Non so se se la prenderà un po’ Alessandro Barbero, docente universitario di ruolo da pochissimo in pensione e poi saggista, romanziere, editorialista e personaggio tv ad essere definito “un cantastorie”. Spero di no ma vedendolo, per la prima volta, dal vivo sul palco del Coccia in cui, in un’ora circa, avrà percorso qualche chilometro andando su e giù, parlare delle lotte popolari medievali di Francia, Inghilterra, Firenze e del Piemonte lo scorso lunedì pomeriggio ho avuto questa netta impressione.
Non ho conosciuto i cantastorie che un tempo, in cui non c’era ancora il cinema e la tv e i libri erano per pochi, si guadagnava da vivere girando le aie delle cascine per raccontare storie di briganti, re e soldati ma ho fatto in tempo a vederne qualcuno alla fiera sull’Allea proprio vicino al Coccia quando ero bambino più di cinquant’anni fa.
Certo in più Barbero ha il rigore dello storico che riesce ad introdurti anche ai misteri della storiografia, di come si fa il mestiere dello storico, ma l’incantesimo e l’incantamento riesce a essere quello per giovani e adulti.
Non una fredda lezione scolastica ma riuscire a riportarti lì contemporaneo di quegli antichi così diversi da noi per costumi ma anche così uguali a noi per paure, bisogni, sogni .
Barbero è così: grande affabulatore oltre lo stesso schermo che pure lo ha reso popolare ma che non rende abbastanza la sua verve, la sua passione, il suo fascino.
Penso che se verrà ancora a Novara non basterà il Coccia ma riempirà lo Sporting come un cantante e il volley perché così è la gente: vogliosa di belle storie e di qualcuno che riesca a fartele amare.