Essere buoni ma buoni veramente

A Natale, oltre alle spese per i regali, si espandono le spese per la beneficenza che però non si chiama più così ma in altri modi: solidarietà , oppure in inglese “charity”. A differenza però delle spese per spumanti e regali quanto destini a un’associazione per la ricerca su malattie varie, per i Paesi più poveri oppure per cani e gatti abbandonati, entro certi limiti e pagando in modo tracciabile, lo puoi detrarre dalle tasse. 

Naturalmente anche la beneficenza diventa un mercato con molti che in pochi giorni si affollano per chiederti il loro contributo, si fanno concorrenza, si servono della pubblicità, tanta, assumono perfino del personale pagato, come i ragazzi con pettorina rossa, verde, azzurra, che vorrebbero fermarci per strada e tantissimo personale volontario come i ragazzi che ci fanno un pacchetto in cambio di un’offerta. 

Come tutti i mercati ognuno cerca di piazzare la sua merce, la sua associazione, conta la pubblicità ma poi conta molto anche la pubblicità negativa cioè le critiche che le associazioni ricevono, critiche false o critiche vere.

A complicare le cose interviene la commistione fra prodotti commerciali , che so per esempio un panettone, che vengono venduti, ma dicendo che una quota sarà destinata per delle buone azioni, pubblicizzati da testimonial, cioè personaggi famosi, che a volte lo pubblicizzano gratis ma a volte chiedono un compenso per farlo. 

Tutto questo può portare confusione e non far capire al povero cliente quanto di quello che paga è per un prodotto e quanto per fare una buona azione. 

Per questo ci vogliono onestà, chiarezza senza forzature di cui è fatta spesso la pubblicità, perfino quella a fin di bene, e ci saranno autorità per verificare e controllare il tutto. 

Per rendere più complicato il tutto poi ci pensa la politica che interviene anche a commentare, soprattutto se i personaggi che fanno pubblicità ad un prodotto venduto, anche per beneficenza, in passato hanno anche preso posizioni politiche e quindi poi diventa tutto la solita polemica politica che ci allontana dal Natale e dalla beneficenza anni luce,  anche se tutti sono in buonafede. 

Si rimpiange un tempo in cui la beneficenza si faceva senza troppa pubblicità, la beneficenza era una cosa e le vendite un’altra, non esistevano personaggi come le influencer che fanno di mestiere solo la pubblicità, che la politica faceva la politica e non si occupava di pubblicità e vendite. 

Oggi tutti vogliono fare tutto e farsi pubblicità, troppa, e non si capisce quasi più niente. 

Quel tempo non tornerà e non tornerà , se mai tornerà , presto, possiamo averne nostalgia, la nostalgia è un diritto umano, ma non torna lo stesso. 

Intanto, per favore, cerchiamo tutti, e dico tutti e tutte, almeno a Natale di essere buoni ma buoni veramente nelle intenzioni, nei fatti e nelle parole.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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A Natale, oltre alle spese per i regali, si espandono le spese per la beneficenza che però non si chiama più così ma in altri modi: solidarietà , oppure in inglese “charity”. A differenza però delle spese per spumanti e regali quanto destini a un’associazione per la ricerca su malattie varie, per i Paesi più poveri oppure per cani e gatti abbandonati, entro certi limiti e pagando in modo tracciabile, lo puoi detrarre dalle tasse. 

Naturalmente anche la beneficenza diventa un mercato con molti che in pochi giorni si affollano per chiederti il loro contributo, si fanno concorrenza, si servono della pubblicità, tanta, assumono perfino del personale pagato, come i ragazzi con pettorina rossa, verde, azzurra, che vorrebbero fermarci per strada e tantissimo personale volontario come i ragazzi che ci fanno un pacchetto in cambio di un’offerta. 

Come tutti i mercati ognuno cerca di piazzare la sua merce, la sua associazione, conta la pubblicità ma poi conta molto anche la pubblicità negativa cioè le critiche che le associazioni ricevono, critiche false o critiche vere.

A complicare le cose interviene la commistione fra prodotti commerciali , che so per esempio un panettone, che vengono venduti, ma dicendo che una quota sarà destinata per delle buone azioni, pubblicizzati da testimonial, cioè personaggi famosi, che a volte lo pubblicizzano gratis ma a volte chiedono un compenso per farlo. 

Tutto questo può portare confusione e non far capire al povero cliente quanto di quello che paga è per un prodotto e quanto per fare una buona azione. 

Per questo ci vogliono onestà, chiarezza senza forzature di cui è fatta spesso la pubblicità, perfino quella a fin di bene, e ci saranno autorità per verificare e controllare il tutto. 

Per rendere più complicato il tutto poi ci pensa la politica che interviene anche a commentare, soprattutto se i personaggi che fanno pubblicità ad un prodotto venduto, anche per beneficenza, in passato hanno anche preso posizioni politiche e quindi poi diventa tutto la solita polemica politica che ci allontana dal Natale e dalla beneficenza anni luce,  anche se tutti sono in buonafede. 

Si rimpiange un tempo in cui la beneficenza si faceva senza troppa pubblicità, la beneficenza era una cosa e le vendite un’altra, non esistevano personaggi come le influencer che fanno di mestiere solo la pubblicità, che la politica faceva la politica e non si occupava di pubblicità e vendite. 

Oggi tutti vogliono fare tutto e farsi pubblicità, troppa, e non si capisce quasi più niente. 

Quel tempo non tornerà e non tornerà , se mai tornerà , presto, possiamo averne nostalgia, la nostalgia è un diritto umano, ma non torna lo stesso. 

Intanto, per favore, cerchiamo tutti, e dico tutti e tutte, almeno a Natale di essere buoni ma buoni veramente nelle intenzioni, nei fatti e nelle parole.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.