Il diritto alla disconnessione 

Dieci anni fa erano stati i sindacati dell’automobile tedeschi a volerlo inserire in contratto , seguiti da quelli francesi: dopo una certa ora, fuori dall’ orario di lavoro e nei giorni festivi, il dipendente aveva diritto di staccare il telefono, non rispondere alle mail, a meno che non fosse reperibile con una reperibilità a turno e pagata a parte senza rischiare sanzioni disciplinari.

Ora in Australia è diventato addirittura legge. 

Moltissimi datori di lavoro negli anni passati hanno fornito i dipendenti di smartphone e Pc, in comodato gratuito pagando anche i costi della connessione e delle telefonate, senza stare più a distinguere se private o d’ufficio, grazie alla diffusione dei contratti flat, i “senza limite“. 

Approfittare del lavoratore e chiamarlo a casa ogni tanto sembrava lecito e poi però si trasformava da fatto occasionale a fatto ricorrente e permanente per cui alla fine il lavoratore non staccava mai dal lavoro anche se l’orario , e il salario, rimanevano gli stessi. 

Una tutela di legge e contrattuale si è resa quindi necessaria.

Il problema però permane sempre di difficile soluzione: perché il lavoratore spesso oggi opera fuori da una sede di lavoro , lavora muovendosi sui mezzi e spesso da casa in Smart working, cosa che spesso comporta un’autogestione degli orari di lavoro e un controllo legato soprattutto ai risultati più che alla durata e alla rigidità del tempo lavorativo.

Precisare quindi l’ambito del diritto alla disconnessione non è semplice a meno che non si tratti di periodi lunghi di ferie e di assenza dal lavoro prolungata e forzata. 

La connessione con l’azienda fuori dall’orario di lavoro ha il suo rovescio nella connessione del lavoratore con il mondo mentre si è al lavoro.

Una volta per mettersi in contatto con un lavoratore bisognava passare attraverso il centralino dell’azienda, lo stesso datore o responsabile del lavoro , per fatti eccezionali e sporadici e lo stesso doveva fare il lavoratore se voleva chiamare qualcuno mentre era in azienda.

Oggi senza filtri e controlli il dipendente può essere connesso con tutti mentre lavora, con problemi di produttività in caso di abuso e magari perfino di sicurezza.

Il problema è quindi più ancora che esigere un giusto diritto ala disconnessione è quello di evitare un’eccessiva confusione mentale e non fra lavoro e vita.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Il diritto alla disconnessione 

Dieci anni fa erano stati i sindacati dell’automobile tedeschi a volerlo inserire in contratto , seguiti da quelli francesi: dopo una certa ora, fuori dall’ orario di lavoro e nei giorni festivi, il dipendente aveva diritto di staccare il telefono, non rispondere alle mail, a meno che non fosse reperibile con una reperibilità a turno e pagata a parte senza rischiare sanzioni disciplinari.

Ora in Australia è diventato addirittura legge. 

Moltissimi datori di lavoro negli anni passati hanno fornito i dipendenti di smartphone e Pc, in comodato gratuito pagando anche i costi della connessione e delle telefonate, senza stare più a distinguere se private o d’ufficio, grazie alla diffusione dei contratti flat, i “senza limite“. 

Approfittare del lavoratore e chiamarlo a casa ogni tanto sembrava lecito e poi però si trasformava da fatto occasionale a fatto ricorrente e permanente per cui alla fine il lavoratore non staccava mai dal lavoro anche se l’orario , e il salario, rimanevano gli stessi. 

Una tutela di legge e contrattuale si è resa quindi necessaria.

Il problema però permane sempre di difficile soluzione: perché il lavoratore spesso oggi opera fuori da una sede di lavoro , lavora muovendosi sui mezzi e spesso da casa in Smart working, cosa che spesso comporta un’autogestione degli orari di lavoro e un controllo legato soprattutto ai risultati più che alla durata e alla rigidità del tempo lavorativo.

Precisare quindi l’ambito del diritto alla disconnessione non è semplice a meno che non si tratti di periodi lunghi di ferie e di assenza dal lavoro prolungata e forzata. 

La connessione con l’azienda fuori dall’orario di lavoro ha il suo rovescio nella connessione del lavoratore con il mondo mentre si è al lavoro.

Una volta per mettersi in contatto con un lavoratore bisognava passare attraverso il centralino dell’azienda, lo stesso datore o responsabile del lavoro , per fatti eccezionali e sporadici e lo stesso doveva fare il lavoratore se voleva chiamare qualcuno mentre era in azienda.

Oggi senza filtri e controlli il dipendente può essere connesso con tutti mentre lavora, con problemi di produttività in caso di abuso e magari perfino di sicurezza.

Il problema è quindi più ancora che esigere un giusto diritto ala disconnessione è quello di evitare un'eccessiva confusione mentale e non fra lavoro e vita.

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