Sino al 2 dicembre (tutti i giorni, dalle 10.30 alle 12 e dalle 15.30 alle 18.30 con ingresso libero) si può visitare nella Saletta della Barriera Albertina una personale di Alfredo Vallese. L’artista novarese, da tanti anni conosciuto e affermato esponente della cosiddetta corrente del “naïf jugoslavo”, presenta un numero decisamente raggruardevole di nuove opere realizzate durante i lunghi mesi della chiusura a causa della pandemia. Caratteristica tecnica rimane quella dell’utilizzo del vetro come supporto, dipingendone il lato “posteriore”, partendo logicamente dai dettagli in primo piano sino a giungere alle campiture del fondo.
All’inagurazione della mostra, avvenuta nel pomeriggio di giovedì 18, i saluti dell’amministrazione comunale sono stati portati dall’assessore all’Istruzione Giulia Negri. L’esponente della giunta ha voluto ricordare come questo genere di arte, «in un’epoca nella quale ci siamo abituati al digitale», esalti ancora di più «l’amore della mano e di un lavoro che proviene proprio dal cuore».
Stupore ed emozione, per la critica d’arte Federica Mingozzi, «sono i sentimenti che prevalgono sempre osservando le opere di Vallese, anche se ogni volta riservano sempre qualcosa di particolare, ma uguale a se stessa. Una prima, sommaria osservazione ci portano a considerarle opere naïf. Questa è la prima informazione apparente, ma poi è l’amozione che ci prende e ci guida». Due sono gli aspetti che si possono prendere in esame: «Il primo riguarda la tecnica, che Vallese ha saputo affinare nel corso del tempo, diventata più che una passione. Non dimentichiamoci che questo artista lavora su vetro e proprio questo originale supporto consente alle sue opere di brillare di una luminosità sempre diversa a secondo dello sguardo». Poi c’é un fattore emozionale «allo stato puro. Siamo in una fase artistica in cui prevale quasi sempre l’opera astratta; parlare invece di dipinti come quelli di Vallese è come affrontare un tuffo nella storia dell’arte con la “esse” maiuscola, perché noi nasciamo con la figura, con essa ci siamo evoluti, l’abbiamo cambiata in tanti modi, abbiamo cercato tanti altri linguaggi, ma alla fine alla figura torniamo a tornare». Negli ultimi lavori la ricerca di Vallese si è infatti spostata dai consueti paesaggi invernali alla rappresentazione di personaggi. Esiste una sorta di fase di passaggio e anche l’oniricità, da sempre presente, viene in qualche modo accentuata, con particolari che vanno al di là della realtà.
«Ho cercato qualcosa di diverso da “naïfizzare” – ha confermato l’artista – anche se l’ambientazione rimane sempre quella di un contesto contadino», ma dove, ha concluso Mingozzi, «la natura si… snaturizza per diventare sguardo umano affettuoso».