fatto di note secche e con una modalità da incantatore di serpenti che introduce nuovamente il vitalismo proprio del Free jazz. Si andrà avanti così per un’ora abbondante e senza tempo per rifiatare durante le esecuzioni, a parte qualche respiro profondo del sax e magari durante un assolo della batteria di Barry Altschul o nel corso di una riflessione del contrabbasso di Joe Fonda, assoli tutti centrati su variazioni e decostruzione delle “partiture” (si fa per dire). Il resto è “tempesta perfetta”, dove qualche sparuta melodia compare e scompare sotto il fuoco di fila delle note mitragliate dal Barry’s Trio.
Questa è l’artiglieria pesante che ci piacerebbe sentire sempre: porta vita e allontana la morte, ed in questi tempi è fondamentale. In questi ritmi si sente tutto ciò che portano con sé: Braxton, Corea, Blay è tanto/tanti altro/altri, musica che ricorda tutto, e che eppure è assolutamente nuova, jazz che non si può dimenticare poichè introiettato interiormente nella nostra mente e, va da sé, anche nelle nostre anime, dai tanti ascolti e dalle tante letture. Ad eccezione di una di Carla Bley, le composizioni sono tutte di Barry Altschul che, come ha ricordato Riccardo Cigolotti in fase di presentazione del concerto, rinunciò a suonare con un certo Jimi Hendrix, per seguire la strada del jazz.
Insomma una seratona, di quelle che restano nella memoria, davanti ad un pubblico che veniva prevalentemente da fuori città e questo la dice lunga, non solo sull’importanza del trio, ma anche sul pubblico novarese… Ma lasciamo stare le polemiche e mettiamo questa pagina di Novara Jazz nell’album dei ricordi, quelli più belli ed intensi.