Madama Butterfly inaugura l’anno pucciniano al Teatro Coccia. La recensione

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Coccia non poteva che inaugurare la stagione operistica del 2024 con un omaggio al genio-compositore di Torre del Lago. Lo ha fatto venerdì 19 gennaio, ormai come è di consuetudine da qualche anno in occasione della festività di San Gaudenzio

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Coccia non poteva che inaugurare la stagione operistica del 2024 con un omaggio al genio-compositore di Torre del Lago. Lo ha fatto venerdì 19 gennaio, ormai come è di consuetudine da qualche anno in occasione della festività di San Gaudenzio.

In scena una Madama Butterfly che è una meraviglia per gli occhi: la scena è quella di una casa tradizionale giapponese con pareti semi mobili in legno e carta di riso riutilizzati dall’allestimento del 2017. I dipinti sono fatti a mano con terre mischiate e rappresentano, come nelle più classiche iconografie orientali, i rami di ciliegio con gli ideogrammi. Nel proscenio c’è un giardino Zen mentre sullo sfondo un ciliegio che apre verso un giardino nascosto al pubblico ma che si può ben si può immaginare. Tutto è curato nei minimi dettagli: dagli oggetti necessari alla cerimonia del tè alla collezione di katane utilizzate da Butterfly per il tragico epilogo. L’impatto visivo è sorprendente, in particolare nel terzo atto.

I costumi sono la punta di diamante di questa produzione: commissionati dallo stilista Artemio Cabassi (noto al pubblico novarese per aver realizzato i costumi di Tosca e Le Convenienze ed Inconvenienze Teatrali), i kimoni con i loro maestosi obi arrivano direttamente dal Giappone e sono dipinti a mano con tecniche antichissime. I colori, compreso il bianco di Butterfly, sono incredibilmente intesi e adeguati, tanto da tratteggiare in modo prepotente il carattere dei singoli personaggi. Molto coerenti anche le divise di Pinkerton e Sharpless così come l’abito di Kate in perfetto stile di inizio Novecento.

(foto di Mario Finotti)

Da segnalare le luci di Ivan Pastrovicchio, come sempre elemento di distinzione e certezza di un’ottima riuscita.

La regia, affidata a Renato Bonajuto, è esperta e competente: fedele al testo e allo spartito, senza eccessi né imperfezioni, tutti tratti di una classicità non scontata che per Butterfly sono l’essenzialità del successo.

Le voci. Il soprano Francesca Sassu (Madama Butterfly Cio-Cio-San), seppur con l’aria più famosa Un bel dì, vedremo abbia convinto il pubblico che ha risposto con un lungo applauso, mostra una certa monotonia vocale nonostante non manchi di limpidezza. Da lavorare anche sulla presenza scenica di un personaggio così complesso e distante dalla cultura occidentale ma ben delineato anche dalle sfumature della partitura.

Lo stesso vale per il tenore Valerio Borgioni (Pinkerton): noto e apprezzato per il suo repertorio primariamente rossiniano e donizettiano, la parte del protagonista maschile scritta da Puccini risulta alquanto ardua: manca densità e timbro.

Molto sentita la Suzuki di Anna Malavasi (mezzosoprano) sia vocalmente che nell’interpretazione scenica: risoluta e coraggiosa, la vocalità piena e brunita ben si sposa con la melodia pucciniana; apprezzabile, in particolare, nel duetto con Butterfly nel terzo atto.

Angelo Veccia (baritono) porta in scena uno Sharpless molto convincente così come Marco Miglietta che interpreta Goro.

Completano il cast Eleonora Filipponi (Kate Pinkerton), Emil Abdulllaiev (lo zio Bonzo), Xiaosen Su (il principe Yamadori), (Antonio Baratti) e Renzo Curone (l’ufficiale del registro).

Una menzione speciale per il piccolo Romeo Lunedei, di 4 anni, figlio di Anna Malavasi, che ha conquistato gli spettatori per la dolcessa e la spontaneità con cui ha vestito i panni di Dolore.

Il coro San Gregorio Magno, diretto da Alberto Sala, ancora una volta non tradisce le aspettative e si dimostra all’altezza della parte in un emozionante coro a bocca chiusa.

Il maestro Josè Miguel Pèrez Sierra che dirige l’Orchestra filarmonica italiana, è un gran conoscitore dell’opera pucciniana e un fedelissimo di questa partitura che rispetta e mette in scena senza inganni rischiando, però, in alcuni momenti di sovrastare le voci. Così come la scelta di sistemare le percussioni sui palchi vicino al palcoscenico è apparsa piuttosto invasiva.

L’anno pucciniano al Teatro Coccia è dunque appena iniziato. Attese La Rondine a settembre e Gianni Schicchi a ottobre oltre a un omaggio in forma di concerto a dicembre. Il primo appuntamento con l’opera è maggio con Cavalleria Rusticana e Pagliacci.

