Sonorità polacche e pakistane sullo stesso palco per il Novara Jazz

Il secondo weekend del festival inizia con una sperimentazione sul palco del Broletto

Inizia con un incontro presso il Circolo dei Lettori, nel castello di Novara, il secondo weekend di Novara Jazz XX edizione, con la presentazione del libro di Jeroen De Valk dedicato a Chat Baker (Ed. EDT). Il volume curato da Francesco Martinelli, presente all’incontro/dialogo con Gianni Lucini, sembra dire parole definitive su una figura del jazz molto nota e molto amata anche in Italia, anche per il suo prolungato soggiorno nel nostro paese e non privo di qualche disavventura (come i 18 mesi passati in carcere per uso di sostanze stupefacenti). Ma, come ricordato da Martinelli, la figura di Chat come prototipo dell’artista maledetto è piuttosto lontana dalla realtà. Un festival anche fatto, quindi, non solo di “jazz suonato” e tuttavia la musica incombe e sul “main stage” del cortile del Broletto irrompe la Erios Junior Jazz Orchestra-Act 1, con i Boogiesti Anonimi.

Segue poi il concerto principale, ovvero “EABS meets Jaubi”, progetto nato dall’incontro di due gruppi, uno polacco e uno pakistano, che hanno prodotto quest’anno un originale lavoro dal titolo significativo: “In Search of Better Tomorrow”. Spesso ho fatto ricorso alla famosa definizione della bellezza di Isidore Ducasse, conte di Lautrémont, “Bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire con un ombrello su un tavolo da anatomico“, per cercare di dare l’idea del fascino del jazz e, la formula della bellezza proposta dal grande poeta, sembra qui quantomai necessaria. Va tuttavia notato che, benché provenienti da culture assai diverse, le sonorità degli EABS e di Jaubi sembrano prendere origine da una volontà comune, quella di andare oltre qualsiasi barriera per trasformare le differenze da difficoltà in opportunità. A me pare però che a “volteggiar nell’aere”siano più le sonorità pakistane sostenute dall’inimitabile suono del sarangi (sorta di chitarra a 12 corde) di Zhoaib Hassan Khan e a far girare l’ago della bussola verso l’Occidente siano soprattutto le magnetiche bordate del sax di Olaf Więger. Completano la formazione Marek “Latarnik” Pędziviatr al piano e tastiere, Marcin Rak alla batteria, Pawel ”Wuja HZG” al basso, Jakub Kurek alla tromba e, dall’altra parte (quella pakistana) Kashif Ali Dhani, alla tabla e voce. Indubbiamente i ritmi esotici hanno un impatto predominante su sonorità per noi più consuete, ma di fatto il concerto è un’amalgama quasi perfetto di tante suggestioni che noi continuiamo a chiamare jazz come punto di riferimento generale, uno “spiritual jazz” dagli originalissimi connotati

. Per restare in ambito di topografie reali, anche il nuovo orientamento del palco (nord/sud) rispetto alle precedenti edizioni, sembra una scelta azzeccata e meno dispersiva per chi ascolta, tutto ciò realizzato grazie ad uno staff, e non sono i soliti ringraziamenti di rito, che riesce nell’impresa quasi miracolosa, di allestire set e poi spostarli da un punto all’altro della città a velocità supersonica, considerando il programma molto serrato del festival con decine e decine di musicisti in luoghi quasi tutti diversi tra loro. Raccogliamo quindi le forze e prepariamoci ad un nuovo, intensissimo lungo week end.

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Mario Grella

Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.

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Sonorità polacche e pakistane sullo stesso palco per il Novara Jazz

Il secondo weekend del festival inizia con una sperimentazione sul palco del Broletto

Inizia con un incontro presso il Circolo dei Lettori, nel castello di Novara, il secondo weekend di Novara Jazz XX edizione, con la presentazione del libro di Jeroen De Valk dedicato a Chat Baker (Ed. EDT). Il volume curato da Francesco Martinelli, presente all’incontro/dialogo con Gianni Lucini, sembra dire parole definitive su una figura del jazz molto nota e molto amata anche in Italia, anche per il suo prolungato soggiorno nel nostro paese e non privo di qualche disavventura (come i 18 mesi passati in carcere per uso di sostanze stupefacenti). Ma, come ricordato da Martinelli, la figura di Chat come prototipo dell’artista maledetto è piuttosto lontana dalla realtà. Un festival anche fatto, quindi, non solo di “jazz suonato” e tuttavia la musica incombe e sul “main stage” del cortile del Broletto irrompe la Erios Junior Jazz Orchestra-Act 1, con i Boogiesti Anonimi.

Segue poi il concerto principale, ovvero “EABS meets Jaubi”, progetto nato dall’incontro di due gruppi, uno polacco e uno pakistano, che hanno prodotto quest’anno un originale lavoro dal titolo significativo: “In Search of Better Tomorrow”. Spesso ho fatto ricorso alla famosa definizione della bellezza di Isidore Ducasse, conte di Lautrémont, “Bello come l’incontro casuale di una macchina da cucire con un ombrello su un tavolo da anatomico“, per cercare di dare l’idea del fascino del jazz e, la formula della bellezza proposta dal grande poeta, sembra qui quantomai necessaria. Va tuttavia notato che, benché provenienti da culture assai diverse, le sonorità degli EABS e di Jaubi sembrano prendere origine da una volontà comune, quella di andare oltre qualsiasi barriera per trasformare le differenze da difficoltà in opportunità. A me pare però che a “volteggiar nell’aere”siano più le sonorità pakistane sostenute dall’inimitabile suono del sarangi (sorta di chitarra a 12 corde) di Zhoaib Hassan Khan e a far girare l’ago della bussola verso l’Occidente siano soprattutto le magnetiche bordate del sax di Olaf Więger. Completano la formazione Marek “Latarnik” Pędziviatr al piano e tastiere, Marcin Rak alla batteria, Pawel ”Wuja HZG” al basso, Jakub Kurek alla tromba e, dall’altra parte (quella pakistana) Kashif Ali Dhani, alla tabla e voce. Indubbiamente i ritmi esotici hanno un impatto predominante su sonorità per noi più consuete, ma di fatto il concerto è un’amalgama quasi perfetto di tante suggestioni che noi continuiamo a chiamare jazz come punto di riferimento generale, uno “spiritual jazz” dagli originalissimi connotati

. Per restare in ambito di topografie reali, anche il nuovo orientamento del palco (nord/sud) rispetto alle precedenti edizioni, sembra una scelta azzeccata e meno dispersiva per chi ascolta, tutto ciò realizzato grazie ad uno staff, e non sono i soliti ringraziamenti di rito, che riesce nell’impresa quasi miracolosa, di allestire set e poi spostarli da un punto all’altro della città a velocità supersonica, considerando il programma molto serrato del festival con decine e decine di musicisti in luoghi quasi tutti diversi tra loro. Raccogliamo quindi le forze e prepariamoci ad un nuovo, intensissimo lungo week end.

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Nato a Novara, vissuto mentalmente a Parigi, continua a credere che la vita reale sia un ottimo surrogato del web.