Nella stanza chiusa di Elly

So nel mio piccolo, per esperienza diretta, che l’impegno più drammatico per chi dirige un partito politico è la selezione e decisione delle candidature per le elezioni. C’è chi la vuole corta, chi cruda e chi un po’ e un po’, chi non è mai contento e chi è contro a prescindere.

Salta fuori di tutto: rancori personali, ambizioni personali  mai sopite e spesso frustrate, ripicche, antipatie varie, questioni di principio e questioni meno nobili.

Per questo Elly Schlein, segretaria nuova e giovane del Pd ha tutta la mia comprensione umana mentre è coinvolta nel rompicapo della composizione delle liste dei candidati alle Europee.

Si tratta però di liste del solo Pd, senza la difficoltà di allearsi con alleati necessari quanto recalcitranti, sia pure aperte, come si è sempre fatto, anche a personalità indipendenti utili ad allargare consensi e idee oltre il partito.

Mi pare però che, sia pure con tutte le attenuanti e le scusanti del caso, l’impegno della Schlein stia rivelando sul fronte delle candidature dei forti limiti e non tanto di merito , sulla qualità di quasi tutte le candidature possibili ed eventuali non ho dubbi, ma sul metodo.

Ho l’impressione che la Schlein abbia operato e stia operando, sia pure con la migliore delle intenzioni, un po’ troppo nel chiuso delle stanze o nelle stanze chiuse della sua segreteria, ascoltando certo ma non aprendo per tempo un dibattito vero, franco, aperto e trasparente al massimo su criteri, finalità e infine persone , una versione più mitigata ma sempre molto leaderistica e in questo non fa eccezione rispetto agli altri partiti nati leaderistici se non per un’impressione di casualità e caoticità che nemmeno un dibattito interno duro e senza sconti avrebbe offerto.

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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So nel mio piccolo, per esperienza diretta, che l’impegno più drammatico per chi dirige un partito politico è la selezione e decisione delle candidature per le elezioni. C’è chi la vuole corta, chi cruda e chi un po’ e un po’, chi non è mai contento e chi è contro a prescindere.

Salta fuori di tutto: rancori personali, ambizioni personali  mai sopite e spesso frustrate, ripicche, antipatie varie, questioni di principio e questioni meno nobili.

Per questo Elly Schlein, segretaria nuova e giovane del Pd ha tutta la mia comprensione umana mentre è coinvolta nel rompicapo della composizione delle liste dei candidati alle Europee.

Si tratta però di liste del solo Pd, senza la difficoltà di allearsi con alleati necessari quanto recalcitranti, sia pure aperte, come si è sempre fatto, anche a personalità indipendenti utili ad allargare consensi e idee oltre il partito.

Mi pare però che, sia pure con tutte le attenuanti e le scusanti del caso, l’impegno della Schlein stia rivelando sul fronte delle candidature dei forti limiti e non tanto di merito , sulla qualità di quasi tutte le candidature possibili ed eventuali non ho dubbi, ma sul metodo.

Ho l’impressione che la Schlein abbia operato e stia operando, sia pure con la migliore delle intenzioni, un po’ troppo nel chiuso delle stanze o nelle stanze chiuse della sua segreteria, ascoltando certo ma non aprendo per tempo un dibattito vero, franco, aperto e trasparente al massimo su criteri, finalità e infine persone , una versione più mitigata ma sempre molto leaderistica e in questo non fa eccezione rispetto agli altri partiti nati leaderistici se non per un’impressione di casualità e caoticità che nemmeno un dibattito interno duro e senza sconti avrebbe offerto.

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