Miracoli metropolitani, tanti spaccati di una quotidianità neanche troppo immaginaria

Successo giovedì sera al Nuovo Faraggiana per lo spettacolo messo in scena da Carrozzeria Orfeo. Scritto prima dell'emergenza pandemica, fra risate amare e tante riflessioni disegna uno spaccato crudo e veritiero di tanti drammi odierni

Prima di tutto occorre confessare una cosa. Se nella cartella stampa l’autore Gabriele Di Luca, che firma anche la regia insieme ad Alessandro Tedeschi e Massimiliano Setti, non confessasse che “Miracoli metropolitani” – lo spettacolo che la compagnia Carrozzeria Orfeo sta portando da diversi mesi in giro per l’Italia e che lo scorso giovedì 17 febbraio ha riscosso successo anche al Nuovo Faraggiana di Novara – sia stato scritto in epoca ante Covid si potrebbe pensare il contrario. Invece la storia, immaginaria fino a un certo punto, non potrebbe discostarsi più di tanto dalla una realtà in parte vissuta negli ultimi due anni. Dove sono messi a nudo diversi spaccati del nostro vivere quotidiano, con il lockdown che ha azzerato ogni forma di socialità, aumentato le frustrazioni; con i video games e i social che hanno finito per creare vere e proprie dipendenze; dove i drammi delle fasce più deboli ed emarginate emergono insieme agli effetti della globalizzazione.


In una città dove le fogne hanno straripato a causa della mancata osservanza ambientale e i liquami hanno finito per occupare le strade, l’azione di svolge nello scantinato di un garage trasformato in una cucina dove vengono preparati pasti a domicilio per intolleranti alimentari. Sulla scena si muovono il protagonista principale Plinio (interpretato da un magistrale Federico Vanni), chef stellato “decaduto” che sogna un riscatto; la sua compagna Clara (un’ottima Beatrice Schiros), aspirante influencer che trascorre le giornate postando foto e video sui social o cercando di partecipare ad avvenimenti mondani; il figlio di lei Igor (Federico Gatti), un ragazzone senza cultura, intendo a trascorrere le giornate con i video games.


Ma anche tutti gli altri personaggi vanno a incastrarsi su misura. Ci sono Patty (Daniela Piperno), madre di Clara, femminista ed ex sessantottina che pur essendo ancorata ai suoi ideali lascia trasparire tutte le sue mancanze, inseguendo ancora l’utopia di una nuova vita in una “comune” nel Nord Europa; Mosquito (Pier Luigi Pasino), un detenuto in semilibertà impegnato come rider che sogna di fare l’attore; Cesare (Massimiliano Setti) un docente che entra a far parte del gruppo per un malinteso telefonico; Hope (Ambra Chiarello), la lavapiatti proveniente dall’Etiopia, forse la figura più positiva del gruppo, impegnata a denunciare lo sfruttamento degli immigrati. Perché “Miracoli metropolitani” è al tempo stesso un manifesto che contiene messaggi crudi e veritieri. Infine, una regia incalzante contribuisce a non rendere assolutamente pesante le oltre due ore di spettacolo senza intervallo. Si ride (amaramente) e si riflette, perché la storia, seppure grottesca, è assolutamente realistica.

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Miracoli metropolitani, tanti spaccati di una quotidianità neanche troppo immaginaria

Successo giovedì sera al Nuovo Faraggiana per lo spettacolo messo in scena da Carrozzeria Orfeo. Scritto prima dell’emergenza pandemica, fra risate amare e tante riflessioni disegna uno spaccato crudo e veritiero di tanti drammi odierni

Prima di tutto occorre confessare una cosa. Se nella cartella stampa l'autore Gabriele Di Luca, che firma anche la regia insieme ad Alessandro Tedeschi e Massimiliano Setti, non confessasse che “Miracoli metropolitani” – lo spettacolo che la compagnia Carrozzeria Orfeo sta portando da diversi mesi in giro per l'Italia e che lo scorso giovedì 17 febbraio ha riscosso successo anche al Nuovo Faraggiana di Novara – sia stato scritto in epoca ante Covid si potrebbe pensare il contrario. Invece la storia, immaginaria fino a un certo punto, non potrebbe discostarsi più di tanto dalla una realtà in parte vissuta negli ultimi due anni. Dove sono messi a nudo diversi spaccati del nostro vivere quotidiano, con il lockdown che ha azzerato ogni forma di socialità, aumentato le frustrazioni; con i video games e i social che hanno finito per creare vere e proprie dipendenze; dove i drammi delle fasce più deboli ed emarginate emergono insieme agli effetti della globalizzazione.


In una città dove le fogne hanno straripato a causa della mancata osservanza ambientale e i liquami hanno finito per occupare le strade, l'azione di svolge nello scantinato di un garage trasformato in una cucina dove vengono preparati pasti a domicilio per intolleranti alimentari. Sulla scena si muovono il protagonista principale Plinio (interpretato da un magistrale Federico Vanni), chef stellato “decaduto” che sogna un riscatto; la sua compagna Clara (un'ottima Beatrice Schiros), aspirante influencer che trascorre le giornate postando foto e video sui social o cercando di partecipare ad avvenimenti mondani; il figlio di lei Igor (Federico Gatti), un ragazzone senza cultura, intendo a trascorrere le giornate con i video games.


Ma anche tutti gli altri personaggi vanno a incastrarsi su misura. Ci sono Patty (Daniela Piperno), madre di Clara, femminista ed ex sessantottina che pur essendo ancorata ai suoi ideali lascia trasparire tutte le sue mancanze, inseguendo ancora l'utopia di una nuova vita in una “comune” nel Nord Europa; Mosquito (Pier Luigi Pasino), un detenuto in semilibertà impegnato come rider che sogna di fare l'attore; Cesare (Massimiliano Setti) un docente che entra a far parte del gruppo per un malinteso telefonico; Hope (Ambra Chiarello), la lavapiatti proveniente dall'Etiopia, forse la figura più positiva del gruppo, impegnata a denunciare lo sfruttamento degli immigrati. Perché “Miracoli metropolitani” è al tempo stesso un manifesto che contiene messaggi crudi e veritieri. Infine, una regia incalzante contribuisce a non rendere assolutamente pesante le oltre due ore di spettacolo senza intervallo. Si ride (amaramente) e si riflette, perché la storia, seppure grottesca, è assolutamente realistica.

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