Mario Calabresi: «Questa storia è venuta a cercarmi. Ci sono echi del mio passato»

Quella di Carlo Saronio non è solo la storia di uno degli innumerevoli rapimenti finiti in tragedia durante gli Anni di piombo. È la storia di un ragazzo milanese tradito e calpestato oltre che dimenticato e sul quale, per decenni, è rimasto calato un alone di omertà.

Attraverso “Quello che non ti dicono” il giornalista Mario Calabresi ha voluto raccontare tutto questo: una storia di cuore basata sulla ricerca scrupolosa di fatti. Solo la genesi del libro potrebbe rappresentare una storia a parte. «Un giorno di ottobre del 2019 ho ricevuto un messaggio su Facebook da parte di Piero Masolo, un prete missionario in Algeria, dicendomi che avrebbe voluto ricordare lo zio, fratello minore della madre, completamente dimenticato, morto dopo essere stato rapito quando aveva 25 anni – racconta Calabresi -. Mi chiedeva una mano e se potevo aiutarlo in qualche modo a ricordarlo. Lo zio era Carlo Saronio. Il missionario mi ha poi messo in contatto con la nipote Marta, figlia di Carlo, che il padre non l’ha mai conosciuto perchè nata otto mesi dopo la sua uccisione».

 

 

Tra le numerose vicende tragiche degli anni Settanta, perchè ha scelto proprio questa?

Rappresenta per me una storia speciale perchè non l’ho cercata io, è lei che è venuta a trovarmi. Inoltre ha un valore particolare perchè racconta quanto furono feroci di anni Settanta, quanto per un’ideologia si fosse pronti a tradire amicizie, a passare sopra qualunque cosa compresi i rapporti umani. È qui che si inserisce la vita di Saronio, appartenente alla borghesia milanese: una storia complessa con tante sfumature, dimenticata e mai raccontata nella sua interezza, che porta dentro la lacerazione di un ragazzo di 25 anni dibattuto tra mondi diversi: la sua agiatezza con l’emarginazione delle periferie che volevano abbattere il sistema. Io ho cercato di ricostruire le sue contraddizioni che pagò con la vita.

“Quello che non ti dicono” si può definire come un libro di sentimento o di cronaca?
Credo che i due elementi esistano in equilibrio tra loro. Qui c’è tutta la parte umana supportata da un lavoro giornalistico di ricostruzione dei fatti.

Incontrare la figlia di Saronio le ha fatto risuonare la sua storia personale?
Ben certamente. Ho ritrovato echi del mio passato che possono essere capiti solo dal bisogno di un figlio di avere indietro il proprio padre.

Questa sera, lunedì 21 dicembre, alle 18 lei parlerà del suo libro sul canale YouTube di A-Novara in un incontro organizzato dal Circolo dei lettori nell’ambito della rassegna “La cultura è essenziale”. Pensa davvero che la cultura sia essenziale?
Il mondo, in numerosi settori, sta pagando un prezzo altissimo; ci sono persone senza stipendio da mesi e chissà per quanto ancora. Anche la cultura, però, fa parte di questa tragica realtà: è fondamentale sostenerla e permetterle di ricominciare quando il mondo finalmente ripartirà. Tenere accesa la fiammella della cultura è un nostro dovere.

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Cecilia Colli

Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore

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Mario Calabresi: «Questa storia è venuta a cercarmi. Ci sono echi del mio passato»

Quella di Carlo Saronio non è solo la storia di uno degli innumerevoli rapimenti finiti in tragedia durante gli Anni di piombo. È la storia di un ragazzo milanese tradito e calpestato oltre che dimenticato e sul quale, per decenni, è rimasto calato un alone di omertà.

Attraverso “Quello che non ti dicono” il giornalista Mario Calabresi ha voluto raccontare tutto questo: una storia di cuore basata sulla ricerca scrupolosa di fatti. Solo la genesi del libro potrebbe rappresentare una storia a parte. «Un giorno di ottobre del 2019 ho ricevuto un messaggio su Facebook da parte di Piero Masolo, un prete missionario in Algeria, dicendomi che avrebbe voluto ricordare lo zio, fratello minore della madre, completamente dimenticato, morto dopo essere stato rapito quando aveva 25 anni – racconta Calabresi -. Mi chiedeva una mano e se potevo aiutarlo in qualche modo a ricordarlo. Lo zio era Carlo Saronio. Il missionario mi ha poi messo in contatto con la nipote Marta, figlia di Carlo, che il padre non l’ha mai conosciuto perchè nata otto mesi dopo la sua uccisione».

 

 

Tra le numerose vicende tragiche degli anni Settanta, perchè ha scelto proprio questa?

Rappresenta per me una storia speciale perchè non l’ho cercata io, è lei che è venuta a trovarmi. Inoltre ha un valore particolare perchè racconta quanto furono feroci di anni Settanta, quanto per un’ideologia si fosse pronti a tradire amicizie, a passare sopra qualunque cosa compresi i rapporti umani. È qui che si inserisce la vita di Saronio, appartenente alla borghesia milanese: una storia complessa con tante sfumature, dimenticata e mai raccontata nella sua interezza, che porta dentro la lacerazione di un ragazzo di 25 anni dibattuto tra mondi diversi: la sua agiatezza con l’emarginazione delle periferie che volevano abbattere il sistema. Io ho cercato di ricostruire le sue contraddizioni che pagò con la vita.

“Quello che non ti dicono” si può definire come un libro di sentimento o di cronaca?
Credo che i due elementi esistano in equilibrio tra loro. Qui c’è tutta la parte umana supportata da un lavoro giornalistico di ricostruzione dei fatti.

Incontrare la figlia di Saronio le ha fatto risuonare la sua storia personale?
Ben certamente. Ho ritrovato echi del mio passato che possono essere capiti solo dal bisogno di un figlio di avere indietro il proprio padre.

Questa sera, lunedì 21 dicembre, alle 18 lei parlerà del suo libro sul canale YouTube di A-Novara in un incontro organizzato dal Circolo dei lettori nell’ambito della rassegna “La cultura è essenziale”. Pensa davvero che la cultura sia essenziale?
Il mondo, in numerosi settori, sta pagando un prezzo altissimo; ci sono persone senza stipendio da mesi e chissà per quanto ancora. Anche la cultura, però, fa parte di questa tragica realtà: è fondamentale sostenerla e permetterle di ricominciare quando il mondo finalmente ripartirà. Tenere accesa la fiammella della cultura è un nostro dovere.

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Novarese, giornalista professionista, ha lavorato per settimanali e tv. A La Voce di Novara ha il ruolo di direttore