Come da ormai consolidata tradizione, Novara Jazz Festival ha dato il via, giovedì 31 maggio scorso, ai due lunghi weekend di musica e lo ha fatto curiosamente con la fotografia. Un connubio, quello tra fotografia e jazz, come tante volte si è detto, inscindibile, un legame diverso quello diverso da quello con qualsiasi altra forma musicale. ““I jazzisti si muovono poco sulla scena”, mi diceva uno che di fotografia la sa lunga, come Emanuele Meschini, da anni reporter fotografico ufficiale del Festival; i jazzisti dànno il tempo al fotografo di aspettare che accada ciò che poi davvero accade: un movimento, una espressione, una disarmonia, “che quando ti piace la foto riesce meglio”. Ospite di Nj è oggi Carlo Verri, uno dei grandi fotografi italiani da sempre “fiancheggiatori” del jazz.
A Novara nella Sala dell’Accademia del complesso monumentale del Broletto presenta la mostra “Ho preso il jazz per la coda” con una ritrattistica fotografica dedicata a musicisti come Randy Weston, Ella Fitzgerald, Max Roach, Lester Bowie, Chick Corea, Bobby Watson, Ahmad Jamal, Ornette Coleman, Ray Brown e molti altri. Prima del vernissage c’è il tempo di presentare un altro suo magnifico lavoro editoriale, “Sounding Pictures” curato da Marco Pinnisi con scatti divenuti famosi e raccolti in questo curioso volume a forma di Lp. Una bella occasione per incontrare altri fotografi della “scuola lombarda” che hanno reso visibile la (ormai lunga), storia di Novara Jazz come Luciano Rossetti. La mostra inaugurata venerdì resterà aperta per tutta la durata del Festival. Venerdì si guardava, da ieri si ascolta con la “jam session” della scuola Dedalo” a Nòva e oggi si va per colline novaresi…
Sabato 1 giugno. Chissà perché la musica di ricerca o contemporanea cerca gli ambienti antichi, mentre la musica classica non predilige il moderno. È con questo amletico pensiero che attendo l’inizio del raffinatissimo concerto (come si rivelerà essere) dei “Tellkurjia”(Ambra Chiara Michelangeli alla viola ed effetti elettronici, Stefano Calderano e Francesco Diodati alla chitarra elettrica e Francesco Guerri al violoncello), all’interno del magnifico Museo Etnografico della antonelliana Villa Caccia a Romagnano Sesia, a pochi chilometri da Novara. Lo scavallare per colline e dossi delle terre del vino porta sempre a preziose scoperte come questa. Un quartetto che vorrebbe essere d’archi, ma quasi per un pentimento o una provocazione finisce per diventare qualcos’altro, con due chitarre al posto dei violini. Un inizio sordo, con strusciamenti e piccoli aggiustamenti degli strumenti che sembrano, al pubblico meno smaliziato, accordature degli strumenti, lascia presagire un minimalismo di ricerca che invece, mano mano, si tramuta in una colonna di suoni corposi, qualche volta anche imperiosi, che fanno propria la lezione del Free Jazz come dell’elettronica e, naturalmente, della musica colta. Inquietudini novecentesche e lunari nella musica di “Tellkujia”, quasi mai il conforto di una melodia, anche per questo impossibile far calare la concentrazione e l’energica tensione che riempie la sala dell’antico e fascinoso edificio. Un concerto prezioso e asciutto, senza la concessione di un bis e magari di qualche parola sulle scelte musicali o sul nome del quartetto, che non sarebbero affatto guastate.