Poche famiglie come i Faraggiana hanno lasciato un’impronta indelebile nella storia della città di Novara. Impronta concretizzatasi nel tempo con il dono di un teatro, un palazzo, un museo, una villa monumentale, una fondazione. Tanti contenitori ma anche diversi contenuti, come ad esempio una collezione di fotografie. Ecco allora che, in occasione del bicentenario (1821-2021) dell’arrivo dei Faraggiana a Novara, che la Fondazione che porta il loro nome e oggi presieduta da Eugenio Bonzanini ha dato alle stampe un corposo volume, “Immagini e Faraggiana – Storia e memoria”, curato dalla ricercatrice storica Silvana Bartoli, che per la realizzazione di alcune schede si è avvalsa della collaborazione di Piera Briani.
«La cosa più importante per questa famiglia è la memoria, spunto anche per lo stesso titolo del libro – ha detto l’autrice intervenendo insieme al presidente Bonzanini venerdì mattina nella sede della Fondazione, in via Bascapé alla presentazione dell’iniziativa editoriale – Quello di ricordarli è invece un dovere che spetta anche alla città, perché sono pochi i centri che possono vantare lasciti come quelli avuti da famiglie come i Faraggiana».
La Fondazione Faraggiana si è se sempre distinta nella divulgazione culturale, che è un po’ la sua mission, «ma bisogna aggiungere che purtroppo gran parte della città ha un po’ dimenticato il suo debito nei confronti di questa famiglia. Ci sono molte persone che non sanno che se possono oggi avere un lavoro lo devono al fatto che Palazzo Faraggiana è di proprietà del Comune, con il suo museo. Novara ha proprio un dovere di riconoscenza e di memoria».
«In questo lavoro – ha aggiunto Bartoli – abbiamo cercato di raccontare la famiglia con aspetti positivi e anche qualcuno negativo. Una sintesi è rappresentata dal medaglione proveniente dalla villa di Meina e riprodotto in copertina con la citazione di Orazio “Hoc erat in votis” (“Questo era il nostro sogno”). Un pensiero che sintetizza quella che era l’ambizione dei Faraggiana. Essere ricordati, la memoria».
Il volume (240 pagine riccamente illustrate) è quindi anche un prezioso scrigno di immagini. Sì, perché la fotografia, che alla metà del XIX secolo muoveva i suoi primi passi, è stata fin da subito un’arte che affascinò i Faraggiana, desiderosi di “fissare” il loro mondo e conservarne il ricordo. Tanti scatti d’epoca, esposti nelle stanze del museo, sono poi stati raccolti in questo libro, che, come ha spiegato Bonzanini, «grazie alla presenza di QR-Code, ne sfruttano le possibilità moderne per renderlo uno strumento multimediale».
«Una pubblicazione – ha concluso Bartoli – che vuole restituire nomi e volti a persone le cui immagini ci arrivano in parte sfocate. Un ritratto di famiglia utile anche per capire quelle relazioni che i Faraggiana avevano intessuto con la città, nel più ampio rapporto fra le classi sociali a cavallo fra l’Otto e il Novecento».