Praga 1968 

I miei primi ricordi indelebili della Tv sono i telefilm di Rintintin alla Tv dei ragazzi delle 17 e al Tg della sera, l’unico in Italia le immagini della repressione russa della Primavera di Praga del 1968, con i carri armati in Piazza, non avevo ancora cinque anni.

Immagini in bianco e nero di ragazzi in divisa sulle torrette dei carri non diversi da quelli della vicina caserma Passalacqua che vedevo in colonna uscire per andare alle esercitazioni sul Ticino e a Bellinzago Novarese, prima i carri cingolati , poi gli autoblindo e infine fragorosi come mai i Leopard blindati,che sollevavano una grande nube di polvere, più impressionanti ancora che nei film di guerra.

Ricordo le donne di Praga che contestavano a parole gli invasori, ricordo un Tv7 dedicato al suicidio tragico per protesta di Jan Palach che si dette fuoco, dopo essersi cosparso di benzina, in Piazza Venceslao a Praga come fecero anche in quegli stessi anni i giovani bonzi buddisti in Vietnam contro la guerra che insanguinava quel Paese lontano. 

I bonzi però erano qualcosa di esotico e incomprensibile per me, Jan Palach era invece un ragazzo diverso dai carristi sovietici che avevano la sua età  e da quelli italiani che incontravo a Novara. 

L’anno dopo imparai a leggere e seppi qualcosa più su di lui che, non potendo combattere contro un esercito così potente come quello russo, si era ucciso lui stesso.

Ricordo su “ Famiglia Cristiana “ le immagini della sua mamma e dei funerali di Jan  Palach, con i professori universitari in toga che ne scortavano il feretro e che Palach era un Cristiano evangelico, un protestante.

Poi di Palach e del suo gesto così estremo e così forte, non violento e violento in modo particolare, in Italia se ne parlò sempre di meno: la contestazione giovanile italiana si stava incamminando verso vie e metodi caratterizzati dalla violenza fino al terrorismo rosso e nero.

Nel gennaio del 1997, trent’anni dopo andai in gita a Praga, ormai non più comunista, la prima cosa che volli fare è andare a Piazza Venceslao, dove si era consumato il sacrificio di Jan Palach davanti ai carri armati russi, era poco ma mi sembrava davvero il minimo. 

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Pier Luigi Tolardo

54 anni, novarese da sempre, passioni: politica, scrittura. Blogger dal 2001.

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Praga 1969

Praga 1968 

I miei primi ricordi indelebili della Tv sono i telefilm di Rintintin alla Tv dei ragazzi delle 17 e al Tg della sera, l’unico in Italia le immagini della repressione russa della Primavera di Praga del 1968, con i carri armati in Piazza, non avevo ancora cinque anni.

Immagini in bianco e nero di ragazzi in divisa sulle torrette dei carri non diversi da quelli della vicina caserma Passalacqua che vedevo in colonna uscire per andare alle esercitazioni sul Ticino e a Bellinzago Novarese, prima i carri cingolati , poi gli autoblindo e infine fragorosi come mai i Leopard blindati,che sollevavano una grande nube di polvere, più impressionanti ancora che nei film di guerra.

Ricordo le donne di Praga che contestavano a parole gli invasori, ricordo un Tv7 dedicato al suicidio tragico per protesta di Jan Palach che si dette fuoco, dopo essersi cosparso di benzina, in Piazza Venceslao a Praga come fecero anche in quegli stessi anni i giovani bonzi buddisti in Vietnam contro la guerra che insanguinava quel Paese lontano. 

I bonzi però erano qualcosa di esotico e incomprensibile per me, Jan Palach era invece un ragazzo diverso dai carristi sovietici che avevano la sua età  e da quelli italiani che incontravo a Novara. 

L’anno dopo imparai a leggere e seppi qualcosa più su di lui che, non potendo combattere contro un esercito così potente come quello russo, si era ucciso lui stesso.

Ricordo su “ Famiglia Cristiana “ le immagini della sua mamma e dei funerali di Jan  Palach, con i professori universitari in toga che ne scortavano il feretro e che Palach era un Cristiano evangelico, un protestante.

Poi di Palach e del suo gesto così estremo e così forte, non violento e violento in modo particolare, in Italia se ne parlò sempre di meno: la contestazione giovanile italiana si stava incamminando verso vie e metodi caratterizzati dalla violenza fino al terrorismo rosso e nero.

Nel gennaio del 1997, trent’anni dopo andai in gita a Praga, ormai non più comunista, la prima cosa che volli fare è andare a Piazza Venceslao, dove si era consumato il sacrificio di Jan Palach davanti ai carri armati russi, era poco ma mi sembrava davvero il minimo. 

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