Anche questa volta Jerry Scotti con il suo secondo libro “Quella volta” ha fatto centro. La sua vita è una vita di successo, da ragazzo delle campagne del Pavese ad erede di Mike, erede legittimo perché nominato così da Bongiorno in vita, lui che come tanti italiani lo aveva visto solo in tv prima in bianco e nero e poi ne é diventato collega a Canale 5. Lo ricorda in un capitolo apposta del libro, forse l’unica nota un po’ sopra le righe di legittimo orgoglio e soddisfazione insieme al primo ricevimento ufficiale al Quirinale.
Il libro è una sua autobiografia ma ha il pregio di non essere trombonista, breve e leggera, svelta e avvincente la vita di Jerry si proietta nella nostra vicenda nazionale ed internazionale, dal 1956 al 2020, in cui i fatti sono già storia , dalle stragi alle novità della tecnologia che hanno cambiato la vita degli italiani e del mondo ai grandi fatti di cronaca nera.
Jerry sulla soglia dei 70 anni, che compirà nel 2026, non si celebra troppo ma piuttosto si serve delle tappe della sua vita personale e professionale per restituirci un vivido e interessante bigino di storia contemporanea, quella che a scuola non abbiamo studiato perché dalla scuola eravamo già usciti o la stavamo ancora frequentando.
C’è perfino Novara nelle memorie autobiografiche di Jerry: la caserma Passalacqua, che oggi precisa l’autore è sede dell’Università, dove ha trascorso l’anno della naja alle prese con il “nonno”, il militare più anziano che l’obbligava a fargli e rifargli il “cubo” cioè la branda, un ricordo che, fortunatamente, i ragazzi di oggi, si spera, non avranno mai.
Senza approfondire nulla certo perché storico non è ma con la capacità, che gli va riconosciuta, di costringerci a ripercorrere la nostra di vita, meno celebre, all’insegna della comune domanda, io dove ero “quella volta” che succedevano quelle cose, come le ho vissute quelle date storiche e cosa facevo intanto, quale musica ascoltavo e mi piaceva?
Magari prima o poi ne farà pure un quiz, non sarebbe una cattiva idea.