Dalla volontà espressa all’unisono da Draghi e dai leader di Cgil-Cisl-UIL di scrivere insieme un Patto sociale, cioè un accordo fra le parti sociali, compresi gli imprenditori, e il Governo si sta scivolando rapidamente verso un clima di scontro con la possibilità di uno sciopero generale, il primo dopo due anni di pandemia.
Diciamo che il quadro politico italiano non aiuta anzi non ha mai aiutato questo tipo di accordi molto validamente operativi nei Paesi scandinavi, dove sono nati e per certi periodi anche in Germania.
Prima l’esistenza di un forte partito comunista, eternamente condannato a stare all’opposizione di tutti i Governi, condizionava in negativo questo tipo di politica definita anche di “ concertazione nazionale “, tanto che il periodo migliore per questa politica fu dopo la nascita del PDS e alcuni governi di salvezza nazionale come quelli guidati da Ciampi e Dini.
Questa politica di concertazione oltre che fortemente contestata dai tanti sindacati autonomi e spesso corporativi fu contestata da destra e continua ad esserlo da Lega e Forza Italia e oggi Fdi con argomenti demagogici e dall’estrema sinistra con Rifondazione Comunista e Sinistra Italiana presente all’ interno della stessa Cgil.
Una pietra quasi tombale fu poi posta sulle politiche di concertazione da parte del Premier Monti che volle con la Fornero una riforma delle pensioni in pochi giorni , vantandosi di non averla discussa con i sindacati producendo così centinaia di migliaia di esodati che lo stesso Governo Monti e quelli successivi hanno dovuto recuperare con interventi successivi, infine lo stesso Renzi del Pd, il partito erede dell’Ulivo che più si era speso per la concertazione volle chiudere con ogni ipotesi di mediazione e condivisione con le parti sociali.
Oggi ritornare alla politica di concertazione è effettivamente complicato e difficile, il clima eternamente pre elettorale non aiuta per niente, eppure avremmo tanto bisogno di un patto duraturo e costruttivo fra istituzioni, imprese e sindacati, un disperato bisogno.