Il Manifesto di Ventotene è del 1941. Sono passati più di 80 anni da allora. Se pensassi da europeista che possa nella sua integralità fare da manuale delle istruzioni per costruire l’Europa, sarei un po’ fuori di testa.
Si tratta di un’utopia scritta da uomini costretti dalla dittatura fascista a stare isolati in mezzo al mare, senza contatti con la gente, che stavano assistendo al trionfo dei fascisti in Italia, dei nazisti in Germania, del comunismo staliniano in Russia, dell’imperialismo giapponese in Estremo Oriente.
Erano dei perdenti ma immaginavano un’Europa in pace senza nazionalismi autoritari. La mia simpatia va a quegli uomini un po’ liberali, illuministi, utopisti e ingenui.
Il mio modello, diciamo così, era però più De Gasperi, anche lui tagliato fuori dal fascismo in quei momenti, che era costretto per lavorare a farlo nella Biblioteca Vaticana che è a Roma ma legalmente fuori dall’Italia. Era stato troppi anni un italiano in minoranza in Austria per non avere a cuore l’Europa e iniziare quindi a costruirla e progettarla con Adenauer e Schumann. Anche lui sognava l’Italia senza fascismo e senza comunismo, fortemente integrata in Europa.
Fatto sta che l’Europa è oggi un po’ simile a quella che sognavano Spinelli a Ventotene e De Gasperi in Vaticano anche se c’è ancora molta altra strada da fare, mentre il nazionalismo non ha più toccato palla se non ora un po’ con questi nuovi partiti di estrema destra.
Per molti anni la Meloni ha avuto nostalgia per Mussolini, ora dice che non ha più nostalgie e voglio crederle ma allora che senso ha in Parlamento oggi, 19 marzo, leggere pagine a caso del Manifesto di Ventotene senza contestualizzare storicamente il tutto?
Non ha senso e la forte contestazione che ha subito era più che giustificata: al Senato, il giorno precedente, era andata perfino bene , più misurata ed equilibrata , alla Camera ha rovinato tutto, poco coerente e poco costante , peccato .