José Miguel Pérez-Sierra: «Puccini? Un sovversivo emozionale e Butterfly il suo dramma più profondo»

Si racconta il direttore d'orchestra che questa sera sarà in buca per l'apertura della stagione operistica del Teatro Coccia

«Puccini? Un sovversivo emozionale e con Madama Butterfly ci colpisce nel profondo con una lama così affilata da lasciarci quasi senza fiato». È José Miguel Pérez-Sierra a parlare, il Maestro che questa sera, 19 gennaio, – così come sabato e domenica – dirigerà l’Orchestra filarmonica italiana per l’apertura della stagione operistica del Teatro Coccia proprio con Madama Butterfly di Giacomo Puccini.

Un nome, quello di Pérez, così imponente quanto la sua personalità ma anche affabilità, con una storia legata a doppio filo a quella del genio-compositore di Torre del Lago: «Sono nato il 22 dicembre come Puccini e quando ho iniziato a studiare musica ho pensato che il mio destino fosse stretto a lui. E in effetti è stato così».

Con oltre quattrocento spettacoli alle spalle tra opere e concerti, Pérez è considerato tra i più importanti direttori d’orchestra della sua generazione, il più giovane a salire sul podio del ROF, il Rossini Opera Festival di Pesaro, nel 2006 quando diresse “Il viaggio a Reims”.

«Questa di Novara è la mia prima Butterfly dopo dieci anni – racconta -. L’ultima volta è stata in occasione del Festival Puccini, nel 2014, quando è scomparso è scomparso Lorin Maazel, il mio Maestro: quella recita l’ho dedicata a lui, ma da quel giorno ho chiuso lo spartito e non me la sono più sentita di portarlo in scena. Ora, però, penso che dieci anni siano stati un tempo sufficiente per elaborare il lutto e quando il Coccia mi ha fatto la proposto mi sono detto che fosse il momento giusto».

Ma cosa è cambiato da allora a oggi? «Senz’altro ho più esperienza per cui ho bisogno meno tempo per lavorare con la partitura. Ma soprattutto sono diventato padre, per tre volte, e questo mi ha messo di fronte a una prospettiva diversa della vita, così come del significato di Butterfly. In passato, mi commuovevo pensando al male che Pinkerton (protagonista maschile dell’opera, ndr) fa a Butterfly che è un Gesù Cristo, porge sempre l’altra guancia. Poi il punto di vista è cambiato e la mia pietà si è rivolta a Dolore (figlio di Butterfly e Pinkerton, ndr) rapito dal padre: l’amore di coppia ognuno se lo vive a modo proprio, ma quello tra genitore e figlio è uguale per tutti, inviolabile ed è struggente. E Puccini quando scrive quest’opera lo sa bene, sa come lavorare con i sentimenti umani, per questo dico che è un sovversivo emozionale. E con il Trittico fa di peggio: con Tabarro e Suor Angelica ci parla di bambini morti, non ce li fa vedere, siamo noi a doverli immaginare e il pensiero di ognuno di noi corre ai nostri di bambini: Puccini sa di colpire lo spettatore così profondamente che poi con Gianni Schicchi deve ripianare le cose e ci regala una storia amara ma senza traumi».

Come sarà questo anno pucciniano del Maestro Pérez? «Mi aspetta Bohème a Las Palmas e poi al festival di Galizia. Ma ciò che spero è di riuscire a completare l’opera omnia di Puccini con La Rondine, La fanciulla del west e Le Villi che ancora mancano al mio repertorio».

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Un nome, quello di Pérez, così imponente quanto la sua personalità ma anche affabilità, con una storia legata a doppio filo a quella del genio-compositore di Torre del Lago: «Sono nato il 22 dicembre come Puccini e quando ho iniziato a studiare musica ho pensato che il mio destino fosse stretto a lui. E in effetti è stato così».

Con oltre quattrocento spettacoli alle spalle tra opere e concerti, Pérez è considerato tra i più importanti direttori d’orchestra della sua generazione, il più giovane a salire sul podio del ROF, il Rossini Opera Festival di Pesaro, nel 2006 quando diresse "Il viaggio a Reims".

«Questa di Novara è la mia prima Butterfly dopo dieci anni - racconta -. L'ultima volta è stata in occasione del Festival Puccini, nel 2014, quando è scomparso è scomparso Lorin Maazel, il mio Maestro: quella recita l'ho dedicata a lui, ma da quel giorno ho chiuso lo spartito e non me la sono più sentita di portarlo in scena. Ora, però, penso che dieci anni siano stati un tempo sufficiente per elaborare il lutto e quando il Coccia mi ha fatto la proposto mi sono detto che fosse il momento giusto».

Ma cosa è cambiato da allora a oggi? «Senz'altro ho più esperienza per cui ho bisogno meno tempo per lavorare con la partitura. Ma soprattutto sono diventato padre, per tre volte, e questo mi ha messo di fronte a una prospettiva diversa della vita, così come del significato di Butterfly. In passato, mi commuovevo pensando al male che Pinkerton (protagonista maschile dell'opera, ndr) fa a Butterfly che è un Gesù Cristo, porge sempre l'altra guancia. Poi il punto di vista è cambiato e la mia pietà si è rivolta a Dolore (figlio di Butterfly e Pinkerton, ndr) rapito dal padre: l'amore di coppia ognuno se lo vive a modo proprio, ma quello tra genitore e figlio è uguale per tutti, inviolabile ed è struggente. E Puccini quando scrive quest'opera lo sa bene, sa come lavorare con i sentimenti umani, per questo dico che è un sovversivo emozionale. E con il Trittico fa di peggio: con Tabarro e Suor Angelica ci parla di bambini morti, non ce li fa vedere, siamo noi a doverli immaginare e il pensiero di ognuno di noi corre ai nostri di bambini: Puccini sa di colpire lo spettatore così profondamente che poi con Gianni Schicchi deve ripianare le cose e ci regala una storia amara ma senza traumi».

Come sarà questo anno pucciniano del Maestro Pérez? «Mi aspetta Bohème a Las Palmas e poi al festival di Galizia. Ma ciò che spero è di riuscire a completare l'opera omnia di Puccini con La Rondine, La fanciulla del west e Le Villi che ancora mancano al mio repertorio».

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