La stagione operistica del Teatro Coccia si è aperta con l’attesa Prima di Otello, un allestimento già presentato a Piacenza e in programma per una replica a Rovigo nel mese di febbraio. La scelta di proporre l’opera di Verdi per inaugurare il cartellone è stata ambiziosa, e se da un lato le voci hanno convinto pienamente, dall’altro l’allestimento scenico ha lasciato qualche perplessità.
Il regista Italo Nunziata ha optato per un’ambientazione a fine Ottocento, un contesto che punta a raccontare la decadenza della borghesia dell’epoca. Tuttavia, non è sempre chiaro quale valore aggiunto questa trasposizione voglia apportare alla drammaturgia originale, risultando un esercizio legittimo ma poco incisivo.
L’allestimento scenico presenta una scenografia spoglia caratterizzata da pareti semoventi in ferro arrugginito, probabilmente corrose dalla salsedine del mare o dai segni del tempo. Queste pareti, che delimitano una sorta di prigione, si stringono ulteriormente nelle scene più intime tra Otello e Desdemona, evocando una condizione mentale di soffocamento e isolamento. Sebbene l’idea di fondo sia interessante, il risultato appare più funzionale che emozionante.
A salvare l’impatto visivo contribuiscono le luci di Fiammetta Baldisseri riprese da Ivan Pastrovicchio, che ancora una volta si conferma un vero maestro nel suo campo. Le sue scelte cromatiche e i giochi d’ombra sono perfettamente in linea con l’intensità drammatica dell’opera, regalando profondità e atmosfera alle scene. Anche i costumi firmati da Artemio Cabassi spiccano per la loro impeccabile cura cromatica: ogni abito è un tassello di una palette studiata in modo maniacale, con il coro che si trasforma in una vera e propria esplosione di colori.
Per quanto riguarda il cast, le voci sono state il vero punto di forza della serata. Roberto Aronica (Otello) si è distinto fin dall’attacco iniziale (Esultate!) per la sicurezza e il carattere. Nonostante qualche lievissima difficoltà nei toni più alti, ha saputo restituire un personaggio vibrante e carico di emotività.
Angelo Veccia nei panni di Jago è stato magistrale: il suo sguardo mefistofelico e il timbro perfettamente centrato nella parte hanno rivelato un lavoro di studio e interpretazione puntuale.
Divina Iwona Sobotka il soprano che ha debuttato nel ruolo di Desdemona. Nonostante un paio di impercettibili sbavature, ha ampiamente conquistato il pubblico con una “Ave Maria” di rara intensità, dimostrando una padronanza vocale di altissimo livello.
Bene anche il Cassio di Oronzo D’Urso. Completano il cast Roderigo di Andrea Galli, Lodovico anch’egli al debutto è Shi Zong, Montano Lorenzo Liberali, Un araldo Eugenio Maria Degiacomi, Emilia Nikolina Janevska.
Un plauso va al coro del Teatro municipale di Piacenza, diretto dal Maestro Corrado Casati) vocalmente impeccabile e scenicamente efficace, ha saputo essere parte integrante della narrazione. Una menzione anche per il coro di voci bianche, sempre del Municipale, diretto dal Maestro Giorgio Ubaldi.
Infine, il maestro Christopher Franklin, alla sua seconda direzione sul podio del teatro novarese, ha saputo valorizzare l’Orchestra Filarmonica Italiana nonostante le difficoltà logistiche di una buca di dimensioni ridotte. La sua lettura musicale ha esaltato i contrasti dinamici, dai pianissimi più delicati ai fortissimi più drammatici, mettendo in risalto ogni sezione strumentale, con l’arpa che ha brillato particolarmente.