Nella predica che il nipote Mons. Filippo Ciampanelli, addetto della Segreteria di Stato in Vaticano, ha pronunciato per i funerali dello zio Don Francesco Ciampanelli emerge una figura di missionario appassionato e avventuroso .
Come nella lettera che aveva scritto ai familiari da parroco in Perù, a 4.000
metri di altezza, in una zona insanguinata dai terroristi di Sendero Luminoso: “hanno ammazzato già il Sindaco e il Prefetto, ora c’è solo il Parroco, arrivederci in Paradiso se non ci vediamo prima.
E poi il Burundi proprio dopo il genocidio , dalla Valle Antrona dove aveva iniziato il suo ministero da prete novello fino ai dieci anni al Torrion Quartara.
La vita di Don Francesco si staglia luminosa per la fedeltà alla Chiesa di un prete che teneva insieme la scelta per i poveri e la devozione per la Madonna di Medjuogorie oltre ogni schematismo progressisti contro tradizionalisti.
La Chiesa di Papa Francesco affonda le sue radici in preti come il novarese Don Francesco , novarese di Porta Mortara nella cui Chiesa di S. Giuseppe, gremita di fedeli e sacerdoti, si sono svolti i funerali celebrati dal Vescovo Brambilla.
Aveva una predilezione per i lontani, non solo quelli lontani geograficamente ma anche i lontani dalla Chiesa come il suo amico Victor, ateo russo e comunista , chirurgo che ha speso la sua vita in Africa.
“ Un giorno Gesù ti riconoscerà, gli diceva Don Francesco, ma Gesù non esiste gli rispondeva quello, lo vedremo alla fine era la risposta di Don Francesco.