Il Salario minimo per legge lo abbiamo già avuto

Il salario minimo per legge in Italia lo abbiamo già avuto, almeno fino al 1993. 

Che cosa era di fatto la cosiddetta “ scala mobile” o “ indennità di contingenza” che non era altro che un meccanismo automatico di adeguamento dei salari legato all’aumento dei prezzi di un gruppo di prodotti di largo consumo, il cosiddetto paniere, determinato dall’Istat, l’ente pubblico  di statistica. 

La scala mobile valeva per tutti i lavoratori in base ad un accordo fra le maggiori confederazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil e là Confindustria e la altre organizzazioni imprenditoriali come Confagricoltura, Confcommercio, Coop, Confartigianato, CONFAPI, accordo recepito in una legge che valeva per tutto il pubblico impiego.

Il tema della “ scala mobile” domino’ a lungo tutto il dibattito politico ed economico e sindacale degli anni ‘70 e 80 fino ai primi anni ‘90. La scala mobile era accusata di concorrere con il suo automatismo a produrre inflazione, o per lo meno a surriscaldarla e così veniva meno al suo scopo di difendere il

potere di acquisto dall’inflazione ma veniva anche accusata di svuotare il valore e lo scopo della stessa contrattazione collettiva  perché drenava troppe risorse e ne lasciava poche per gli aumenti contrattuali, appiattendo anche le professionalità con un certo ugualitarismo salariale. 

Nel frattempo due Commissioni speciali sulle retribuzioni : una la Gorrieri negli anni ‘70, l’altra la Carniti negli anni ‘90 accertarono in Italia l’esistenza di una cosiddetta giungla retributiva . In pratica a parità’ di orario, di mansioni c’erano lavoratori che prendevano molto di più o di meno secondo il settore e l’azienda, e, soprattutto c’era una sottovalutazione e minore retribuzione per il lavoro operaio e manuale.

La scala mobile dopo i duri scontri per il taglio di alcuni punti fatto da Craxi e il conseguente referendum voluto sulla legge da parte del Pci di Berlinguer arrivò con la cosiddetta politica della concertazione a finire sotto il Governo Ciampi e seguenti.

Da allora la contrattazione, estesa anche al pubblico impiego, ha avuto più spazio ma sono aumentate le differenze fra lavoratori delle grandi imprese, sempre in numero minore, e pubblici e lavoratori delle piccole imprese e soprattutto degli appalti in tutti i settori, delle esternalizzazioni, con contratti a tempo o con l’utilizzo massiccio di forme di collaborazione autonoma con partita Iva che in realtà coprono lavori subordinati, con molte deroghe alla contrattazione nazionale e senza contrattazione aziendale integrativa.

Per questo rinasce la richiesta e il dibattito sul salario minimo garantito per legge, che esiste in altre nazioni europee, ma è certo che come fu per la scala mobile ancora una volta il problema è quello della coesistenza fra salario deciso per legge e contrattazione collettiva, fra ruolo dello Stato e ruolo delle parti sociali.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Il Salario minimo per legge lo abbiamo già avuto

Il salario minimo per legge in Italia lo abbiamo già avuto, almeno fino al 1993. 

Che cosa era di fatto la cosiddetta “ scala mobile” o “ indennità di contingenza” che non era altro che un meccanismo automatico di adeguamento dei salari legato all’aumento dei prezzi di un gruppo di prodotti di largo consumo, il cosiddetto paniere, determinato dall’Istat, l’ente pubblico  di statistica. 

La scala mobile valeva per tutti i lavoratori in base ad un accordo fra le maggiori confederazioni sindacali Cgil-Cisl-Uil e là Confindustria e la altre organizzazioni imprenditoriali come Confagricoltura, Confcommercio, Coop, Confartigianato, CONFAPI, accordo recepito in una legge che valeva per tutto il pubblico impiego.

Il tema della “ scala mobile” domino’ a lungo tutto il dibattito politico ed economico e sindacale degli anni ‘70 e 80 fino ai primi anni ‘90. La scala mobile era accusata di concorrere con il suo automatismo a produrre inflazione, o per lo meno a surriscaldarla e così veniva meno al suo scopo di difendere il

potere di acquisto dall’inflazione ma veniva anche accusata di svuotare il valore e lo scopo della stessa contrattazione collettiva  perché drenava troppe risorse e ne lasciava poche per gli aumenti contrattuali, appiattendo anche le professionalità con un certo ugualitarismo salariale. 

Nel frattempo due Commissioni speciali sulle retribuzioni : una la Gorrieri negli anni ‘70, l’altra la Carniti negli anni ‘90 accertarono in Italia l’esistenza di una cosiddetta giungla retributiva . In pratica a parità’ di orario, di mansioni c’erano lavoratori che prendevano molto di più o di meno secondo il settore e l’azienda, e, soprattutto c’era una sottovalutazione e minore retribuzione per il lavoro operaio e manuale.

La scala mobile dopo i duri scontri per il taglio di alcuni punti fatto da Craxi e il conseguente referendum voluto sulla legge da parte del Pci di Berlinguer arrivò con la cosiddetta politica della concertazione a finire sotto il Governo Ciampi e seguenti.

Da allora la contrattazione, estesa anche al pubblico impiego, ha avuto più spazio ma sono aumentate le differenze fra lavoratori delle grandi imprese, sempre in numero minore, e pubblici e lavoratori delle piccole imprese e soprattutto degli appalti in tutti i settori, delle esternalizzazioni, con contratti a tempo o con l’utilizzo massiccio di forme di collaborazione autonoma con partita Iva che in realtà coprono lavori subordinati, con molte deroghe alla contrattazione nazionale e senza contrattazione aziendale integrativa.

Per questo rinasce la richiesta e il dibattito sul salario minimo garantito per legge, che esiste in altre nazioni europee, ma è certo che come fu per la scala mobile ancora una volta il problema è quello della coesistenza fra salario deciso per legge e contrattazione collettiva, fra ruolo dello Stato e ruolo delle parti sociali.

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