Non so perché si sia diffusa la leggenda che papa Francesco sia un papa progressista, nemico della tradizione. Bisogna leggere la sua autobiografia, Life, appena pubblicata da Sperling&Kupfer, scritta da lui stesso aiutato dal giornalista Mediaset e de Il Giornale Fabio Marchese Ragona, per sfatare questo luogo comune.
Papa Francesco è certamente innovativo nella forma: la scelta di rinunciare all’appartamento pontificio, le telefonate fatte a gente comune, andare dall’ottico, scrivere appunto autobiografie. Innovativo nell’essere semplice, diretto, nemico della pompa e della corte pontificia.
Per tutto il resto, come sempre nella storia della chiesa cattolica, riformare la Chiesa significa ritornare alle sua origini. Alle origini c’è il messaggio di Gesù, il suo amore preferenziale per i poveri e gli ultimi, il suo rifiuto della violenza, della guerra, delle disuguaglianze.
Per Francesco si tratta, si è sempre trattato, nella sua vita di fare così come dopo essere arrivato ad essere il superiore dei Gesuiti in Argentina ancora giovane poi è tornato a fare il prete semplice e senza potere, felice solo di confessare e di servire e curare i confratelli più anziani e malati.
Così quando diventò vescovo ausiliare scelse di passare tutto il tempo nelle favelas di Buenos Aires e poi Arcivescovo rinunciò alla bella residenza per farne una casa di esercizi spirituali per giovani e all’auto con l’autista per spostarsi in bus e metropolitana.
Per Francesco la fede di Gesù e nella Madonna è il fulcro di tutto , una Fede non intellettuale ma popolare, quella della povera gente che ha il coraggio di chiedere i miracoli e riceverli e crederci.
Tutta la storia scorre in parallelo alla sua vita, la grande storia, dall’eco della seconda guerra mondiale ricordata da un bambino argentino, figlio di immigrati italiani e in un quartiere di immigrati polacchi, alla pandemia, passando per la paura della guerra atomica durata gli anni ‘50 e ‘60; le frequenti crisi sociali ed economiche che in Argentina hanno colpito sempre gli strati più poveri, la tragedia della dittatura militare che ha voluto combattere il comunismo con la violazione sistematica dei diritti umani.
Tutto è filtrato e visto con gli occhi della Fede, di un giovane cattolico educato alla fede tradizionale dai nonni, dai genitori, dai salesiani ma che ringrazia per l’esempio e le discussioni anche la sua prima responsabile sul lavoro, quando si diplomò perito chimico, una donna, Esther, di idee comuniste, con cui non era spesso d’accordo e che fu uccisa dai militari perchè aveva fondato il movimento delle madri della Plaza de Mayo.
Un prete, solo un prete, un gesuita tutto devoto ai vari papi che ha servito: Paolo VI, Giovanni Paolo II, Papa Ratzinger finché il Papa diventa lui, Bergoglio.
Un papa venuto dalla fine del mondo ma anche dalla tradizione più antica della Chiesa per comunicarla agli uomini di oggi e così salvare la Chiesa e anche gli uomini da loro stessi o almeno provarci.