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Madama Butterfly inaugura l’anno pucciniano al Teatro Coccia. La recensione

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Coccia non poteva che inaugurare la stagione operistica del 2024 con un omaggio al genio-compositore di Torre del Lago. Lo ha fatto venerdì 19 gennaio, ormai come è di consuetudine da qualche anno in occasione della festività di San Gaudenzio

Nel centenario della morte di Giacomo Puccini, il Teatro Coccia non poteva che inaugurare la stagione operistica del 2024 con un omaggio al genio-compositore di Torre del Lago. Lo ha fatto venerdì 19 gennaio, ormai come è di consuetudine da qualche anno in occasione della festività di San Gaudenzio.

In scena una Madama Butterfly che è una meraviglia per gli occhi: la scena è quella di una casa tradizionale giapponese con pareti semi mobili in legno e carta di riso riutilizzati dall’allestimento del 2017. I dipinti sono fatti a mano con terre mischiate e rappresentano, come nelle più classiche iconografie orientali, i rami di ciliegio con gli ideogrammi. Nel proscenio c’è un giardino Zen mentre sullo sfondo un ciliegio che apre verso un giardino nascosto al pubblico ma che si può ben si può immaginare. Tutto è curato nei minimi dettagli: dagli oggetti necessari alla cerimonia del tè alla collezione di katane utilizzate da Butterfly per il tragico epilogo. L’impatto visivo è sorprendente, in particolare nel terzo atto.

I costumi sono la punta di diamante di questa produzione: commissionati dallo stilista Artemio Cabassi (noto al pubblico novarese per aver realizzato i costumi di Tosca e Le Convenienze ed Inconvenienze Teatrali), i kimoni con i loro maestosi obi arrivano direttamente dal Giappone e sono dipinti a mano con tecniche antichissime. I colori, compreso il bianco di Butterfly, sono incredibilmente intesi e adeguati, tanto da tratteggiare in modo prepotente il carattere dei singoli personaggi. Molto coerenti anche le divise di Pinkerton e Sharpless così come l’abito di Kate in perfetto stile di inizio Novecento.

(foto di Mario Finotti)

Da segnalare le luci di Ivan Pastrovicchio, come sempre elemento di distinzione e certezza di un’ottima riuscita.

La regia, affidata a Renato Bonajuto, è esperta e competente: fedele al testo e allo spartito, senza eccessi né imperfezioni, tutti tratti di una classicità non scontata che per Butterfly sono l’essenzialità del successo.

Le voci. Il soprano Francesca Sassu (Madama Butterfly Cio-Cio-San), seppur con l’aria più famosa Un bel dì, vedremo abbia convinto il pubblico che ha risposto con un lungo applauso, mostra una certa monotonia vocale nonostante non manchi di limpidezza. Da lavorare anche sulla presenza scenica di un personaggio così complesso e distante dalla cultura occidentale ma ben delineato anche dalle sfumature della partitura.

Lo stesso vale per il tenore Valerio Borgioni (Pinkerton): noto e apprezzato per il suo repertorio primariamente rossiniano e donizettiano, la parte del protagonista maschile scritta da Puccini risulta alquanto ardua: manca densità e timbro.

Molto sentita la Suzuki di Anna Malavasi (mezzosoprano) sia vocalmente che nell’interpretazione scenica: risoluta e coraggiosa, la vocalità piena e brunita ben si sposa con la melodia pucciniana; apprezzabile, in particolare, nel duetto con Butterfly nel terzo atto.

Angelo Veccia (baritono) porta in scena uno Sharpless molto convincente così come Marco Miglietta che interpreta Goro.

Completano il cast Eleonora Filipponi (Kate Pinkerton), Emil Abdulllaiev (lo zio Bonzo), Xiaosen Su (il principe Yamadori), (Antonio Baratti) e Renzo Curone (l’ufficiale del registro).

Una menzione speciale per il piccolo Romeo Lunedei, di 4 anni, figlio di Anna Malavasi, che ha conquistato gli spettatori per la dolcessa e la spontaneità con cui ha vestito i panni di Dolore.

Il coro San Gregorio Magno, diretto da Alberto Sala, ancora una volta non tradisce le aspettative e si dimostra all’altezza della parte in un emozionante coro a bocca chiusa.

Il maestro Josè Miguel Pèrez Sierra che dirige l’Orchestra filarmonica italiana, è un gran conoscitore dell’opera pucciniana e un fedelissimo di questa partitura che rispetta e mette in scena senza inganni rischiando, però, in alcuni momenti di sovrastare le voci. Così come la scelta di sistemare le percussioni sui palchi vicino al palcoscenico è apparsa piuttosto invasiva.

L’anno pucciniano al Teatro Coccia è dunque appena iniziato. Attese La Rondine a settembre e Gianni Schicchi a ottobre oltre a un omaggio in forma di concerto a dicembre. Il primo appuntamento con l’opera è maggio con Cavalleria Rusticana e Pagliacci.

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Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore