In mostra al Museo del Risorgimento sette armi dell’800 donate da novaresi

Un moschetto unico nel suo genere, una spada e cinque sciabole. Tutte sono state vagliate dalla Questura

Da qualche giorno ci sono sette nuove armi in più ad abbellire la già preziosa collezione del Museo del Risorgimento nella sua sede alla Torretta del castello. Un moschetto unico nel suo genere, una spada tecnicamente chiamata daga e cinque sciabole che danno ancora più valore alla storia di cui Novara è stata protagonista.

Le armi, tutte risalenti al XIX secolo, sono state donate da famiglie novaresi che le hanno avute in eredità e vegliate dall’ufficio competente della Questura di Novara: «Ringraziamo le persone che si sono affidate a noi e che hanno deciso di consegnare al patrimonio storico della comunità questi oggetti e non di disfarsene» ha commentato il commissario Antonio Sapio.

Con la consueta competenza e passione, il responsabile del Museo e presidente degli Amici Parco della Battaglia, Paolo Cirri, ha raccontato la storia di ogni pezzo, a cominciare da quello più interessante, il moschetto che porta ancora la targhetta con il marchio dell’ormai dimenticato armatore novarese Vercellini, riscoperto degli esperti del museo: «Nelle ricerche all’Archivio di Stato, abbiamo trovato che Giuppe Vercellini era nato nel 1816, era originario di Sesto Calende e si era trasferito a Novara con la sua attività, probabilmente con importanti prospettive di lavoro che, infatti, è stato poi portato avanti dal figlio e da altri eredi. Le ricerche si hanno permesso di arrivare alla conclusione che questo fucile, simile a quello usato dai Carabinieri a cavallo, è quasi certamente appartenuto a una delle guardie della Polizia locale di Novara di allora».

«C’è anche una sciabola ben conservata che senz’altro ha fatto le prime due guerra d’indipendenza, la guerra di Crimea ed è rimasta in uso fino agli anni ’70 – ha proseguito Cirri -. Una daga del 1848 appartenuta alla guardia nazionale piemontese, un corpo costituito da borghesi che vengono chiamati a prestare servizio con un armamento simile a quello dell’esercito. La spada è montata su un supporto da esposizione perchè doveva essere un cimelio di famiglia».

Infine le quattro sciabole, tutte di fine ‘800: «Una è austriaca del 1877 da cavalleria o artiglieria a cavallo con un’impugnatura in pelle di squalo, probabilmente commissionata da un sottoufficiale, ed è una preda bellica. Le altre tre sono del 1888 da ufficiale di fanteria e ancora oggi in uso come armi da parata».

Gli oggetti sono stati tutti donati da famiglie novaresi. «Le ho avute in eredità da mio cognato che a sua volta le aveva ricevute dal nonno, Guido Turba, colonnello di fanteria e poi direttore della Bpn» ha raccontato Rino Ferrari.

Mara Liberali ha trovato la daga sopra un armadio: «Nemmeno sapevo ci fosse, era a casa di zio. Ho telefonato in Questura e gli agenti sono venuti a vederla: hanno subito capito che era un oggetto di valore e mi hanno suggerito di donarla».

Sergio Paganini, invece, ha ereditato dal padre Giovanni il moschetto: «Era un grande appassionato, ma non conosco la storia di questa arma».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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In mostra al Museo del Risorgimento sette armi dell’800 donate da novaresi

Un moschetto unico nel suo genere, una spada e cinque sciabole. Tutte sono state vagliate dalla Questura

Da qualche giorno ci sono sette nuove armi in più ad abbellire la già preziosa collezione del Museo del Risorgimento nella sua sede alla Torretta del castello. Un moschetto unico nel suo genere, una spada tecnicamente chiamata daga e cinque sciabole che danno ancora più valore alla storia di cui Novara è stata protagonista.

Le armi, tutte risalenti al XIX secolo, sono state donate da famiglie novaresi che le hanno avute in eredità e vegliate dall’ufficio competente della Questura di Novara: «Ringraziamo le persone che si sono affidate a noi e che hanno deciso di consegnare al patrimonio storico della comunità questi oggetti e non di disfarsene» ha commentato il commissario Antonio Sapio.

Con la consueta competenza e passione, il responsabile del Museo e presidente degli Amici Parco della Battaglia, Paolo Cirri, ha raccontato la storia di ogni pezzo, a cominciare da quello più interessante, il moschetto che porta ancora la targhetta con il marchio dell’ormai dimenticato armatore novarese Vercellini, riscoperto degli esperti del museo: «Nelle ricerche all’Archivio di Stato, abbiamo trovato che Giuppe Vercellini era nato nel 1816, era originario di Sesto Calende e si era trasferito a Novara con la sua attività, probabilmente con importanti prospettive di lavoro che, infatti, è stato poi portato avanti dal figlio e da altri eredi. Le ricerche si hanno permesso di arrivare alla conclusione che questo fucile, simile a quello usato dai Carabinieri a cavallo, è quasi certamente appartenuto a una delle guardie della Polizia locale di Novara di allora».

«C’è anche una sciabola ben conservata che senz’altro ha fatto le prime due guerra d’indipendenza, la guerra di Crimea ed è rimasta in uso fino agli anni ’70 – ha proseguito Cirri -. Una daga del 1848 appartenuta alla guardia nazionale piemontese, un corpo costituito da borghesi che vengono chiamati a prestare servizio con un armamento simile a quello dell’esercito. La spada è montata su un supporto da esposizione perchè doveva essere un cimelio di famiglia».

Infine le quattro sciabole, tutte di fine ‘800: «Una è austriaca del 1877 da cavalleria o artiglieria a cavallo con un’impugnatura in pelle di squalo, probabilmente commissionata da un sottoufficiale, ed è una preda bellica. Le altre tre sono del 1888 da ufficiale di fanteria e ancora oggi in uso come armi da parata».

Gli oggetti sono stati tutti donati da famiglie novaresi. «Le ho avute in eredità da mio cognato che a sua volta le aveva ricevute dal nonno, Guido Turba, colonnello di fanteria e poi direttore della Bpn» ha raccontato Rino Ferrari.

Mara Liberali ha trovato la daga sopra un armadio: «Nemmeno sapevo ci fosse, era a casa di zio. Ho telefonato in Questura e gli agenti sono venuti a vederla: hanno subito capito che era un oggetto di valore e mi hanno suggerito di donarla».

Sergio Paganini, invece, ha ereditato dal padre Giovanni il moschetto: «Era un grande appassionato, ma non conosco la storia di questa arma».

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