Con 66.000 visitatori, la mostra “Paesaggi, da Migliara a Pellizza da Volpedo”, organizzata da Mets Percorsi d’Arte, ha chiuso i battenti domenica al castello superando ogni aspettativa. Un successo che, in considerazione del tema trattato, può ritenersi anche migliore del già brillante risultato dell’anno scorso, a conferma di un trend che va ben oltre l’effimero entusiasmo per una singola esposizione. Perché ormai, a Novara, parlare di arte dell’Ottocento non è solo cronaca culturale: è identità.
«È una vocazione che si sta affermando, che sta diventando parte dell’anima della città – sostiene Paolo Tacchini, presidente di Mets, l’associazione che da anni cura con rigore e visione le grandi mostre novaresi. Un ruolo, quello del presidente, che nel 2024 gli è valso il riconoscimento di Novarese dell’anno proprio per il lavoro svolto nell’ambito della cultura.
Il bilancio è più che positivo, ma ora tocca a Novara: dopo aver ricevuto tanto, la città deve cominciare a restituire. Il tema non è solo simbolico. Si parla di concretezza: Tacchini fa riferimento al rinnovo del contratto triennale con il Comune che permette di dare continuità a un progetto ormai maturo: «Se Novara vuole davvero consolidare il ruolo che si è guadagnata, è indispensabile compiere alcune scelte strategiche». Tra queste c’è senz’altro la valorizzazione della Galleria Giannoni che occupa un posto centrale. «Penso proprio di sì – prosegue il presidente -. Dopo l’importante riallestimento, serve ora un curatore specialista capace di definirne un’identità precisa e coerente. Ma non basta: occorre anche un maggiore coordinamento tra le iniziative culturali, per valorizzare al meglio l’ampia offerta che la città già possiede».
L’ambizione, in fondo, è già tutta nel titolo: Novara capitale della pittura dell’Ottocento. Un’idea che sembrava azzardata qualche anno fa, ma che oggi prende forma nei numeri, nella qualità dei progetti e nella risposta del pubblico. «Le mostre di Mets sono ormai percepite come eventi della città, non di una realtà esterna – sottolinea Tacchini – e questo è fondamentale per fidelizzare il pubblico e costruire una relazione duratura».
C’è però un punto dolente: quello del coinvolgimento scolastico: «A parte il liceo artistico, le scuole hanno risposto poco – continua Tacchini -. Non vogliamo puntare il dito, forse non abbiamo fatto abbastanza, ma è un dato che ci interroga. Il nostro scopo è divulgativo, non elitario. Le mostre sono pensate per avvicinare le persone all’arte, e in particolare i giovani a cui teniamo molto».
Anche sul fronte dell’accoglienza, qualche nodo va sciolto su temi che in verità non sono nuovi. «I visitatori della mostra, soprattutto nel weekend, faticano a trovare posti dove pranzare. È un dettaglio che sembra marginale, ma che pesa sull’esperienza complessiva. Un impulso alla ristorazione sarebbe auspicabile».
Intanto Mets guarda avanti, con la mostra su Pellizza da Volpedo alla GAM di Milano, ma senza distogliere lo sguardo da Novara. «”È qui che vogliamo continuare. Anche con progetti ancora più specifici, come le monografiche: l’esposizione di quest’anno ha dimostrato che il pubblico sta maturando e si è rivelato pronto ad affrontare argomenti più complessi».».
Dopo aver ricevuto tanto, dunque, è il momento che Novara dica la sua. E non solo con le istituzioni: Tacchini lo chiede soprattutto ai novaresi. Perché una capitale dell’Ottocento non si costruisce con i numeri, ma con l’orgoglio di sentirsi parte di qualcosa che cresce, mostra dopo mostra.
Una risposta
Più volte mi è capitato di scrivere, anche da queste pagine e dai miei social delle mostre novaresi del Castello allestite da Mets e molte volte l’ho fatto con ironia e senso critico, perché così mi piace fare, gettare sassi nello stagno come si dice in senso figurato. Non sempre Paolo Tacchini ha saputo sorridere delle cose che scrivevo, forse mi ha preso troppo sul serio. Invece io lo stimo molto, poiché credo sia uno degli “animatore culturali” più caparbio, capace e raffinato che questa città abbia avuto. Mi fa piacere che proprio lui adesso metta a fuoco i limiti della gestione della politica culturale della città. Ha assolutamente ragione quando afferma che l’amministrazione deve fare scelte strategiche e non può solo mettersi fiori all’occhiello su mostre episodiche. E’ ora di fare un passo avanti: se Novara vuole puntare sulla pittura ottocentesca lo deve fare con coraggio e pensando in grande, sono necessari eventi collaterali che attirino studiosi e appassionati, approfittare della presenza del Circolo dei lettori per coordinare le mostre con la presentazione di opere letterarie sull’argomento è necessario, per usare un termine che detesto ma rende l’idea, “fare sistema”. E poi, come giustamente dice Paolo Tacchini occorre ritagliare un ruolo per la Galleria Giannoni e, perché no, pensare al modo di inserire in questo panorama, Palazzo Bellini, sede della Banca Popolare, da dove è passata una bella fetta della storia italiana dell’Ottocento e che contiene opere notevoli che è molto limitativo vedere aperto solo in occasione delle Giornate del Fai. E del Castello vogliamo parlare? Non ha una identità precisa, è un contenitore di tutto e di niente: fiori, fiere, bancarelle, concerti. Capitolo scuol: le scuole procedono in ordine sparso, (almeno le superiori). Abituare i ragazzi a visitare le mostre è fondamentale, è a quell’età che nascono le passioni. Purtroppo ormai i centri commerciali hanno sostituito mostre e musei (anche nell’orientamento scolastico). Non si ha la capacità di distinguere (o si fa fatica a farlo) tra iniziative di qualità che la città offre, come questa o, per fare un esempio “Novara Jazz” e la paccottiglia culturale offerta dal mercato. Non vorrei divagare troppo ma Casa Bossi, opera Ottocentesca per eccellenza, potrebbe giocare un ruolo importante, ma tutto tace e nulla si muove. Insomma di carne al fuoco da mettere ce n’è parecchia. Ma se non si pensa in grande, si resta provincia e “provinciale”, come scriveva Joseph Roth, non è un concetto geografico…