La maratona di “Nu Arts and Community” è iniziata in una uggiosa sera di settembre, giovedì 21, alla Galleria Giannoni, nel cui ingresso si era riunita una decina, o poco più, di anziani (pensandoci bene anche chi vi scrive è anagraficamente “un anziano”) in attesa di essere introdotti nelle sale della Galleria. Ad attenderli una giovane donna stesa a terra con il volto coperto da una sfera di acciaio. Intorno a lei, cosparsi sul parquet di diverse sale alcuni amplificatori che trasmettevano una trasmissione radiofonica con interviste a birdwatchers e naturalisti, intenti a raccontare “di nidificazioni e migrazioni dei volatili delle zone umide”.
Beh, devo ammettere che, detto così, tutto possa sembrare molto surreale, ed in effetti lo era e lo è diventato molto di più quando il corpo di Marta Bellu del Collettivo Trifoglio/Iride ha ripreso vita e ha cominciato a muoversi sinuosamente in una danza liberamente ispirata ai suoni e ai movimenti della natura, se così possiamo semplificare. Il corpo, in dialettico rapporto con le sfere e le semisfere di acciaio disseminate nelle sale, si contorce lentissimamente, si avviluppa su sé stesso, rotea, striscia, si modella su stipiti e pareti, come un’alga su una roccia, si flette e si piega come una una chioma al vento. Ha un aspetto multiforme e poetico la natura che passa “attraverso” il corpo della incredibile Marta Bellu. Il silenzio delle sale ove sono esposte tele di marine e paesaggi ottocenteschi, è rotto solo dal fruscio del corpo della danzatrice e dai sommessi rumori elettronici di fondo di Donato Epiro, illuminato dalla luci di Andrea Sanson.
Il pubblico anziano e un po’ meno anziano, sembra ipnotizzato e rapito, il pubblico giovane (ovviamente) non c’è. La performance termina con Marta in piedi, appoggiata accanto allo scalone della Galleria in un momento di meditazione profonda e di defaticamento. Gli applausi scrosciano e Marta interroga i più anziani che si rivelano essere pubblico attento e curioso. Fa parte della meraviglia di questo festival, unico nel suo genere, il saper coinvolgere “fette di città”, spesso lontane da questi eventi. Seconda parte della serata al Conservatorio “Cantelli” per la musica elettronica soft di Vittorio Montalti e “Blow Up Percussion” per “The Smell of Electricity”. Giochi di luce un po’ sacrificati a causa della serata piovosa e della location di emergenza all’interno del Conservatorio.
L’elettronica di Vittorio Montalti è di quelle con cui si può stringere un patto di non belligeranza, poiché non è invasiva, potremmo azzardare quasi quasi un “dolce”, pur se con qualche bella citazione della rumoristica industriale alla Einsturzende Neubauten. Magnifico l’apporto delle percussioni elettroniche, gong, piatti ed oggettistica di Flavio Tanzi che sulla parte sinistra della scena divide idealmente il palco con la parte destra occupata dalle diavolerie elettroniche di Vittorio Montalti. Una piacevole cavalcata in una elettronica quasi vellutata, ricca di tante suggestioni ma non opprimente ed eccessivamente “noise”. Restate connessi…
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