Abolire il ministero della Cultura?

Per molti anni in Italia parlare di Ministero della Cultura era tabù: pesava troppo il ricordo del ventennio e del suo Minculpop, sigla del Ministero della Cultura popolare voluto da Mussolini, che pure ha avuto alla sua guida fascisti un po’ eretici e colti come Pavolini di cui si parlava molto, anzi si sparlava, ma non sui giornali causa censura, per le amanti, in genere dive del cinema.

Era un ministero di propaganda fascista che voleva controllare gli intellettuali e gli artisti e premiarli se esaltavano il regime , le sue opere e il suo capo. Quando Spadolini volle a tutti costi il Ministero dei Beni Culturali fu per togliere alla Pubblica Istruzione le soprintendenze alle Belle Arti che nel carrozzone della scuola non avevano abbastanza fondi e spazio.

Spadolini mise bene in chiaro che mai al mondo il Governo si sarebbe occupato di cultura ma solo di monumenti antichi e musei: lo Stato democratico non si occupa di cultura.

Le cose sono cambiate con Veltroni che ha disegnato un Ministero sui suoi gusti e interessi: il cinema, la tv, gli spettacoli di massa. Il modello era quello di Mitterand che in Francia aveva voluto molte opere monumentali per i posteri e aveva una relazione con la sovrintendente del Louvre, parallela al matrimonio, da cui ebbe una figlia che oggi è una scrittrice famosa, e di cui si seppe solo dopo la morte, perché i giornali tennero sempre il segreto.

Quando il centrodestra ha preso il posto del centrosinistra, Berlusconi si guardò bene dallo smantellare il Ministero della Cultura e lo affidò a Urbani, suo consigliere ascoltato e fondatore con lui di Forza Italia.
Mentre forse nella sinistra veltroniana albergava un’intenzione pedagogica, plasmare in senso civile e democratico la mentalità degli italiani, per il centrodestra era maggiormente necessario assegnare fondi a questo o quel regista più amico per rompere l’egemonia culturale della sinistra a cui raramente ha corrisposto poi un maggior peso in politica.

In tutti e due i casi, intenzione didattica o distribuzione di soldi a fini clientelari, il Ministero della Cultura forse andrebbe ridimensionato e ridisegnato. Non dico completamente, ma andrebbero limati poteri e prerogative per darle a forme di autogoverno dei mondi culturali e delle autonomie locali senza troppe ingerenze di politici impiccioni.

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Pier Luigi Tolardo

Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Abolire il ministero della Cultura?

Per molti anni in Italia parlare di Ministero della Cultura era tabù: pesava troppo il ricordo del ventennio e del suo Minculpop, sigla del Ministero della Cultura popolare voluto da Mussolini, che pure ha avuto alla sua guida fascisti un po’ eretici e colti come Pavolini di cui si parlava molto, anzi si sparlava, ma non sui giornali causa censura, per le amanti, in genere dive del cinema.

Era un ministero di propaganda fascista che voleva controllare gli intellettuali e gli artisti e premiarli se esaltavano il regime , le sue opere e il suo capo. Quando Spadolini volle a tutti costi il Ministero dei Beni Culturali fu per togliere alla Pubblica Istruzione le soprintendenze alle Belle Arti che nel carrozzone della scuola non avevano abbastanza fondi e spazio.

Spadolini mise bene in chiaro che mai al mondo il Governo si sarebbe occupato di cultura ma solo di monumenti antichi e musei: lo Stato democratico non si occupa di cultura.

Le cose sono cambiate con Veltroni che ha disegnato un Ministero sui suoi gusti e interessi: il cinema, la tv, gli spettacoli di massa. Il modello era quello di Mitterand che in Francia aveva voluto molte opere monumentali per i posteri e aveva una relazione con la sovrintendente del Louvre, parallela al matrimonio, da cui ebbe una figlia che oggi è una scrittrice famosa, e di cui si seppe solo dopo la morte, perché i giornali tennero sempre il segreto.

Quando il centrodestra ha preso il posto del centrosinistra, Berlusconi si guardò bene dallo smantellare il Ministero della Cultura e lo affidò a Urbani, suo consigliere ascoltato e fondatore con lui di Forza Italia.
Mentre forse nella sinistra veltroniana albergava un’intenzione pedagogica, plasmare in senso civile e democratico la mentalità degli italiani, per il centrodestra era maggiormente necessario assegnare fondi a questo o quel regista più amico per rompere l’egemonia culturale della sinistra a cui raramente ha corrisposto poi un maggior peso in politica.

In tutti e due i casi, intenzione didattica o distribuzione di soldi a fini clientelari, il Ministero della Cultura forse andrebbe ridimensionato e ridisegnato. Non dico completamente, ma andrebbero limati poteri e prerogative per darle a forme di autogoverno dei mondi culturali e delle autonomie locali senza troppe ingerenze di politici impiccioni.

Pier Luigi Tolardo

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54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.