Alabama di Alessandro Barbero, il docente di storia all’Universita’ del Piemonte Orientale, uno degli scrittori più letti del nostro Paese, appartiene al filone dei migliori testi di letteratura antimilitarista e antibellica.
La storia prende le mosse dall’intervista che, mentre gli USA sono impegnati nella seconda guerra mondiale , una giovane studentessa universitaria di storia fa ad un anziano, uno dei pochi sopravvissuti, reduce sudista della Guerra di Secessione.
Il vecchio racconta la sua vicenda di giovane contadino bianco che vive poveramente coltivando cotone, ha anche lui due schiavi di colore ma la sua vita non è meno dura e diversa dai suoi schiavi.
Quando scoppia la Guerra di secessione si arruola, come altri contadini bianchi suoi vicini di casa con cui ha fatto tante volte a pugni, arruolato da un grande proprietario terriero, con molti schiavi, che sarà poi il suo comandante di reggimento in guerra.
I soldati sudisti, male equipaggiati, male armati e malnutriti, rispetto agli odiati yankees nordisti molto ben attrezzati vivono l’avventura bellica che, per la prima volta li porta lontano dalle loro case e campi, muoiono stupidamente come si muore in guerra, fra atroci dolori in un’epoca in cui l’unica soluzione per cercare di salvare un ferito è amputargli almeno un arto e spesso non basta oppure muoiono di tifo.
Nel romanzo di Barbero si sente l’eco di classici come “ Niente di nuovo sul fronte occidentale “.
I negri, le negre, come li chiama sempre nel romanzo il vecchio soldato sudista, gli schiavi di colore, sono lo sfondo della guerra, più cose vendute e comprate che persone, sono la base dell’economia e della società del Sud che questi soldati cercano inutilmente di salvare e sono affidati del tutto alla crudeltà ma anche alla benevolenza dei loro padroni.
Saranno gli uomini di colore che si battono con i nordisti ad essere oggetto di un grande massacro, inutile perché ormai alla fine della guerra persa per il Sud, una grande carneficina insensata su cui la giovane studentessa cercava testimonianze e che lei stessa sentirà con stupore sgradevole essere troppo vicina alla sua cultura di donna del Sud.