Globalizzazione: è già nostalgia

Nel 2001 il G-8 si tenne  a Genova: il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi che aveva vinto da poco le elezioni con un’ampia maggioranza di centrodestra in cui la parte del leone la faceva il suo partito, Forza Italia.

Si tratta dell’apice della Globalizzazione: non ci sono limiti ai mercati e alla loro espansione e liberalizzazione, chi spinge più di tutti per liberalizzare l’economia globale sono gli Usa, repubblicani e democratici. A Genova si radunano i potenti del mondo ma anche chi contesta la Globalizzazione e lo fa da sinistra: sindacalisti, cattolici, ambientalisti, pacifisti contestano il primato della finanza, delle multinazionali che impongono un mercato senza confini ma anche senza regole che sfrutta i Paesi più poveri dove bambini, donne, persone lavorano per poco e niente per esportare nel nostro mondo e distruggono anche le risorse naturali e l’ambiente.

Purtroppo fra i manifestanti si infiltrano i Black Block con la loro violenza cieca e la reazione delle forze dell’ordine supera i limiti della legalità. Ventiquattro anni più tardi abbiamo di nuovo in Italia una maggioranza governativa di centrodestra ma la parte del leone la fa la destra di Meloni.

Stiamo uscendo dal processo della Globalizzazione e lo facciamo su impulso sempre degli Usa: muore il mercato unico globale con l’imposizione di nuovi dazi fra gli Usa e l’Europa, ma anche fra gli Usa e il Canada, con un giro di vite ai processi migratori, con la messa in crisi degli organismi internazionali e delle alleanze politiche e militari come la Nato.

La destra che più ha voluto la Globalizzazione, anche a tappe forzate, oggi è la parte politica che più la contesta: recupera le identità nazionali e culturali che la Globalizzazione aveva cercato se non di cancellare almeno di relativizzare in nome di un modo comune di produrre, commerciare e consumare.

La sinistra sembra afasica e spiazzata da questo cambio di pelle e di postura e sembra incapace di proporre modelli alternativi che salvino il buono della Globalizzazione superandone i limiti sociali e politici.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Globalizzazione: è già nostalgia

Nel 2001 il G-8 si tenne  a Genova: il presidente del Consiglio era Silvio Berlusconi che aveva vinto da poco le elezioni con un’ampia maggioranza di centrodestra in cui la parte del leone la faceva il suo partito, Forza Italia.

Si tratta dell’apice della Globalizzazione: non ci sono limiti ai mercati e alla loro espansione e liberalizzazione, chi spinge più di tutti per liberalizzare l’economia globale sono gli Usa, repubblicani e democratici. A Genova si radunano i potenti del mondo ma anche chi contesta la Globalizzazione e lo fa da sinistra: sindacalisti, cattolici, ambientalisti, pacifisti contestano il primato della finanza, delle multinazionali che impongono un mercato senza confini ma anche senza regole che sfrutta i Paesi più poveri dove bambini, donne, persone lavorano per poco e niente per esportare nel nostro mondo e distruggono anche le risorse naturali e l’ambiente.

Purtroppo fra i manifestanti si infiltrano i Black Block con la loro violenza cieca e la reazione delle forze dell’ordine supera i limiti della legalità. Ventiquattro anni più tardi abbiamo di nuovo in Italia una maggioranza governativa di centrodestra ma la parte del leone la fa la destra di Meloni.

Stiamo uscendo dal processo della Globalizzazione e lo facciamo su impulso sempre degli Usa: muore il mercato unico globale con l’imposizione di nuovi dazi fra gli Usa e l’Europa, ma anche fra gli Usa e il Canada, con un giro di vite ai processi migratori, con la messa in crisi degli organismi internazionali e delle alleanze politiche e militari come la Nato.

La destra che più ha voluto la Globalizzazione, anche a tappe forzate, oggi è la parte politica che più la contesta: recupera le identità nazionali e culturali che la Globalizzazione aveva cercato se non di cancellare almeno di relativizzare in nome di un modo comune di produrre, commerciare e consumare.

La sinistra sembra afasica e spiazzata da questo cambio di pelle e di postura e sembra incapace di proporre modelli alternativi che salvino il buono della Globalizzazione superandone i limiti sociali e politici.

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