Lisa Galantini-Camille Claudel affascina il pubblico del Faraggiana

Convincente interpretazione dell'attrice genovese nel monologo “Moi”, scritto dalla novarese Chiara Pasetti e andato in scena martedì sera. Un sodalizio destinato a continuare il prossimo anno con uno spettacolo dedicato alla poetessa Antonia Pozzi

Ottanta minuti sul palcoscenico da vera “one woman only”. Così martedì sera l’attrice genovese Lisa Galantini ha affascinato il pubblico del Teatro Faraggiana portando nuovamente in scena all’ombra della Cupola dopo sei anni “Moi”, il monologo scritto dalla novarese Chiara Pasetti e dedicato a Camille Claudel, forse la più grande scultrice del secolo scorso, ma ricordata unicamente – non solo dagli addetti ai lavori – per essere stata l’amante dell’artista Auguste Rodin e sorella del poeta Paul. Per il resto un vero e proprio cono d’ombra è calato su di lei, inclusi gli ultimi trent’anni della sua tormentata vita, rinchiusa in un ospedale psichiatrico per volontà della famiglia.

Ottanta minuti incalzanti, che Galantini – ben diretta (anche tra la soddisfazione della stessa autrice del testo) dal regista Alberto Giusta – interpreta con molta passione, spaccandoli in due. Nella prima parte si può osservare una Camille ancora “domestica” anche se sola, dove l’unica presenza è quella dei suoi gatti; una Camille che passa dalla risata alle urla, dal pianto alla dolcezza, saltando, sedendosi e sdraiandosi sui pochi arredi (una sedia e un divanetto) offerti da una scenografia minimalista. Poi la seconda, dopo un veloce cambio d’abito a luci spente, ambientata nel manicomio di Montfavet.

Un’esistenza, questa, completamente mutata, come la voce della protagonista, diventata monocorde e distaccata. Con i rimpianti per tutto quello che le è stato tolto: l’amore, non tanto per Rodin, ma per la sua arte. Sino all’epilogo, giusto 80 anni fa. Le luci si abbassano e l’attrice legge la lettera che il cappellano del manicomio aveva inviato a Paul Cluadel per la morte della sorella, dopo un triste funerale al quale non era intervenuto nessun familiare.


Al termine applausi convinti e l’anticipazione. Quella che il sodalizio Galatini – Pasetti (al quale si aggiunge ovviamente anche il regista Giusta) proseguirà con un nuovo spettacolo, questa volta dedicato alla poetessa Antonia Pozzi. Il testo è già scritto e il debutto è previsto la prossima estate.

(foto di Roberto Pizzighello)

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Lisa Galantini-Camille Claudel affascina il pubblico del Faraggiana

Convincente interpretazione dell’attrice genovese nel monologo “Moi”, scritto dalla novarese Chiara Pasetti e andato in scena martedì sera. Un sodalizio destinato a continuare il prossimo anno con uno spettacolo dedicato alla poetessa Antonia Pozzi

Ottanta minuti sul palcoscenico da vera “one woman only”. Così martedì sera l’attrice genovese Lisa Galantini ha affascinato il pubblico del Teatro Faraggiana portando nuovamente in scena all’ombra della Cupola dopo sei anni “Moi”, il monologo scritto dalla novarese Chiara Pasetti e dedicato a Camille Claudel, forse la più grande scultrice del secolo scorso, ma ricordata unicamente – non solo dagli addetti ai lavori – per essere stata l’amante dell’artista Auguste Rodin e sorella del poeta Paul. Per il resto un vero e proprio cono d’ombra è calato su di lei, inclusi gli ultimi trent’anni della sua tormentata vita, rinchiusa in un ospedale psichiatrico per volontà della famiglia.

Ottanta minuti incalzanti, che Galantini – ben diretta (anche tra la soddisfazione della stessa autrice del testo) dal regista Alberto Giusta – interpreta con molta passione, spaccandoli in due. Nella prima parte si può osservare una Camille ancora “domestica” anche se sola, dove l’unica presenza è quella dei suoi gatti; una Camille che passa dalla risata alle urla, dal pianto alla dolcezza, saltando, sedendosi e sdraiandosi sui pochi arredi (una sedia e un divanetto) offerti da una scenografia minimalista. Poi la seconda, dopo un veloce cambio d’abito a luci spente, ambientata nel manicomio di Montfavet.

Un’esistenza, questa, completamente mutata, come la voce della protagonista, diventata monocorde e distaccata. Con i rimpianti per tutto quello che le è stato tolto: l’amore, non tanto per Rodin, ma per la sua arte. Sino all’epilogo, giusto 80 anni fa. Le luci si abbassano e l’attrice legge la lettera che il cappellano del manicomio aveva inviato a Paul Cluadel per la morte della sorella, dopo un triste funerale al quale non era intervenuto nessun familiare.


Al termine applausi convinti e l’anticipazione. Quella che il sodalizio Galatini – Pasetti (al quale si aggiunge ovviamente anche il regista Giusta) proseguirà con un nuovo spettacolo, questa volta dedicato alla poetessa Antonia Pozzi. Il testo è già scritto e il debutto è previsto la prossima estate.

(foto di Roberto Pizzighello)

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